A che cosa serve l’orgasmo femminile?

Non è necessario per la fecondazione come quello maschile: allora perché capita anche alle donne? Qual è la sua funzione, dal punto di vista evolutivo?

Un fotogramma del video di "Go to go", in cui tre cantanti cercano di cantare mentre si masturbano
Un fotogramma del video di "Go to go", in cui tre cantanti cercano di cantare mentre si masturbano

Per i biologi dell’evoluzione, pochi fenomeni sono complessi quanto l’orgasmo femminile: anche se l’orgasmo ha un ruolo molto importante nelle relazioni intime delle donne, è difficile spiegare a che cosa serva.
L’orgasmo maschile non ha mai generato grossi problemi a chi si occupa di biologia evolutiva. Il piacere che un uomo prova durante un orgasmo è direttamente legato all’eiaculazione, il momento fondamentale che permette all’uomo di trasferire lo sperma alla donna e quindi i propri geni alla generazione successiva. Il piacere incoraggia gli uomini ad accoppiarsi più spesso, un comportamento vantaggioso dal punto di vista evolutivo.
Per le donne, invece, è difficile riconoscere la funzione evolutiva dell’orgasmo. Le contrazioni muscolari che si presentano durante un orgasmo non sono essenziali per il concepimento. E mentre la grande maggioranza degli uomini raggiunge l’orgasmo durante un rapporto sessuale, per le donne è molto più raro. Perché allora capita anche alle donne? A che cosa serve?

Gli studiosi che se ne erano occupati finora erano partiti dall’idea che se l’orgasmo femminile esiste, c’è sicuramente una spiegazione di tipo evolutivo. Il punto era solo capire quale.

Tra gli studi usciti finora, alcuni avevano ipotizzato che l’orgasmo aiutasse ad aumentare le possibilità che l’ovulo fosse fecondato da un maschio geneticamente attraente, ma sono stati smentiti.
Secondo altri, la spiegazione più ragionevole è che l’orgasmo femminile non abbia mai avuto uno scopo dal punto di vista evolutivo, ma che sia soltanto una sorta di effetto collaterale dell’evoluzione dell’orgasmo maschile. Secondo questa teoria, l’orgasmo si sarebbe sviluppato come caratteristica della specie in generale, per la sua importanza nell’accoppiamento degli uomini, ma per le donne non ha una funzione biologica. In sostanza: l’orgasmo sarebbe per le donne quello che i capezzoli sono per gli uomini.

Lunedì 1 agosto, due biologi dell’evoluzione, Mihaela Pavlicev (dell’Università di Cincinnati) e Gunter Wagner (dell’Università di Yale) hanno pubblicato un nuovo studio sul Journal of Experimental Zoology. Lo studio propone un nuovo modo di pensare l’orgasmo femminile, basato sulla ricostruzione della sua funzione a partire dalla preistoria.
Nessuno aveva studiato il fenomeno in specie diverse dai primati e dagli esseri umani, fino ad ora. Per capire di più sull’origine dell’orgasmo femminile, secondo i due studiosi bisogna invece andare più a fondo e guardare anche ad animali poco imparentati con gli esseri umani.

Pavlicev e Wagner dicono che l’orgasmo femminile ha una storia evolutiva profondissima, che risale ai primi mammiferi. Per il loro studio hanno osservato la vita sessuale di altri animali, dagli oritteropi ai koala. Hanno verificato che tra i mammiferi, le femmine di molte specie rilasciano ossitocina e prolattina durante il rapporto sessuale, gli ormoni che le donne producono durante l’orgasmo. Hanno poi osservato cosa succede alle specie di mammiferi per cui l’accoppiamento delle femmine è profondamente diverso da quello delle donne.

Mentre le donne producono un ovulo al mese, nel caso di molte altre specie di mammiferi (dai conigli ai cammelli) la femmina rilascia l’ovulo solo dopo essersi accoppiata con un maschio.
I cicli di ovulazione si sono evoluti solo per alcune specie di animali, tra cui la nostra, spiegano Pavlicev e Wagner; nei mammiferi primitivi l’ovulazione veniva stimolata dal rapporto sessuale con un maschio, come succede ancora adesso per specie diverse dalla nostra.

Le femmine di quei mammiferi primitivi, infatti, avevano il clitoride all’interno della vagina.
Quando i mammiferi primitivi si accoppiavano, il clitoride inviava un segnale al cervello, che innescava la produzione di ormoni che attivavano il rilascio dell’ovulo. Una volta che l’ovulo era fecondato, gli ormoni contribuivano ad assicurare il suo impianto nell’utero. Questa modalità funzionava bene per le femmine di mammiferi che raramente incontravano un esemplare maschio: aiutava le femmine a ottimizzare gli accoppiamenti.

A un certo punto, però, alcuni tipi di mammiferi, tra cui alcuni primati come noi, hanno cominciato a vivere in gruppi sociali. Le femmine hanno cominciato ad avere accesso costante all’accoppiamento con i maschi, e l’orgasmo ha perso la sua funzione come meccanismo per stimolare l’ovulazione. Le nostre antenate hanno cominciato a rilasciare ovuli a cicli regolari come succede ora. Visto che l’orgasmo non serviva più a stimolare l’ovulazione, il clitoride si è spostato dalla sua posizione originale. Lo studio di Wagner e Pavlicev sostiene che lo spostamento sia avvenuto per evitare il rischio che, nel nuovo sistema, “il vecchio segnale mandasse uno stimolo nel momento sbagliato”.

La nuova teoria potrebbe portare a una miglior comprensione su come l’orgasmo femminile si sia evoluto nel tempo, ma non chiude la questione sulla sua funzione attuale. Pavlicev e Wagner però sperano che queste nuove informazioni possano portare un miglioramento nella medicina riproduttiva.