Otto gran canzoni di Bennato

Di quelle vecchie vecchie, che oggi compie 70 anni, ha girato e conosce la gente

Edoardo Bennato al concerto di Capodanno a Napoli nel 2012
(ANSA / CIRO FUSCO)
Edoardo Bennato al concerto di Capodanno a Napoli nel 2012 (ANSA / CIRO FUSCO)

Il 23 luglio 2016 compie 70 anni Edoardo Bennato, famoso cantautore napoletano di notevole originalità e di eccezionale successo e popolarità italiani tra gli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, in particolare con i dischi Burattino senza fili e Sono solo canzonette. Dopo, le sue canzoni hanno diminuito notevolmente di qualità e risultati, ma quelle di prima restano un pezzo memorabile della storia della musica italiana, come ha scritto Luca Sofri, peraltro direttore del Post, scegliendone otto per il libro Playlist, la musica è cambiata.

Edoardo Bennato
(1946, Napoli)
A un certo punto Bennato ebbe un successo clamoroso dal quale poi non si è più ripreso. O forse sono cambiati i tempi. Prima di allora aveva fatto cose bellissime e geniali; dopo, solo cose brutte. In mezzo, in quel momento famoso, ha messo al mondo una delle sentenze più importanti della storia della musica – “sono solo canzonette” – semplificando una battuta di Enzo Jannacci (“trattasi di canzonette”) e aggiungendo misura e umiltà a quella dei Rolling Stones (“it’s only rock’n’roll”).

Non farti cadere le braccia (Non farti cadere le braccia, 1973)
“Non so, non so se ti è capitato mai”. Lui torna alla casa di quand’era bambino, il portiere è cambiato, lui si guarda intorno spaesato. Ma si ricorda. E sente la voce di sua madre dalla cucina, e si ricorda dei graffi sulle ginocchia. “Non so, non so, se ti è capitato mai, di dover fare una lunga corsa. Ed a metà strada stanco dire a te stesso adesso basta. Eppure altri stan correndo ancora, intorno a te. Allora, non farti cadere le braccia, non arrenderti né ora né mai”. Questo gli diceva sua madre, quella santa donna.

 

Una settimana un giorno (Non farti cadere le braccia, 1973)
Suona un’armonica, e poi ecco la canzone romantica di Bennato, che gli è venuta benone (“io non so parlare d’amore, ma…”). Di quando ci si separava dalle ragazze sui binari delle stazioni. Di quando ci si separava col treno, e non c’erano i telefonini. “Vorrei che mai mai mai mai”.

Campi Flegrei (Non farti cadere le braccia, 1973)
“Campi Flegrei” è un toponimo così bello che non si poteva non farci una canzone. Pensare che c’è gente, a Varese, che nemmeno sa cosa sia “Campi Flegrei” (“non è un paese, non è una città”). E poi c’è Magda (forse) che suona il piano. Ma come gli è venuto di chiamarla Magda? Quale fedeltà neorealistica lo ha convinto a mantenere in una canzone un nome col “gd”, che c’è solo Baghdad, Bogdanovich e Magda?

Detto tra noi (Non farti cadere le braccia, 1973)
“Detto tra noi” inizia che potrebbe essere “Trespass” dei Genesis oppure “Il ratto del serraglio”. Guarda quel castello, dice, anticipando le cose fiabesche del Bennato successivo. “Detto tra noi, io non sono un gigante”: va nel gruppo dei giganti della canzone italiana, assieme a “Il gigante e la bambina” di Dalla e “Il gigante” di Paola Turci (“brigante”, invece, c’è quello di De Gregori).

Un giorno credi (I buoni e i cattivi, 1974)
Anni fa scrissi una cosa sulle parole delle canzoni che ci ricordiamo sbagliate e ricevetti molte mail complici e solidali. Tra cui una che raccontava di “un amico” che aveva sempre ca-pito “mentre tu sei la super persona, e ti vedi già vecchio e cadente”, e un’altra che diceva così: «Per me Bennato cantava “mentre tu sei là sopra in persona”. C’era una logica: lui è morto (nel suo falso incidente) e dalla nuvoletta lassù rivede scorrere la sua vita (e si vede già vecchio e cadente; ma allora è morto di vecchiaia?). No, non c’era una logica, in effetti. Ciao, Vittorio».

Cantautore (La torre di Babele, 1976)
Rivendicazione di umanità del cantautore, una specie di Truman del Truman Show che sogna l’evasione dal suo ruolo, ma alla fine è carceriere di se stesso (“sì è vero, sono io il più bravo!”). “Ma non farci ridere a dire che anche un camionista si ferma ogni tanto a riposare perché tu a un camionista non ti puoi paragonare”

 

Venderò (La torre di Babele, 1976)
Raffaele è contento, non ha fatto il soldato, ma ha girato e conosce la gente.

È stata tua la colpa (Burattino senza fili, 1977)
Tutto il tempo a spiegare a questo bravo bambino ex burattino disobbediente che ha fatto la cosa giusta, che ora tutto andrà bene. Ma poi, cattiveria pura: “Vai, vai, e leggili tutti, e impara quei libri a memoria. C’è scritto che i saggi e gli onesti son quelli che fanno la storia. Fanno la guerra, la guerra è una cosa seria. Buffoni e burattini no, non la faranno mai”.