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  • Mercoledì 20 luglio 2016

Sarà Corbyn o Smith, per il Labour

Sono i due candidati rimasti alle nuove elezioni per il segretario del partito Laburista, dopo il ritiro di Angela Eagle

Il partito Laburista del Regno Unito sta vivendo una grave crisi interna, cominciata poche ore dopo l’esito del referendum su Brexit e dopo la decisione della maggioranza dei cittadini di votare a favore dell’uscita dall’Unione Europea. Il segretario del Labour Jeremy Corbyn – che era stato eletto solamente 10 mesi fa – è stato sfiduciato dai deputati del suo stesso partito (qui, avevamo spiegato bene come si era arrivati a questo punto) e il prossimo agosto avranno inizio le votazioni interne per la scelta del nuovo leader e i risultati saranno annunciati il 24 settembre al congresso. Per ora i candidati sono due dopo il ritiro di Angela Eagle, lo stesso Corbyn e Owen Smith, ex ministro ombra per il Lavoro.

La prima a candidarsi a sostituire Corbyn, avviando di fatto nuove elezioni interne per la scelta del segretario, era stata la parlamentare Angela Eagle che martedì 19 luglio ha però ritirato la candidatura e ha annunciato il proprio sostegno a Owen Smith. Eagle ha spiegato di aver preso questa decisione perché Owen Smith aveva un maggiore sostegno tra i parlamentari laburisti ed era in vantaggio nella raccolta delle firme per potersi presentare in lista: non era dunque «nell’interesse del partito continuare» con la competizione. Eagle ha detto che lei e Owen lavoreranno in stretta collaborazione «per difendere un partito efficace, unito, e in grado di assumere un ruolo di opposizione al governo conservatore. Ora non funziona, il suo leader non ha la fiducia dei suoi deputati e non parla al paese». Smith ha risposto ringraziando Eagle per il suo sostegno: «Sarà il mio braccio destro nella campagna per le primarie e anche dopo», ha detto.

In una nota inviata ai membri del Labour l’attuale segretario ha ammesso che «il partito è diviso», ma ha anche sostenuto che lui ha la possibilità di unirlo di nuovo. Smith ha risposto che verso Corbyn c’è un debito di gratitudine soprattutto per aver fatto riscoprire al partito le sue radici radicali: «Ma abbiamo bisogno di una nuova generazione di uomini e donne alla guida del Labour». Smith ha anche detto che è arrivato il momento «di riportare i laburisti al governo», criticando implicitamente Corbyn considerato generalmente abile come capo dell’opposizione ma non adatto a governare. Infine ha spiegato che la sua decisione di candidarsi era stata in parte presa a causa di un «rischio reale di spaccatura» del partito stesso.

Jeremy Corbyn
Corbyn è stato eletto capo del Labour solo 10 mesi fa dopo le dimissioni del precedente segretario, Ed Milliband, uscito male dalle elezioni politiche del 2015 vinte dai Conservatori. Corbyn è stato eletto dopo che le regole interne erano state cambiate allo scopo di “democratizzare” il partito e dare lo stesso peso ai voti degli iscritti, a quelli dei sindacati e a quelli dei parlamentari: alla fine delle elezioni interne, Corbyn aveva preso il 59 per cento dei voti totali e l’85 per cento dei voti degli iscritti.

Corbyn ha 67 anni e dal giugno del 1983 era il parlamentare laburista che rappresenta il collegio londinese di Islington North. Il programma cin cui si era presentato era piuttosto radicale per gli standard del Regno Unito: si oppone a qualsiasi cessione del pubblico all’iniziativa privata, vorrebbe nazionalizzare le ferrovie, alzare il salario minimo, tassare di più le grandi aziende e ha preso spesso posizioni a favore della Palestina e contro l’intervento del Regno Unito in Iraq. In questi anni ha criticato duramente le politiche di austerità del governo guidato da David Cameron. Vuole aumentare le tasse ai più ricchi per sostenere meglio il welfare e ha posizioni piuttosto nette anche sulla fine del programma nucleare britannico.

Corbyn è stato più volte definito un laburista “vecchio stampo”, con posizioni assai più a sinistra dei suoi predecessori e secondo diversi analisti la sua elezioni aveva rappresentato l’abbandono definitivo dell’eredità di Tony Blair, il leader che negli anni Novanta spostò il partito su posizioni moderate e liberali. Da subito, però, in molti avevano evidenziato come l’elezione di Corbyn, che fino ad allora non aveva mai dovuto e voluto coltivare rapporti con il resto del partito, avrebbe potuto causare problemi di unità ai Laburisti. Il tentativo di Corbyn di nominare alcuni esponenti della corrente più moderata e centrista del partito in posizioni importanti era servito soltanto a contenere guai che si sono nuovamente mostrati quando il partito ha dovuto affrontare i primi impegni seri: le elezioni amministrative e il voto su Brexit.

Owen Smith
Owen Smith ha 46 anni, è sposato, ha tre figli e ha studiato storia all’Università del Sussex. Ha lavorato come produttore radiofonico e televisivo per la BBC e poi per un’industria farmaceutica. E’ diventato consigliere di un deputato laburista ed è stato eletto nel 2010, e non ha dunque votato a favore della guerra in Iraq, una delle questioni che viene spesso rinfacciata ai parlamentari Laburisti dall’elettorato più di sinistra. Smith, che fa parte del partito da quando è ragazzo, è stato segretario ombra con Ed Miliband, dal 2012 fino al 2015, e poi con Jeremy Corbyn dal 2015 fino alle dimissioni presentate nel giugno del 2016 dopo Brexit. All’interno del partito viene indicato come un deputato moderatamente di sinistra che potrebbe raccogliere i voti della sinistra del partito ma anche quelli dell’ala più riformista.

Smith ha sostenuto la campagna a favore del “Remain” nel referendum su Brexit e non ha escluso la possibilità di organizzare una seconda votazione per capovolgere il risultato e «assicurarci che tutti siano soddisfatti». Alle primarie dello scorso anno Smith aveva sostenuto l’ex ministro ombra della Sanità Andy Burnham, che per alcune sue dichiarazioni e posizioni era stato molto contestato e considerato piuttosto vicino al partito conservatore. Oggi, da quando è rimasto l’unico candidato oltre a Corbyn, Smith ha dato cinque diverse interviste: ha detto di voler un governo laburista e «non solo un movimento di protesta», ha garantito di essere radicale come Corbyn, ma ha anche spiegato di essere in grado di trasformare gli slogan in soluzioni.

Smith ha detto di essere contro l’austerità e che le politiche del governo Conservatore hanno fallito. Ma l’anti-austerità, ha spiegato, non è sufficiente e al paese serve un grande piano a favore della prosperità: ha dunque proposto un progetto di investimenti soprattutto nel settore delle infrastrutture. Smith, nelle ultime ore, è stato molto criticato perché in quanto ex lobbista per un’industria farmaceutica (la Pfizer) avrebbe in passato appoggiato progetti di privatizzazione in ambito sanitario e sostenuto il settore privato: lui si è difeso affermando semplicemente che si tratta di critiche infondate e ha ribadito di credere al «100 per cento nel servizio sanitario pubblico».

Smith ha molto insistito sul fatto che con una rielezione di Corbyn il Labour rischierebbe la scissione, mentre lui è una figura che sarebbe in grado di unire le diverse linee interne del partito. Dopo il ritiro di Eagle, ci sono state diverse critiche interne perché il Labour non è stato capace di proporre e sostenere una donna come candidata (il partito conservatore ha invece e per la seconda volta nella sua storia espresso una donna come primo ministro). Un deputato vicino a Smith ha però precisato che il suo candidato è sostenuto da un gran numero di donne e che della sua campagna faranno parte alcune ex esponenti del governo ombra. Smith ha anche detto che se diventasse segretario vorrebbe Jeremy Corbyn come presidente del partito, carica che attualmente non esiste («Jeremy ha ancora molto da dire al partito, ma non credo che sia un leader. Non credo che sia un leader all’interno del parlamento»).

Al momento in molti pensano che Corbyn sia ancora in vantaggio per la vittoria, visto il grande sostegno che ha tra i sostenitori del partito e tra gli iscritti al sindacato. Quando fu eletto nel 2015, tuttavia, era al massimo della sua popolarità e ottenne il 59 per cento dei voti totali: dopo 10 mesi con risultati giudicati da molti deludenti è però possibile che il risultato alla prossima votazione sia meno netto.