• Mondo
  • Sabato 25 giugno 2016

Chi sarà il vice di Hillary Clinton

Per ora si fanno con ricorrenza tre nomi ma solo uno sembra davvero adatto al ruolo, racconta il Washington Post

di Jennifer Rubin – Washington Post

Hillary Clinton durante un comizio a Raleigh, in North Carolina, il 22 giugno 2016 (Sara D. Davis/Getty Images)
Hillary Clinton durante un comizio a Raleigh, in North Carolina, il 22 giugno 2016 (Sara D. Davis/Getty Images)

In un recente articolo del Washington Post si legge: «Secondo alcune persone informate all’interno del Partito Democratico, i responsabili della campagna elettorale di Hillary Clinton hanno iniziato a esaminare le posizioni, il passato e le operazioni finanziarie di almeno tre potenziali candidati alla vicepresidenza: il segretario per le Politiche Abitative e lo Sviluppo Urbano Julián Castro, la senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren e il senatore della Virginia Timothy M. Kaine». La lista potrebbe però essere più lunga, ed è difficile immaginare che solo questi tre siano i candidati principali.

Julian Castro

castro
(Chip Somodevilla/Getty Images)

Castro ha 41 anni ma sembra più giovane di Marco Rubio, il senatore Repubblicano della Florida sconfitto da Donald Trump alle primarie del Partito Repubblicano. Come segretario per le Politiche Abitative e lo Sviluppo Urbano è praticamente sconosciuto agli americani. Prima di ricoprire il suo attuale incarico, Castro è stato sindaco e consigliere comunale di San Antonio, in Texas. Nient’altro: non ha esperienza in politica estera e non ha ottenuto nessun risultato politico degno di nota. Se Clinton vuole presentarsi alle elezioni come l’opzione matura ed esperta, Castro non è la persona giusta. In sostanza, è un candidato vicepresidente alla Sarah Palin: bella faccia, casella della diversità etnica spuntata (Castro ha origini messicane) ma senza neanche lontanamente la maturità necessaria per subentrare al presidente nel caso in cui dovesse succedere l’inimmaginabile. C’è da sperare che il fatto che Castro rientri nella rosa finale sia semplicemente un modo per strizzare l’occhio alla comunità ispanica degli Stati Uniti.

Elizabeth Warren

warren
(Chip Somodevilla/Getty Images)

La scelta della senatrice Democratica del Massachusetts Elizabeth Warren contraddirebbe gli sforzi fatti da Clinton per intercettare i voti dei Repubblicani delusi. Warren è stata un’accademica per la maggior parte della sua vita. Fu nominata e poi rimossa dal ruolo di consigliere speciale dell’Ufficio per la tutela finanziaria dei consumatori degli Stati Uniti, ed è al Senato da meno di quattro anni – il suo unico incarico come funzionario eletto – dove non ha ottenuto nessun risultato significativo dal punto di vista legislativo. Warren è decisamente di sinistra ed è più in sintonia con Bernie Sanders che con Clinton, a cui ha dato il suo appoggio tardivamente. Potenzialmente non aggiunge niente alla candidatura di Clinton, se non un ulteriore credito con gli elettori di sinistra, che – davanti all’alternativa di votare per Trump – si sono già schierati dalla sua parte. A sfavore di Warren gioca anche il fatto che non va così d’accordo con Clinton, che non aiuterebbe a ottenere i voti degli elettori uomini, e che è ambiziosa, una caratteristica che nessun presidente vuole nel suo vice.

Tim Kaine

kaine
(Chip Somodevilla/Getty Images)

Tim Kaine è l’unica opzione vagamente qualificata. Già sindaco di Richmond, in Virginia, vicegovernatore e poi governatore della Virginia, Kaine è stato anche capo del Partito Democratico per un paio di anni, ed è stato eletto in Senato nel 2013. Parla spagnolo, e la sua scelta permetterebbe di spuntare più caselle: Kaine viene da uno stato in bilico, aiuterebbe Clinton a colmare il divario di genere della sua candidatura e consoliderebbe la sua immagine di funzionario pubblico moderato, benché poco entusiasmante. Certo, il suo discorso di replica a quello sullo Stato dell’Unione di Bush nel 2006 fu preso in giro, ma questo è un punto a favore della sua candidatura a vicepresidente: Clinton non vuole una stella carismatica ma un sostenitore affidabile.

Potrebbero anche esserci altri seri candidati nella lista, anche se due di loro, i senatori Sherrod Brown, dell’Ohio, e Cory Booker, del New Jersey, dovrebbero poi essere sostituiti – con nomina del governatore, in attesa delle elezioni – in stati governati da un Repubblicano: dal punto di vista della battaglia per la riconquista della maggioranza in Senato dei Democratici, questo sarebbe un grosso problema. Se Clinton fosse disposta a rischiare, potrebbe provare a convincere dei Repubblicani moderati, favorevoli al diritto di scelta delle donne sull’aborto (come il governatore del Nevada Brian Sandoval, o l’ex governatore della Pennsylvania ed ex segretario per la Sicurezza Interna Tom Ridge). Una scelta del genere, però, comporterebbe una serie di complicazioni dal punto di vista dei conflitti politici e potrebbe provocare una rivolta della base del partito.

Il fatto che le opzioni a disposizione dei Democratici siano poche non dovrebbe sorprendere: durante le primarie di solito i candidati sconfitti fanno da “riserve”, e stavolta praticamente non ce ne sono stati. L’unica regola davvero imprescindibile per i candidati alla vicepresidenza però è “non fare danni”, e questo è un ruolo per il quale Kaine probabilmente è ben attrezzato.

© 2016 – The Washington Post