I panda non sono più così tanto in via di estinzione

Grazie all'impegno della Cina non sono più classificati come specie in pericolo, ma solo come specie vulnerabile

Il panda femmina Hua Jiao appena dopo essere stata liberata nella Riserva Naturale di Liziping, nella provincia cinese di Sichuan, il 19 novembre 2015; Hua Jiao è il quinto esemplare di panda nato in cattività a essere stato liberato (STR/AFP/Getty Images)
Il panda femmina Hua Jiao appena dopo essere stata liberata nella Riserva Naturale di Liziping, nella provincia cinese di Sichuan, il 19 novembre 2015; Hua Jiao è il quinto esemplare di panda nato in cattività a essere stato liberato (STR/AFP/Getty Images)

Il 4 settembre l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) ha annunciato i nuovi cambiamenti alla sua “lista rossa” sullo stato di conservazione delle specie animali e vegetali del pianeta, tra cui il fatto che i panda giganti (Ailuropoda melanoleuca) non sono più considerati una specie in pericolo ma sono passati nella categoria delle specie vulnerabili, cioè quelle un po’ meno a rischio di estinzione. Questo progresso si deve agli sforzi della Cina per migliorare la conservazione dei panda, che hanno fatto aumentare il numero di panda selvatici, ma va preso con una certa cautela e non è definitivo, come vedremo.

Tra le altre specie a cui è stata cambiata categoria c’è anche il gorilla orientale (Gorilla beringei), il più grande tra i primati, ma in questo caso per via di un peggioramento della sua situazione: è passato dall’essere considerato in pericolo di estinzione a essere ritenuto in pericolo critico. Per questa ragione oggi quattro delle sette specie che fanno parte della famiglia degli ominidi (Hominidae) sono in pericolo critico: lo scimpanzé comune (Pan troglodytes) e il bonobo (Pan paniscus) sono considerati in pericolo non critico. L’uomo invece non è a rischio di estinzione (per ora).

Come funziona la Lista rossa dell’IUCN

La Lista rossa dell’IUCN esiste dal 1948 e divide le specie animali e vegetali in sette categorie, ognuna indicata da una sigla di due lettere. I criteri per cui una specie viene assegnata a una categoria piuttosto che a un’altra sono abbastanza complicati, ma in generale riguardano la riduzione della popolazione selvatica, l’estensione geografica dell’habitat naturale in cui la specie vive e una stima del rischio di estinzione a partire da diversi dati e previsioni sul futuro. Le categorie sono:

– EX, cioè “Extinct“; le specie estinte, cioè quelle il cui ultimo esemplare è morto;
– EW, cioè “Extinct in the Wild“, che significa “Estinti nell’ambiente naturale”; le specie i cui unici esemplari rimanenti vivono in cattività;
– CR, cioè “Critically Endangered“, che significa “In pericolo critico”; le specie che rischiano moltissimo di estinguersi (ad esempio perché ci sono meno di 250 esemplari adulti non in cattività);
– EN, cioè “Endangered“, “In pericolo”; quelle per cui il rischio di estinzione è valutato come molto alto;
– VU, cioè “Vulnerable“, “Vulnerabile”; quelle per cui il rischio di estinzione è solo alto;
– NT, cioè “Near Threatened“, “Prossime alla minaccia”; le specie per cui comunque sono state pensate delle misure di conservazione per evitare di finire in una delle precedenti categorie; un esempio di queste specie è la lontra europea;
– LC, cioè “Least Concerned“, “A rischio minimo”; quelle che la IUCN non ritiene essere a rischio né ora né nel prossimo futuro.

Le categorie CR, EN e VU vengono raggruppate in una macro-categoria, quelle delle specie a rischio di estinzione. La Lista rossa aggiornata comprende 82.954 specie, 23.928 delle quali sono a rischio. Le specie che non sono ancora state valutate secondo i criteri della Lista sono categorizzate come “Not Evaluated” (NE), cioè “Non Valutate”, o come “Data Deficient” (DD); quest’ultima categoria comprende le specie per cui i dati disponibili non sono sufficienti a stabilire a quale categoria appartengano. Per cambiare categoria a una specie è necessario che i criteri per cui essa è assegnata a una di esse cambino: se si assiste a una diminuzione del rischio, bisogna aspettare cinque anni di rilevazioni positive prima di effettuare il cambiamento come è successo quest’anno nel caso del panda; al contrario, se una specie si dimostra più a rischio rispetto ai criteri della sua attuale categoria, il declassamento è istantaneo in modo da segnalare con maggiore enfasi la necessità di migliorare le strategie di conservazione.

La conservazione dei panda giganti

I panda giganti sono passati dalla categoria EN a quella VU grazie alla crescita del numero di esemplari che vivono liberi e non in cattività: secondo le stime, attualmente ci sono 1.864 panda adulti che non vivono in cattività. Il numero dei panda dipende in gran parte dall’estensione delle foreste di bambù che si trovano in Cina: questi animali si nutrono al 99 per cento di bambù e ne devono mangiare dai 12 ai 38 chilogrammi al giorno per mantenersi in salute. Negli anni Ottanta la riduzione delle foreste di bambù aveva fatto scendere il numero di panda a circa 1.200 esemplari e dal 1990 la specie era considerata in pericolo di estinzione. Tra il 2004 e il 2014 la popolazione di panda selvatici è cresciuta del 17 per cento. Per la IUCN l’aumento del numero dei panda sarebbe la prova che le iniziative di conservazione delle specie possono funzionare.

Secondo la IUCN la popolazione dei panda è cresciuta grazie agli sforzi della Cina per proteggere la foresta di bambù e aumentarne l’estensione. Oggi nel paese ci sono 67 riserve naturali pensate per i panda. Il governo si è inoltre impegnato per aumentare il numero di panda in cattività usando l’inseminazione artificiale e poi provare a liberare i cuccioli cresciuti in cattività nel loro habitat: la maggior parte di questi tentativi però sono falliti finora. Per esempio il panda maschio Xiang Xiang, il primo panda nato in cattività a essere liberato nel 2007, morì meno di un anno dopo la sua liberazione, dopo essere stato attaccato da un gruppo di altri panda maschi. Un’altra previsione sul futuro poi fa accogliere con alcune riserve le notizie sull’aumento dei panda: nei prossimi 80 anni il cambiamento climatico potrebbe eliminare più del 35 per cento delle foreste di bambù a causa dell’aumento delle temperature e per questo la popolazione dei panda potrebbe diminuire nonostante i progressi ottenuti negli ultimi 20 anni.

Inoltre secondo quanto detto al National Geographic da Marc Brody, consulente per la conservazione e lo sviluppo sostenibile alla Riserva Naturale di Wolong, in Cina, potrebbe essere troppo presto per dedurre che il numero di panda selvatici sta aumentando: «Forse siamo solo diventati più bravi a contare i panda selvatici». Per Brody anche se le iniziative del governo cinese per gestire sia la popolazione selvatica dei panda sia quella in cattività sono state importanti, l’habitat di questi animali si sta comunque rimpicciolendo a causa della frammentazione delle foreste, dovuta alla costruzione di autostrade, strutture per il turismo nella provincia di Sichuan e altre attività umane.