La lettera di 110 premi Nobel contro Greenpeace, sugli OGM

Assieme ad altri duemila scienziati hanno chiesto alla nota ONG di cambiare la sua posizione storicamente contraria

Il campo di mais vicino a Pordedone dell'agricoltore Giorgio Fidenato dopo essere stato calpestato da un gruppo di ambientalisti perché coltivato illegalmente usando dei semi OGM di Monsanto (AP Photo/Paolo Giovannini)
Il campo di mais vicino a Pordedone dell'agricoltore Giorgio Fidenato dopo essere stato calpestato da un gruppo di ambientalisti perché coltivato illegalmente usando dei semi OGM di Monsanto (AP Photo/Paolo Giovannini)

Un gruppo di 110 premi Nobel ha mandato una lettera ai capi dell’organizzazione ambientalista Greenpeace per chiedere di riconsiderare la loro posizione contraria sulla diffusione degli alimenti geneticamente modificati (OGM, in inglese GMO). Secondo i Premi Nobel – fra cui vari vincitori in campi come medicina, chimica, fisica ed economia – e altri 2212 scienziati che hanno firmato la lettera, le posizioni contro gli OGM non hanno un fondamento scientifico e costituiscono un pericolo per chi vive nelle zone del mondo meno sviluppate. La lettera, indirizzata anche all’ONU e ai governi dei paesi del mondo, è stata pubblicata sul sito supportprecisionagriculture.org che contiene anche link a video e materiali informativi sugli OGM. Greenpeace ha risposto alla lettera con un comunicato in cui si dice che i problemi di malnutrizione devono essere risolti promuovendo diete più equilibrate, garantendo un accesso equo alle risorse alimentari e usando tecniche agricole rispettose dell’ambiente.

Tra i firmatari della lettera ci sono anche il genetista italiano naturalizzato statunitense Mario Capecchi, Premio Nobel per la medicina nel 1997, due dei Premi Nobel per la chimica del 2015, lo svedese Tomas Lindahl e l’americano Paul L. Modrich, e quattro Premi Nobel del 2014: il chimico William E. Moerner, i neurofisiologi Edvard e May-Britt Moser e il fisico Hiroshi Amano.

La lettera invita Greenpeace a considerare l’esperienza con gli OGM di agricoltori e consumatori di tutto il mondo, soprattutto di quelli in difficoltà, e ad abbandonare la loro campagna contro i semi geneticamente modificati, in particolare contro il Riso dorato (in inglese “Golden rice“: Antonio Pascale ne aveva scritto nel suo blog sul Post qui), una varietà di riso prodotta attraverso una modificazione genetica che secondo gli scienziati “ha il potenziale di ridurre o eliminare gran parte delle morti e delle malattie causate da un carenza di vitamina A, che ha un grande impatto sulle popolazioni più povere dell’Africa e del sud est asiatico”. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), circa 250 milioni di persone nel mondo soffrono della carenza di vitamina A (che è anche responsabile di circa 250-500mila casi di cecità nei bambini ogni anno), tra cui il 40 per cento dei bambini minori di cinque anni che vivono nei paesi in via di sviluppo. Le statistiche dell’UNICEF mostrano che tra uno e due milioni di morti l’anno sono causate da questo problema.

Greenpeace non è l’unica organizzazione che si oppone all’uso di vegetali OGM, ma probabilmente la più influente e popolare. Oggi gli OGM vengono ritenuti sicuri e anzi preziosi dalla quasi totalità della comunità scientifica, mentre sono osteggiati da alcune ONG e singoli attivisti, fra cui la più famosa è l’indiana Vandana Shiva. In particolare, secondo Greenpeace le multinazionali stanno promuovendo con forza il Riso dorato per ottenere poi l’approvazione per l’introduzione di altri OGM più redditizi. La loro risposta agli scienziati dice anche che l’International Rice Research Institute (impegnato nella ricerca sul Riso dorato e finanziato dalla Bill and Melinda Gates Foundation) ha detto che non è stato provato che l’uso del Riso dorato risolva il problema della carenza di vitamina A.

La lettera degli scienziati sottolinea che le ricerche scientifiche condotte finora non hanno riscontrato danni alla salute provocati dagli organismi geneticamente modificati né hanno dimostrato la presenza di rischi per l’ambiente legati alla coltivazione degli OGM. La lettera finisce con queste frasi:

«Chiediamo ai governi del mondo di rifiutare la campagna di Greenpeace contro il Riso dorato in particolare e quelle contro le colture e i cibi migliorati attraverso la biotecnologia in generale. Chiediamo che facciano tutto ciò che è in loro potere per opporsi alle azioni di Greenpeace e accelerare l’accesso degli agricoltori a tutti gli strumenti della biologia moderna, specialmente ai semi migliorati grazie alla biotecnologia. L’opposizione basata sull’emozione e sul dogma che è stata confutata dai dati deve finire.

Quante persone povere in tutto il mondo devono morire prima che questo venga considerato un “crimine contro l’umanità”?».

Il testo integrale della risposta di Greenpeace alla lettera dei 110 premi Nobel:

In risposta alla lettera con cui diversi premi Nobel invitano alcune ONG – tra cui Greenpeace – a rivedere le proprie posizioni sul riso OGM conosciuto come “Golden rice”, Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace Italia, dichiara:

«Respingiamo al mittente le accuse secondo cui staremmo bloccando il “Golden rice”, si tratta di falsità. Lo sviluppo di questo riso OGM si è rivelato essere finora fallimentare, e non una soluzione per la carenza di vitamina A, tant’è che dopo oltre venti anni anni di ricerche e finanziamenti questo progetto è ancora in alto mare. Come ammesso dallo stesso International Rice Research Institute (IRRI), non è stato ancora dimostrato che il “Golden rice” sia in grado di far fronte alla carenza di vitamina A. Quindi, per essere chiari, stiamo parlando di qualcosa che non esiste nemmeno».

«Le aziende biotech cercano di esaltare questo riso OGM per spianare la strada di altri OGM per loro più redditizi. Il costoso esperimento del “Golden rice” non è riuscito a produrre risultati negli ultimi venti anni e ha solamente distolto attenzione e risorse da metodi non solo efficaci, ma soprattutto già esistenti. Invece di investire in questo oneroso esercizio di pubbliche relazioni, dobbiamo affrontare la malnutrizione attraverso una dieta più varia e un accesso al cibo più equo»

Per Greenpeace produrre cibo sano non serve solo a combattere la malnutrizione, ma è anche uno strumento per adattarsi ai cambiamenti climatici

«Per questo nelle Filippine, dove si svolge la ricerca sul “Golden rice”, stiamo già lavorando con contadini e altre ONG per aumentare la resilienza climatica in agricoltura», continua Ferrario. «C’è una reale possibilità per i governi e la comunità filantropica di sostenere questi sforzi attraverso l’investimento in agricoltura ecologica resiliente ai cambiamenti climatici. Dobbiamo permettere agli agricoltori di accedere a una dieta equilibrata e nutriente, invece di vanificare risorse per questo riso OGM», conclude.