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  • Giovedì 15 settembre 2016

La storia di Beatrice Vio

A 11 anni ha subito l'amputazione di braccia e gambe, otto anni dopo ha vinto l’oro nel fioretto alle Paralimpiadi: la prima a esserci riuscita con quattro protesi artificiali

di Pietro Cabrio

Beatrice Vio dopo la vittoria della medaglia d'oro a Rio de Janeiro (Facebook/Beatrice Vio)
Beatrice Vio dopo la vittoria della medaglia d'oro a Rio de Janeiro (Facebook/Beatrice Vio)

Alle Paralimpiadi di Rio de Janeiro, nello stesso giorno in cui Alex Zanardi ha vinto a 49 anni la sua terza medaglia d’oro, l’Italia ha ottenuto un altro oro da una delle sue atlete più attese, Beatrice Vio, fiorettista di 19 anni.

Vio ha battuto in finale 15-7 la cinese Jingjing Zhou, atleta ventinovenne che con Vio era tra le favorite per la vittoria. Nel corso della fase eliminatoria, Vio aveva ottenuto una serie di risultati impressionanti vincendo 5-0 tutti e cinque i match del suo girone, cosa che nessun’altra atleta è riuscita a fare. Nei quarti di finale ha battuto 15-6 la polacca Marta Makowska e in semifinale ha sconfitto nettamente 15 -1 una delle favorite, la cinese Yao Fang.

Beatrice Vio, chiamata da tutti “Bebe”, è una delle atlete paralimpiche italiane più influenti. Dal 2011 ha vinto tutti i più importanti tornei di scherma, dai Campionati nazionali a Europei e Mondiali. Le sue vittorie sono particolarmente seguite e significative perché nel 2008, quando aveva undici anni, Vio venne colpita da una grave meningite che costrinse i medici ad amputarle gambe e braccia pur di tenerla in vita. Dopo essere guarita è diventata la prima schermitrice disabile al mondo a gareggiare con quattro protesi artificiali.

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Con il padre Ruggero durante un torneo a San Lazzaro di Savena, nel 2010 (ANSA)

Nel 2008 Vio frequentava le scuole medie di Mogliano Veneto, città in provincia di Treviso in cui è cresciuta e vive tuttora. A novembre di quell’anno fu ricoverata dopo che la febbre e la cefalea di cui soffriva da alcuni giorni si erano acutizzate. I medici, dopo aver sospettato un caso di sepsi da meningite, la fecero ricoverare già in gravi condizioni nel reparto di terapia intensiva pediatrica dell’ospedale di Padova. Il suo caso fu riconducibile al più grave episodio epidemico di meningite da meningococco di gruppo C avvenuto in Italia negli ultimi decenni, che si verificò tra il 2007 e il 2008 proprio in provincia di Treviso.

Vio, come i suoi coetanei, non era stata compresa nella campagna di vaccinazione contro la meningite dell’anno precedente, riservata ai bambini più piccoli. Dopo il suo caso quasi settecento coetanei residenti a Mogliano Veneto vennero vaccinati contro la meningite, anche se fra di loro non si presentò alcun nuovo caso.

La meningite è un’infiammazione delle membrane protettive che coprono il cervello e il midollo spinale. Le cause possono avere origine batterica o virale, ma la malattia può essere causata anche da funghi e parassiti. Nelle sue forme più gravi può provocare la morte. I primi sintomi sono molto simili a quelli dell’influenza: mal di testa, febbre, nausea e inappetenza, a cui poi si aggiungono confusione mentale e ipersensibilità alla luce e ai rumori. Il meningococco di tipo C è uno dei cinque tipi che provocano meningite e altre malattie, e insieme al tipo B è il più diffuso in Italia e in Europa. Quella che colpì Vio fu inoltre una forma rapida e acuta: dopo pochi giorni dalla manifestazione dei sintomi si trovò già in serio pericolo di vita.

Nei primi giorni di ricovero Vio ebbe una crisi settica che le causò delle emorragie interne. Per tentare di salvarla i medici dovettero amputarle entrambi gli avambracci e le gambe da sotto le ginocchia. Verso la fine di novembre le sue condizioni si stabilizzarono, rimanendo comunque serie. Restò in ospedale 104 giorni, passati in terapia intensiva e nel reparto di chirurgia plastica. Oltre alle amputazioni, la meningite causò a Vio anche le cicatrici che ha ancora su varie parti del corpo, viso compreso. Poco dopo essere stata dimessa dall’ospedale di Padova, iniziò la riabilitazione presso il Centro Protesi dell’INAIL a Budrio.

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A Bruxelles, nel 2012, con il presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz e la vicepresidente Roberta Angelilli (ANSA)

Vio aveva iniziato a praticare la scherma già a 5 anni e continuò fino a prima di ammalarsi. Una volta ristabilita non tornò ad allenarsi e per un periodo fece equitazione. Poi però, con l’aiuto della famiglia, delle sue insegnanti e con i tecnici delle protesi, ritornò alla scherma. Nel 2010 i suoi genitori crearono l’Art4sport, una ONLUS che aiuta i bambini portatori di protesi di arto a integrarsi nella società attraverso lo sport. In quel periodo Vio si muoveva in sedia a rotelle, in attesa dello sviluppo delle protesi che le avrebbero permesso di muoversi più liberamente. Le protesi per praticare la scherma furono invece sviluppate dal Centro Protesi di Budrio, con la consulenza del Comitato Italiano Paralimpico. Nei primi mesi del 2010 Vio fece le prime prove di scherma in sedia, ancora senza protesi adatte e con il fioretto fissato al braccio con il nastro adesivo. Si allenò a Bologna, Roma e Padova con due dei più noti allenatori di scherma, il polacco Ryszard Zub e l’italiano Fabio Giovannini. Anche le due maestre della Scherma Mogliano che allenavano Vio da prima della malattia, Federica Berton e Alice Esposito, continuarono a seguirla e aiutarono l’adattamento della palestra di Mogliano Veneto. Quando le nuove protesi per la disciplina furono realizzate, Vio divenne la prima atleta in Europa ad avere il braccio armato protesizzato.

In un’intervista del 2013, parlando del suo ritorno alla scherma, Vio disse: «Ho sempre saputo che avrei potuto ricominciare a fare scherma. Quando l’ho chiesto ai medici mi hanno, diciamo, sputato in un occhio. Quando l’ho chiesto a quelli delle protesi, si sono messi a ridere. Però io fin da subito ho capito che sarei riuscita a ritornare». Vio ritornò nella scherma nel modo in cui l’aveva lasciata, cioè confermandosi come una delle più promettenti atlete della sua età. Nel 2012 e nel 2013 vinse la medaglia d’oro individuale ai Campionati nazionali italiani della categoria B. Nello stesso periodo arrivò terza e poi prima nella Coppa del Mondo, dopo aver vinto i tornei di Montreal e Lonato. Ai Campionati mondiali under 17 di Varsavia si piazzò al secondo posto e nel 2014 vinse prima gli Europei, individuali e a squadre, e poi i Mondiali del 2015 in Ungheria.

Anche se, come lei stessa ha detto più volte, a 14 anni avrebbe già voluto partecipare alle Paralimpiadi di Londra, consigliata dai suoi genitori e da chi la seguiva nella scherma decise di non gareggiare, per non rischiare di perdere con atlete troppo più forti ed esperte di lei. A Londra però ci andò lo stesso, come tedofora nella giornata inaugurale, e come rappresentante dei “futuri paralimpici”.

L’anno scorso ha pubblicato un libro per Rizzoli (Mi hanno regalato un sogno: La scherma, lo spritz e le Paralimpiadi) le cui prefazioni sono state scritte da Jovanotti e Luca Pancalli, presidente del Comitato Paralimpico nazionale, che la definisce una delle persone più influenti dello sport italiano. Negli ultimi anni ha incontrato molti personaggi legati allo sport, come Oscar Pistorius, che spinse la sua sedia a rotelle durante la Family Run della Venice Marathon nel 2010, o Valentina Vezzali, Alex Zanardi e Martina Caironi. Tiene incontri motivazionali in tutta Italia, fa parte da tempo di un gruppo scout, quest’anno farà la maturità e poi andrà a lavorare per Fabrica, il centro di ricerca sulla comunicazione fondato dal gruppo Benetton e da Oliviero Toscani, che ha sede poco lontano da casa sua. Ha in programma inoltre di continuare con la scherma e partecipare alle prossime due Paralimpiadi.