Perché si riparla del rischio terrorismo in Italia

Ora che in Libia l'ISIS sta diventando sempre più debole, il timore è che i suoi miliziani possano disperdersi e arrivare in Italia: ma le prove non sono molte

(Albinyan Al Marsous Operation Media Center via AP)
(Albinyan Al Marsous Operation Media Center via AP)

Negli ultimi giorni le milizie libiche di Misurata, cioè quelle che combattono per il governo di unità nazionale, hanno quasi concluso la riconquista di Sirte, la principale base dell’ISIS al di fuori di Siria e dell’Iraq. La battaglia, iniziata lo scorso giugno, è stata sbloccata nei primi giorni di agosto, quando l’aviazione americana ha iniziato una sistematica campagna di attacchi aerei in appoggio alle milizie libiche che combattono sul terreno. Ora che la sconfitta della branca libica dell’ISIS sembra imminente, nel nostro paese è aumentato il timore che i miliziani dello Stato Islamico possano infiltrarsi fra i migranti che arrivano via mare nel nostro paese o che possano colpirlo con attentati terroristici per una forma di ritorsione.

L’indizio più concreto della possibilità di un attacco in Italia è stato fornito dalle autorità libiche, che secondo una serie di articoli del Corriere della Sera in questi giorni hanno avvertito il governo italiano della presenza di una cellula dello Stato Islamico a Milano. Secondo il Corriere, il gruppo sarebbe stato messo in piedi da Abu Nassim, un tunisino di 47 anni che ha vissuto a lungo in Italia prima di andare a combattere con vari gruppi estremisti prima in Afghanistan e poi in Siria. Di recente, Nassim (che in realtà si chiama Moez Ben Abdelkader Fezzani o Al Muaz Ben Abdelkader al Fezzani) è entrato a fare parte dello Stato Islamico ed è diventato uno dei leader del gruppo in Libia.

Sempre secondo il Corriere della Sera, in alcuni rifugi dello Stato Islamico l’intelligence libica ha trovato dei documenti che dimostrano l’esistenza di cellule italiane, oltre che scritte sui muri di Sirte che inneggiano alla conquista dell’Italia. In un’intervista al Corriere della Sera, il capo dei servizi segreti libici, Mustafa Nuah, ha detto che Nassim e lo Stato Islamico sono stati coinvolti nel rapimento dei quattro tecnici della Bonatti a Mellitah, nell’estate del 2015. Due dei tecnici rapiti sono stati liberati lo scorso marzo, mentre altri due sono stati uccisi in circostanze ancora poco chiare. Secondo Nuah, il governo italiano ha pagato 13 milioni di euro per la liberazione dei quattro ostaggi, parte dei quali sarebbero finiti allo Stato Islamico. Le autorità libiche dicono di aver arrestato la moglie di Nassim mentre trasportava mezzo milione di euro proveniente dal riscatto.

In passato gli avvertimenti provenienti dalla Libia sono stati trattati con molta cautela e anche oggi in molti sono scettici sulla solidità delle prove fornite dai libici. La graduale riconquista di Sirte ha comunque causato diversi allarmi: molti esperti sostengono che lo Stato Islamico ricorre agli attacchi terroristici soprattutto in risposta alle sconfitte sul campo. Ad esempio, in Iraq c’è stato un aumento degli attacchi terroristici nel mese di maggio, dopo la liberazione della città di Ramadi e un’altra serie di sconfitte subite dalle milizie dello Stato Islamico. In Libia, la graduale riconquista di Sirte ha causato la fuga dalla città di centinaia di miliziani, molti dei quali sono riusciti a far perdere le loro tracce.

Giacomo Stucchi, senatore della Lega Nord e presidente del COPASIR, la commissione parlamentare che controlla i servizi segreti, ha detto: «A lungo è stato altamente improbabile, se non impossibile che lo Stato Islamico facesse viaggiare suoi affiliati sui barconi, esponendo ai rischi oggettivamente alti della traversata uomini su cui aveva investito in tempo e soldi. Oggi che la Libia è in uno stato di caos è più probabile. Sono cani sciolti, gente allo sbando, che scappa. Poi si tratta di capire quali intenzioni ha chi dovesse davvero arrivare in questo modo: semplicemente far perdere le proprie tracce oppure voler continuare a combattere in nome della propria causa?».

In risposta a queste minacce, il ministero dell’Interno ha aumentato le misure di  previste per il finesettimana di Ferragosto, uno dei più convulsi e caotici dell’anno. Domenica, il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha annunciato l’espulsione di un imam tunisino, Hosni Hachemi Ben Hassen, 49 anni. Hassen era stato assolto dall’accusa di terrorismo e condannato per incitamento all’odio e alla violenza razziale. Dall’inizio del 2015, 109 persone sono state espulse per decisione di Alfano, 43 dall’inizio del 2016.