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  • Domenica 12 giugno 2016

L’attentatore di Orlando si era detto dell’ISIS

Poco prima di uccidere 49 persone in un locale gay di Orlando, in Florida, Omar Mateen aveva chiamato il 911 dichiarando la sua appartenenza allo Stato Islamico

(AP Photo/Phelan M. Ebenhack)
(AP Photo/Phelan M. Ebenhack)

A Orlando, in Florida, 49 persone sono state uccise e altre 53 sono rimaste ferite nella sera tra sabato e domenica, nel corso di quella che è diventata la sparatoria di massa più grave nella storia recente degli Stati Uniti. Alle 2 del mattino (le 8 in Italia) Omar Mateen, un cittadino americano originario dell’Afghanistan, è entrato nel Pulse – tra i più noti locali gay della città – e ha iniziato a sparare sulla folla per poi prendere in ostaggio alcune decine di persone. La polizia ha fatto irruzione tre ore dopo, uccidendo Mateen e liberando 30 persone. Inizialmente il bilancio comunicato dalle autorità era di 50 morti: lunedì hanno spiegato che il numero comprende anche l’attentatore.

In un primo momento le motivazioni di Mateen non erano chiare: ora tutti i più importanti giornali americani scrivono che – secondo loro fonti – prima della strage Mateen ha chiamato il numero per le emergenze 911 per dichiarare la propria appartenenza allo Stato Islamico. L’FBI ha confermato la chiamata, ma non il suo contenuto. Diversi funzionari hanno spiegato a Reuters che non è ancora chiaro se Mateeen avesse effettivamente contatti con l’ISIS, o sia stato semplicemente ispirato dal gruppo terroristico. Dopo la strage, diversi account Twitter legati a simpatizzanti dell’ISIS hanno celebrato l’attacco.

Mateen aveva 29 anni e viveva a Port St. Lucie, una città a circa 200 chilometri da Orlando. Durante una conferenza stampa, l’FBI ha confermato che “il sospetto responsabile” della strage è Omar Amir Siddiq Mateen, un uomo nato a New York. Nel 2013 l’FBI aveva avviato alcune indagini sul suo conto, dopo che Mateen aveva detto ad alcuni colleghi di lavoro di avere legami e conoscenze con alcuni terroristi. Furono interrogati diversi testimoni, analizzati documenti e Mateen fu interrogato due volte e messo sotto sorveglianza. L’FBI non riuscì a rilevare nulla di strano e l’indagine fu chiusa. Nel 2014, Mateen fu di nuovo messo sotto indagine e interrogato, perché aveva detto di conoscere un terrorista suicida, ma ulteriori verifiche fecero concludere che il contatto tra i due fosse stato “minimo” e che non ci fossero particolari pericoli.

Durante la conferenza stampa, l’FBI ha inoltre confermato che Mateen aveva acquistato almeno due armi nelle ultime settimane. Lo aveva potuto fare perché le indagini nei suoi confronti erano state chiuse da tempo.

L’emittente NBC ha intervistato il padre di Mateen, che prima che fosse resa nota la notizia della telefonata al 911 aveva detto che «la religione non c’entra», e aveva aggiunto che suo figlio si era arrabbiato molto quando due mesi fa aveva visto due uomini baciarsi sulla spiaggia di Miami. La sua ex moglie ha detto al Washington Post che Mateen non era molto religioso e che era violento e «mentalmente instabile». SITE – l’organizzazione specializzata nello studio dell’estremismo islamico, in particolare sui social network – ha pubblicato alcune foto che ritrarrebbero Mateen.

All’inizio della sparatoria c’erano circa 300 persone all’interno del Pulse. Secondo le prime ricostruzioni, Mateen ha sparato colpi contro con un agente fuori servizio che lavorava alla sicurezza del locale per poi iniziare a sparare sulla folla che si trovava nel locale. Verso le 2 del mattino, i gestori della pagina Facebook del Pulse hanno scritto un messaggio in cui invitavano i clienti a uscire e a «continuare a correre».

pulse

L’arma utilizzata da Mateen è un AR-15, la versione civile del fucile d’assalto standard dell’esercito americano. Lo stesso tipo di arma fu utilizzato nel dicembre del 2012 per compiere la strage alla scuola Sandy Hook, in cui furono uccise 26 persone. Non è chiaro se Mateen avesse anche esplosivi. La polizia ha deciso di fare irruzione intorno alle 5 di mattina, circa tre ore dopo l’inizio della sparatoria. In quel momento, alcune decine di persone erano ancora in ostaggio all’interno del locale e altri si erano rifugiati nei bagni. La polizia ha fatto irruzione con un veicolo blindato, lanciando granate stordenti.

Durante l’irruzione c’è stata un’intensa sparatoria in cui un agente è stato colpito sull’elmetto (che probabilmente gli ha salvato la vita).

Orlando

Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha tenuto una breve conferenza stampa in cui ha confermato “decine di morti” a Orlando in seguito alla sparatoria. Obama ha detto che le indagini sono ancora in corso e che sarebbe prematuro arrivare a conclusioni, ricordando comunque che non si esclude nessuna causa. In oltre sette anni di presidenza, è stata la sua quindicesima conferenza stampa dopo una sparatoria di massa negli Stati Uniti.

Centinaia di persone si sono presentate negli ospedali di Orlando per donare il sangue, per dare aiuto alle persone rimaste ferite durante la sparatoria. Decine di volontari si sono organizzati per offrire acqua, cibo e conforto a familiari, amici e conoscenti delle persone morte o ferite nella notte che hanno raggiunto la zona del Pulse.

Prima di Orlando, la più grave sparatoria di massa era quella avvenuta il 16 aprile del 2007 alla Virginia Tech, quando Seung-Hui Cho, uno studente di origine sudcoreana, uccise 32 persone per poi suicidarsi. Venerdì sera, sempre a Orlando, un’ex concorrente del talent show “The Voice”, la cantante Christina Grimmie, 22 anni, è stata uccisa dopo un concerto mentre firmava alcuni autografi ai suoi fan. L’uomo che le ha sparato si è suicidato mentre i presenti cercavano di disarmarlo.