Inizia il viaggio di OSIRIS-REx verso l’asteroide

Venerdì una sonda della NASA partirà per un lungo viaggio: se tutto andrà bene, tra 7 anni tornerà sulla Terra portandoci qualche sasso spaziale

di Emanuele Menietti – @emenietti

La sonda OSIRIS-REx in una elaborazione grafica, sullo sfondo l'asteroide Bennu (NASA)
La sonda OSIRIS-REx in una elaborazione grafica, sullo sfondo l'asteroide Bennu (NASA)

Aggiornamento del 9 settembre
Alle 19:05 di giovedì 8 settembre, l’1:05 di venerdì 9 in Italia, la sonda spaziale OSIRIS-REx della NASA è regolarmente partita dalla Terra per il suo viaggio verso l’asteroide Bennu.

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Giovedì 8 settembre – in Italia sarà già venerdì 9 – la NASA invierà nello Spazio la sua sonda OSIRIS-REx, che avrà il compito di raggiungere un asteroide, prelevarne un frammento e riportarlo sulla Terra tra circa 7 anni. È la prima volta nella storia delle esplorazioni spaziali che la NASA tenta un prelievo di questo tipo, dopo quanto realizzato dall’ESA con la missione Rosetta, che ha però analizzato campioni della sua cometa 67P sul posto, senza trasportarli sulla Terra. Nel 2003 l’agenzia spaziale giapponese JAXA aveva avviato una missione simile, con la sonda Hayabusa che seppure con qualche inconveniente ha permesso di riportare sulla Terra alcune particelle dell’asteroide Itokawa. OSIRIS-REx ha richiesto anni di preparazione e fa parte del programma New Frontiers, messo insieme dalla NASA per l’esplorazione di diversi tipi di corpi celesti del Sistema Solare, e di cui ha fatto parte anche la missione New Horizons per lo studio e la mappatura del pianeta nano Plutone.

Che cos’è un asteroide
Un asteroide può essere considerato un parente stretto dei pianeti terrestri, anche se notevolmente più piccolo e di solito con una forma diversa da quella sferica. L’ipotesi più condivisa dagli astronomi è che gli asteroidi siano ciò che rimane del cosiddetto “disco protoplanetario”, l’enorme ammasso di polveri e gas in orbita intorno al Sole che miliardi di anni fa portò alla formazione dei pianeti e dei satelliti naturali del Sistema Solare. Sono costituiti da minerali piuttosto diffusi sulla Terra, come il ferro, ma in altri casi sono formati per la maggior parte di ghiaccio, e sono quindi definiti comete. In alcuni casi un asteroide è ciò che rimane di una vecchia cometa, che ha perso tutto il suo ghiaccio in seguito ai ciclici passaggi ravvicinati al Sole seguendo la propria orbita. Quasi tutti gli asteroidi si tengono compagnia in una porzione di Spazio chiamata “fascia principale”, un grande anello di detriti che orbita intorno al Sole, tra le orbite di Marte e di Giove, quindi a debita distanza dalla Terra. Impatti e altri eventi possono però turbare le orbite di questi sassi spaziali, portandoli ad avvicinarsi o a sfiorare (in termini astronomici) il nostro pianeta.

101955 Bennu
Come obiettivo della sua missione, la NASA ha identificato da tempo il candidato ideale: l’asteroide 101955 Bennu, per gli amici Bennu e basta. Fa parte degli asteroidi Apollo, un gruppo di corpi celesti tenuto più sotto controllo di altri perché in futuro potrebbe interferire con l’orbita della Terra, con la possibilità (seppure molto remota) di causare un impatto catastrofico. Secondo i calcoli più recenti, c’è una possibilità su 2.700 che Bennu si schianti contro la Terra nel Ventiduesimo secolo.

L’asteroide è stato scoperto nel 1999 e può essere immaginato come una piccola montagna che viaggia nello Spazio: nel suo punto di massima estensione ha un diametro di 492 metri e una massa stimata di 60 milioni di tonnellate; viaggia a una velocità di 28 chilometri al secondo circa, adatta per mettergli intorno una sonda senza dover compiere manovre orbitali piuttosto complicate.

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Il nome Bennu è stato scelto durante la preparazione della missione spaziale. Deriva da quello di Benu, un uccello mitologico e divinità egizia, simbolo della nascita e della resurrezione dopo la morte. Era rappresentato spesso con le sembianze di un airone, e secondo chi ha proposto il nome la sonda OSIRIS-REx con il suo braccio robotico, che avrà il compito di prelevare un campione dall’asteroide, ricorda nella forma quella dell’uccello egizio.

La sonda OSIRIS-REx
OSIRIS-REx ha un corpo centrale cubico da 3 metri di lato, ma con i pannelli solari aperti raggiunge un’estensione massima di oltre 6 metri: l’energia che raccoglie è mantenuta in batterie agli ioni di litio, per alimentare le strumentazioni della sonda anche quando i suoi pannelli non ricevono luce solare a sufficienza. A bordo della sonda ci sono sei strumenti principali, che serviranno per raccogliere informazioni su Bennu. Orbitandogli intorno, OSIRIS-REx compirà una mappatura completa dell’asteroide, necessaria per determinare il punto in cui eseguire il prelievo dei campioni da riportare sulla Terra. Oltre al set di fotocamere per queste rilevazioni (OCAMS), ci sono: scanner laser (OLA) per ricostruire un modello 3D dell’asteroide, spettrometri (OVIRIS, OTES e REXIS) per analizzare la composizione di Bennu e un sistema per il prelievo del campione (TAGSAM).

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Perché studiare un asteroide
La missione della NASA ha lo scopo di approfondire le nostre conoscenze, per ora ancora piuttosto vaghe, sulle caratteristiche degli asteroidi e sulla loro storia. La mappatura e l’analisi della sua composizione permetteranno di comprendere meglio come si sono formati gli asteroidi, ma anche di capire come si comportano e di confrontare le informazioni raccolte con quelle che abbiamo già da tempo, grazie alle osservazioni con i telescopi. Una parte non trascurabile della missione riguarda anche la raccolta di dati che, un giorno, potrebbero servire per organizzare una missione per impedire che un asteroide si schianti davvero sulla Terra (sì, qualcosa tipo Armageddon, ma probabilmente con robot e non esseri umani).

Prelievo
La parte più interessante e tecnicamente complicata dell’intera missione OSIRIS-REx è il prelievo di un campione di Bennu che dovrà essere trasportato sulla Terra per essere analizzato più approfonditamente. I ricercatori della NASA hanno studiato un sistema meno rischioso rispetto a quello di Rosetta, che ha previsto l’atterraggio del lander Philae (un piccolo robot) sulla superficie della cometa 67P: OSIRIS-REx non atterrerà mai sull’asteroide, si avvicinerà a sufficienza da potere usare il suo braccio meccanico per prelevarne un pezzo, un po’ come si faceva con le macchinette nelle sale giochi per recuperare un regalo, ma con qualche probabilità in più di successo.

Un paio di mesi prima di incontrare Bennu nel 2018, OSIRIS-REx inizierà a rallentare la sua corsa e a mappare la superficie dell’asteroide. I suoi strumenti impiegheranno più di un anno per raccogliere dati sulla sua superficie, che saranno trasmessi sulla Terra dove un gruppo di ricercatori avrà il compito di identificare i siti ideali per effettuare il prelievo, tra i quali scegliere quello definitivo. Al momento opportuno, la sonda compirà un passaggio ravvicinato a una distanza di pochi metri dalla superficie di Bennu e inizieranno i 5 secondi più angoscianti per i responsabili della missione: il braccio meccanico toccherà il suolo, sparerà dell’azoto liquido per smuovere polveri e detriti sull’asteroide, che saranno poi raccolti dallo strumento. L’operazione potrà essere tentata al massimo tre volte e dovrebbe permettere di raccogliere almeno 60 grammi di materiale.

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Asteroide a domicilio
La visita di OSIRIS-REx avverrà naturalmente mentre Bennu continuerà a seguire la sua orbita viaggiando velocissimo nello Spazio. Nel marzo del 2021 l’asteroide si troverà in una posizione favorevole rispetto alla Terra per consentire la ripartenza della sonda e rendere il più breve possibile il suo viaggio verso il nostro pianeta. Se tutto andrà come previsto, ci raggiungerà dopo due anni e mezzo, nel settembre del 2023. La capsula contenente i campioni prelevati da Bennu si staccherà dalla sonda e inizierà il turbolento rientro nell’atmosfera terrestre, frenata da suoi paracadute, che la porterà ad atterrare a sud-ovest di Salt Lake City, nello Utah. Il contenuto sarà poi analizzato presso il Johnson Space Center di Houston (Texas) della NASA. Per questo motivo, prima della partenza, la sonda è stata controllata e mantenuta in un ambiente sterile, per evitare contaminazioni che potrebbero falsare i risultati delle analisi sui campioni portati dallo Spazio.