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  • Mercoledì 6 luglio 2016

Il rapporto sul Regno Unito e la guerra in Iraq

È stato pubblicato oggi dopo 7 anni di lavoro ed è estremamente critico nei confronti di Tony Blair, il primo ministro in carica all'inizio della guerra

(AP Photo/Kirsty Wigglesworth, File)
(AP Photo/Kirsty Wigglesworth, File)

Oggi è stata pubblicata la “Iraq Inquiry” – o Chilcot Inquiry, dal nome dell’alto funzionario della Corona britannica che l’ha condotta – un’indagine pubblica durata sette anni che ha preso in esame il coinvolgimento del Regno Unito nella guerra in Iraq del 2003. Il documento era molto atteso e le sue conclusioni sono estremamente critiche nei confronti di Tony Blair, il primo ministro del Regno Unito in carica nei mesi in cui fu decisa la partecipazione alla guerra a fianco degli Stati Uniti e che continuò a guidare il paese per i quattro anni successivi. Secondo gli autori del rapporto, il Regno Unito decise di invadere l’Iraq prima che tutte le opzioni pacifiche fossero state tentate, mentre non vennero prese le precauzioni adatte per far fronte ai prevedibili disordini che avrebbero seguito la deposizione del dittatore Saddam Hussein.

L’inchiesta conferma anche che le informazioni sulle armi di distruzione di massa irachene, usate da Blair per giustificare la guerra, erano in gran parte lacunose e avrebbero dovuto essere sottoposte ad uno scrutinio più rigoroso. Ma è particolarmente grave anche la critica per non aver pianificato in maniera sufficientemente accurata l’occupazione del paese dopo l’invasione. Nel testo dell’inchiesta viene specificato che più di 200 cittadini britannici sono morti a causa della guerra. Molti parenti dei militari uccisi o feriti in Iraq erano presenti alla presentazione dell’inchiesta.

Il rapporto è stato presentato mercoledì a mezzogiorno dal suo coordinatore, Sir John Chilcot, un funzionario che ha lavorato per decenni nella pubblica amministrazione, in particolare nel gabinetto del primo ministro, al ministero dell’Interno e come consulente dei servizi segreti e che è ora membro del Privy Council, un organo di consiglieri della regina. L’indagine si è occupata degli avvenimenti tra l’estate del 2001 e il luglio del 2009 e ha riguardato non solo le giustificazioni utilizzate per motivare l’entrata in guerra, ma anche la conduzione degli scontri e delle operazioni di contro-insurrezione negli anni successivi all’invasione.

L’inchiesta venne avviata dal primo ministro laburista Gordon Brown, successore di Tony Blair, nel 2009, in seguito a forti pressioni dell’opinione pubblica. Nessuna parte del documento è stata censurata e tutte le informazioni che contiene sono liberalmente accessibili. L’inchiesta è lunga 2,5 milioni di parole e secondo alcuni commentatori, le informazioni che contiene potrebbero portare a un’incriminazione dell’ex primo ministro Blair.

L’intervento militare in Iraq e il ruolo del Regno Unito furono criticati sin dai giorni che precedettero l’invasione. Già all’epoca molte delle prove portate a supporto della necessità di deporre Saddam sembravano poco solide (al punto anche Blair ha ammesso che furono commessi alcuni errori), mentre parecchi temevano che la caduta del regime avrebbe innescato conseguenze imprevedibili. Dall’invasione, l’Iraq ha continuato ad essere un paese instabile e una fonte di disordine anche per i paesi vicini. Molti esperti e commentatori hanno collegato la nascita dell’ISIS all’invasione del 2003 e oggi considerano la guerra in Iraq un grosso errore di politica estera.