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  • Domenica 3 luglio 2016

Per il governo del Bangladesh l’ISIS non c’entra

Nonostante la rivendicazione ufficiale, il ministro degli Interni dice che ad attaccare il ristorante a Dacca è stato un gruppo locale: intanto ci sono nuovi dettagli sull'attacco

Poliziotti bengalesi di fronte al ristorante Holey Artisan Bakery a Dacca, il 3 luglio 2016 (AP Photo)
Poliziotti bengalesi di fronte al ristorante Holey Artisan Bakery a Dacca, il 3 luglio 2016 (AP Photo)

Il ministro dell’Interno del Bangladesh Asaduzzaman Khan ha detto all’agenzia di stampa Agence France-Presse che i responsabili dell’attacco di due giorni al ristorante Holey Artisan Bakery di Dacca in cui sono morte 20 persone, tra cui nove italiani, non facevano parte dello Stato Islamico. Secondo Khan gli attentatori erano membri del gruppo jihadista bengalese Jamaeytul Mujahdeen Bangladesh (JMB), dichiarato illegale nel paese da più di dieci anni. Secondo Khan non esiste “nessun legame” tra questo gruppo e lo Stato Islamico, che ha rivendicato l’attacco sia attraverso Amaq la sua agenzia di stampa, sia attraverso i suoi canali ufficiali. Amaq ha anche pubblicato delle immagini degli uomini che hanno condotto l’attacco e delle fotografie che sembrano state scattate all’interno del ristorante attaccato. Khan ha anche detto che i responsabili dell’attacco erano istruiti e provenivano da famiglie benestanti, e che si sono avvicinati all’islamismo radicale per moda.

In realtà la rivendicazione dello Stato Islamico ha convinto molti dei giornali e degli esperti di terrorismo, che l’hanno ritenuta vera. In realtà, contrariamente a quanto sembra suggerire Khan, un legame fra Jamaeytul Mujahdeen Bangladesh e lo Stato Islamico esiste: l’anno scorso la rivista ufficiale dello Stato Islamico, Dabiq, ha elogiato JMB spiegando che sono l’unico gruppo jihadista in Bangladesh “con i giusti valori”, e secondo alcuni analisti i due gruppi sono in stretto contatto.

Intanto sui giornali italiani sono comparse le prime ricostruzioni dell’attentato, soprattutto grazie alle persone che sono riuscite a scappare: fra queste i due cuochi, Jacopo Bioni e Diego Rossini, e l’imprenditore Gianni Boschetti. I due cuochi sono scappati dopo aver lasciato l’edificio lanciandosi dal tetto, mentre Boschetti è rimasto nascosto in un cespuglio per tutto l’attacco (durante il quale è stata uccisa anche sua moglie). Tutti e tre hanno raccontato di come il gruppo di miliziani sia arrivato armato molto pesantemente, e di come abbiano preso di mira i clienti stranieri. Sembra invece più fragile una testimonianza riportata da diversi giornali italiani secondo cui gli attentatori hanno risparmiato le persone che sapevano recitare dei brani del Corano. Per ora l’unica testimonianza di questo tipo è stata riportata da una fonte di seconda mano – il padre di uno degli ostaggi – dal quotidiano del Bangladesh Daily Star.

Cos’è Jamaeytul Mujahdeen Bangladesh

Era dal 2005 che in Bangladesh non avveniva un attacco terroristico così grave: allora i responsabili furono proprio i miliziani del JMB. Il 17 agosto 2005 ci furono 500 esplosioni di bombe in 300 diverse località sparse per il paese; avvennero tutte nel giro di un’ora. In quell’occasione morirono più di 30 persone. Il governo del Bangladesh arrestò e condannò a morte i capi del JMB, ma recentemente il gruppo si è riorganizzato e nell’ultimo anno ha rivendicato decine di omicidi di persone di minoranze religiosi e di stranieri.

Un coinvolgimento di JMB non esclude quello dello Stato Islamico. Secondo gli esperti di terrorismo, lo Stato Islamico sta cercando di aumentare la sua popolarità nei paesi del sud-est asiatico e in India, dove finora al Qaida è stato il gruppo terroristico con maggiore influenza sugli islamisti locali. La scorsa settimana 11 uomini ritenuti in contatto con lo Stato Islamico sono stati arrestati in India e secondo la polizia indiana progettavano di attaccare dei luoghi di culto induisti con delle bombe artigianali. Per Animesh Roul, direttore dell’organizzazione di New Delhi Society for the Study of Peace and Conflict, intervistato dal Wall Street Journal, i gruppi jihadisti del Bangladesh sembrano “essere regolarmente in contatto” con lo Stato Islamico, anche se non ci sono prove che l’ISIS contribuisca direttamente alle loro attività. Secondo Elias Hanna, un generale libanese in pensione che insegna scienze politiche all’Università Americana di Beirut, intervistato dal Times of Israel, la rivendicazione quasi immediata dell’attacco di Dacca da parte dello Stato Islamico fa pensare che sia parte competizione tra l’ISIS e al Qaida per accaparrarsi seguaci in Bangladesh.

In molti si sono chiesti come sia potuto succedere che un attentato del genere sia avvenuto in Bangladesh, un paese a maggioranza musulmana ma piuttosto laico e con un esercito molto potente e organizzato. Un’analisi di BBC spiega che secondo diversi esperti il governo del Bangladesh non vuole riconoscere che nel paese esiste un’emergenza legata all’Islam radicale. Lo scorso mese, inoltre, la polizia del Bangladesh ha arrestato più di 11mila persone per ostacolare i gruppi jihadisti locali, ma secondo i critici dell’operazione, con la scusa del terrorismo sono stati arrestati molti criminali comuni e persone innocenti.

La questione del Corano

Ieri, su molti giornali italiani e alcuni stranieri, è stato raccontato che gli uomini che hanno condotto l’attacco al ristorante Holey Artisan Bakery obbligavano gli ostaggi a recitare uno o due versetti del Corano, il testo sacro della religione islamica, e che torturavano e uccidevano chi non era in grado di farlo. Questo dettaglio è stato raccontato al quotidiano bengalese Daily Star da Rezaul Karim, padre di uno degli ostaggi, il bengalese Hasnat Karim, che si è salvato insieme alla sua famiglia. Rezaul Karim ha anche detto che gli attentatori ce l’avevano con gli stranieri e che hanno addirittura dato da mangiare agli ostaggi bengalesi. Per ora questa testimonianza non è stata confermata da nessuna altra fonte. A Repubblica, Jacopo Bioni ha detto che è rimasto nel ristorante per i primi dieci minuti ma che non ha sentito nessuno ripetere dei versi del Corano.