Libero Grassi, la storia vera

Chi era l'imprenditore siciliano ucciso dalla mafia per aver denunciato la richiesta del pizzo, 25 anni fa

(Ansa)
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Libero Grassi fu un imprenditore siciliano del settore tessile, ucciso dalla mafia il 29 agosto del 1991, esattamente 25 anni fa, per aver rifiutato di pagare il pizzo e per aver denunciato i suoi estorsori. La storia di Libero Grassi è stata molto raccontata in questi anni, e lunedì 29 agosto su Raiuno andrà in onda Io sono Libero, una docufiction che mescola scene recitate da attori con interviste e immagini di repertorio.

Libero Grassi nacque a Catania nel 1924, in una famiglia antifascista: era nato poco più di un mese dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti, e fu chiamato così – raccontò lui stesso – in memoria del deputato socialista ucciso dai fascisti per essersi opposto a Benito Mussolini. A otto anni la sua famiglia si trasferì a Palermo, dove Libero Grassi studiò al liceo Vittorio Emanuele: nel 1942 Libero Grassi si trasferì di nuovo con la famiglia, questa volta a Roma, dove studiò inizialmente Scienze Politiche. Per evitare di combattere nella Seconda guerra mondiale, Grassi entrò però in seminario. Dopo la fine della guerra Grassi tornò a Palermo e si iscrisse a Giurisprudenza. All’inizio degli anni Cinquanta Libero Grassi mise in piedi un’azienda a Gallarate, in provincia di Milano, con il fratello Pippo, e si inserì nell’ambiente della borghesia industriale milanese. Dopo l’esperienza a Milano, fondò un’azienda propria a Palermo: si chiamava MIMA e produceva biancheria da donna: ebbe successo ed arrivò presto ad avere 250 operai.

Negli anni Sessanta Grassi diventò un editorialista per diversi giornali siciliani ed entrò nel Partito Repubblicano Italiano. All’inizio degli anni Settanta fondò in società una nuova azienda, questa volta specializzata in energia solare, che fallì. Ebbe problemi economici anche con la sua azienda tessile, a cui seguirono intorno alla metà degli anni Ottanta le prime minacce della mafia siciliana, che intimò a Grassi di pagare il pizzo, la cifra che la criminalità organizzata estorce a moltissimi commercianti siciliani una tantum o con frequenza settimanale o mensile. Grassi rifiutò di pagare il pizzo e alcuni suoi dipendenti vennero rapinati: gli estorsori vennero però arrestati. Nonostante i problemi economici, l’azienda di Grassi era tra le più importanti in Italia nel settore della biancheria intima. Grassi pubblicò sul Giornale di Sicilia una lettera in cui motivò il suo rifiuto a pagare i 50 milioni di lire chiesti da Cosa Nostra, e dicendo di avere chiesto la protezione della polizia per la sua azienda.

L’11 aprile 1991 Libero Grassi fu ospite di Samarcanda, la trasmissione che conduceva allora Michele Santoro su Rai Tre, dove spiegò: «Io non sono pazzo, non mi piace pagare, è una rinunzia alla mia di dignità di imprenditore».

Dopo l’intervista, Grassi diventò molto famoso in Italia per la sua opposizione alla mafia. Pochi mesi dopo quell’intervista, la mattina del 29 agosto 1991, mentre andava a lavorare a piedi alle sette e mezza di mattina, Libero Grassi fu ucciso a colpi di pistola a Palermo. Il 20 settembre di quell’anno Santoro e Maurizio Costanzo organizzarono una serata dedicata alla memoria di Grassi, sia sulle reti Rai sia su quelle Mediaset. Negli anni successivi vennero arrestati e condannati per l’omicidio di Grassi i mafiosi Salvino Madonia e Marco Favaloro.