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  • Giovedì 9 giugno 2016

Le copertine dei libri diventano un’altra cosa?

Non sono più solo gli involucri di un blocco di pagine, ma anche dei rettangolini che guardiamo online: due grafici spiegano se questo cambia le cose

di Giacomo Papi – @giacomopapi

Lucy Feldman del Wall Street Journal ha notato che negli ultimi tempi molte copertine di libri americani e inglesi sono diventate gialle. La sua ipotesi è che la necessità di essere visibili online – Amazon negli Usa ormai copre intorno al 50 per cento delle vendite – stia spingendo grafici ed editori a usare colori sempre più sgargianti in copertina, rinunciando al contrasto più forte per l’occhio umano, ovvero il nero su bianco. A riprova dell’invasione gialla, Feldman ha fotografato una distesa di libri recenti, giallo limone, giallo cartuccia di stampante, giallo Pantone 108803. Il colpo d’occhio è convincente, ma lo stesso effetto si sarebbe potuto ottenere facilmente radunando copertine bianche, nere, rosse o bianche (le monocromie sono limitate, i colori primari sono tre – RGB).

In Italia, poi, il giallo non sarebbe una novità. È almeno dal 1929 – quando nacque la collana I libri Gialli, meglio nota come i Gialli Mondadori – che il giallo è una delle dominanti dell’editoria. Vent’anni fa, Stile libero Einaudi lo usò per le coste, e fu imitato da molti, per esempio da Strade blu Mondadori e dalle Farfalle Marsilio. Ed è almeno dagli anni Ottanta che grafici ed editori italiani puntano su colori accesi. L’effetto, paradossale, è che in un mondo coloratissimo, è l’assenza di colore a spiccare. Così è aumentato il bianco: sulla scia dei Supercoralli Einaudi sono arrivate, per dirne alcune, Isbn, Nottetempo, Quodlibet, la serie Bianca Feltrinelli (che è bianca fino a un certo punto).

La reazione al digitale è stata, quindi, anche quella di rafforzare l’aspetto cartaceo classico e le caratteristiche tipografiche dei libri. Se il giallo dei libri gialli non ha soluzione, rimane interessante la domanda. Il digitale trasforma gli oggetti in icone, impone la rinuncia alla terza dimensione, al tatto e all’odorato, e trasforma gli occhi negli unici giudici. Significa che le caratteristiche materiali del libro – la carta, la rilegatura, la porosità del colore – non dovranno in alcun modo indebolire la sua forza visiva. Ma soprattutto, che per rimanere visibili anche online le copertine dovranno reggere anche in formato ridotto, che su Amazon è 3,7 cm x 5,6 cm.

Cosa ne dicono Chipp Kidd e Paul Sahre
Per capire se Internet stia cambiando il modo di progettare le copertine dei libri, abbiamo girato la domanda via email a due dei più famosi disegnatori di copertine a livello mondiale, ottenendo risposte opposte. Il primo è Chipp Kidd, il book designer di Penguin Random House, uno per cui autori come Oliver Sacks si facevano inserire nei contratti la clausola che fosse lui a disegnare le loro copertine. Il suo ultimo libro, Così è se vi sembra, appena tradotto in Italia da Rizzoli, analizza il ruolo decisivo delle prime impressioni – o apparenze – nel dare giudizi e orientare le nostre scelte e la nostra vita. Per i libri la copertina è, appunto, la prima impressione. Risponde Chip Kidd: «Non penso che Internet influenzi il modo di progettare i libri. Certamente non influenza il mio. Quando andavo a scuola, più di 30 anni fa, ci dicevano: “Se una grafica funziona bene quando è molto piccola, funzionerà in maniera ancora più brillante quando sarà esplosa alle dimensioni reali”. Quindi ho utilizzato questo principio da prima che Internet esistesse».

Il secondo è Paul Sahre, illustratore del New York Times e designer di copertine tra i più apprezzati negli ultimi anni (ne abbiamo scritto qui). La sua risposta è opposta a quella di Kidd, ma in qualche modo la completa perché aggiunge qualcosa sul rapporto tra carta e immagine digitale: «Sì, Amazon sta cambiando la progettazione delle copertine, ma naturalmente il discorso si può allargare a tutti i social media e digitali. Le copertine hanno bisogno di essere leggibili su tutti gli schermi, spesso in dimensioni ridotte. Nella maggior parte dei casi, ma non in tutti, le sottigliezze del libro fisico nel digitale non si traducono bene. Un risultato può essere l’utilizzo di caratteri più grandi e in neretto».

Per spiegare le difficoltà che si possono incontrare durante la traduzione, Sahre fa un esempio. «Potrebbe interessarti questa storia: avevo disegnato una copertina per un libro di Patton Oswald intitolato Zombie Spaceship Wasteland. La copertina della prima edizione hardcover aveva colori contrastanti (blu e rosso) che vibravano una volta stampati. Quando la copertina ha incominciato ad apparire ovunque in digitale, l’effetto di compressione creava una sfocatura illeggibile dei colori. Era un casino ed era totalmente inaspettato. Chi progetta le copertine oggi ha bisogno di conoscere anche queste cose. Ecco come appariva. Sul mio sito sono riuscito a tenerla sotto controllo:

zombie

Per il paperback abbiamo abbandonato il progetto».

Cosa si dice in Italia
La differenza di opinioni tra Chipp Kidd e Paul Sahre si è riprodotta quasi identica anche con i due italiani interpellati, che però concordano sul fatto che oggi – che sia a causa di Amazon o del mercato in generale – occorre puntare su grafiche più essenziali e su un unico fuoco. «È in atto un processo di semplificazione visiva», dice Ottavio Di Brizzi, responsabile saggistica Rizzoli, «nelle librerie più grandi le copertine devono essere visibili anche a distanza e una cosa simile avviene online dove le copertine sono anche in scala 10 per cento. Ma non mi sembra si possa parlare di un effetto diretto del digitale, quanto della polverizzazione dell’attenzione. È un problema di affollamento che va al di là dell’online».

Quindi il digitale non ha un impatto sulle copertine dei libri? «La perdita di senso delle cornici tradizionali spinge a puntare sul quadro, e a semplificare il messaggio. In un universo affollato tutto quello che aggiunge sottrae. Negli Usa so che qualcuno fa copertine apposta per l’online, forse ha un senso per editori globali che si rivolgono a un mercato in lingua inglese, ma in Italia non potrebbe accadere». In Italia, in effetti, la vendita online di libri fisici è ancora molto lontana da quella negli Usa, che è ormai intorno al 50 per cento: secondo l’AIE, l’Associazione Italiana Editori, nel 2014 è stata del 13,8, quella di ebook del 3,4 per cento. Aggiunge Di Brizzi: «Per un editore Internet è l’ultimo dei pensieri, checchenediranno gli art director».

Riccardo Falcinelli è un art director che disegna copertine per Einaudi, minimumfax, Laterza, Carocci oltre che Pagina99, e ha scritto parecchi libri in materia. Infatti non è d’accordo: «Le librerie online invece hanno cambiato radicalmente il modo di progettare le copertine. La prima volta che un libro viene visto, oggi, è online, non in libreria, quindi deve funzionare anche in formato francobollo altrimenti sui social network non girerà. Bisogna sempre tenere presente che oggi il mondo è filtrato dall’iPhone». Gli editori ne tengono conto? «Quasi mai, l’editoria continua a concentrarsi sul contenuto del libro o sull’aspetto commerciale legato alla libreria. Spesso sono io che dico leviamo perché stiamo dando troppe informazioni. Ma le difficoltà più grandi sono con gli autori che vorrebbero tutto in copertina, e fanno fatica ad accettare che bisogna puntare su una cosa sola».

Le due fazioni in campo – semplificando: editori e designer – sono però d’accordo sul fatto che, oggi, la caratteristica più importante di una copertina è l’economia dell’informazione, non la sua ricchezza. «Chipp Kidd una volta ha detto che le librerie, anche quelle online, sono come le discoteche», dice Di Brizzi, «per attirare l’attenzione hai 3 secondi, al massimo 5, quindi sei libero di decidere di non vestirti bene, ma devi sapere che non avrai chance di essere notato. Il paradosso di Amazon è che il negozio più grande del mondo ha soltanto una vetrina. La visibilità è negata all’origine dal collo di bottiglia della vendita online. In questa situazione, l’unica cosa sensata da fare è cercare un elemento chiaro, un punctum, su cui far convergere l’attenzione».

Falcinelli è d’accordo: «È essenziale che ci sia un unico punto focale. Vale soprattutto per la narrativa che si rivolge a tutti, meno per la saggistica alta che parla a chi già sa. Quanto ai colori, in Italia sono sempre più o meno gli stessi: rosso, bianco e nero per i saggi; giallo, nero e rosso per la narrativa. Su una copertina i punti focali possibili sono tre: il nome dell’autore, se è molto famoso, il titolo se è memorabile, ma è molto raro, oppure l’immagine, che invece si può trovare sempre. Quindi, generalmente, è su quella che occorre puntare».

La faccia, la schiena e la grafica
La necessità di trovare un fuoco orienta anche la scelta dell’immagine e determina, anche secondo Falcinelli, le tre grandi tendenze generali delle copertine che oggi vengono fatte in Italia. «Da La solitudine dei numeri primi in poi», dice Falcinelli, «c’è stata una pesante intromissione nell’editoria dell’estetica dei giornali femminili, che da sempre puntano sul volto». Il punctum più immediato ed efficace è la faccia umana, e in questo l’estetica di Vogue si confonde e sconfina con quella delle foto segnaletiche (o dei selfie). Negli ultimi anni – almeno da Open di Agassi, ma probabilmente anche prima (in fondo è quello che fanno i Meridiani Mondadori dal 1969) – la faccia umana in primo e primissimo piano, che appartenga a sconosciuti o a persone famose, è il soggetto più ricorrente delle copertine italiane.

La secondo tendenza è mostrare la figura umana di schiena: dare le spalle al lettore è un gesto che è perfettamente speculare a guardarlo in faccia.

C’è poi una terza tendenza, minoritaria, che va nella direzione opposta e che reagisce al digitale puntando proprio sul carattere originario – libresco – dei libri. Negli ultimi anni, dopo decenni di assenza, anche in Italia come negli Usa, si torna a puntare sulla grafica e la tipografia.

Contrariamente a quanto sosteneva qualche anno fa un articolo dell’Atlantic Monthly, il digitale non sta affatto uccidendo le copertine dei libri, anzi, la loro importanza sembra aumentare.