Come funziona il silenzio elettorale

È una legge che vieta alcuni tipi di propaganda politica subito prima del voto: ma in molti credono sia anacronistica e “paternalista”

( ANSA/ALESSANDRO DI MEO)
( ANSA/ALESSANDRO DI MEO)

Sabato e domenica non ci sono stati politici in televisione a parlare delle elezioni amministrative di oggi e non ci sono stati nemmeno comizi: i vari candidati hanno concluso la loro campagna elettorale venerdì, con due giorni di anticipo sul voto. La ragione di questa pausa è il cosiddetto “silenzio elettorale”, una pratica diffusa in molti paesi del mondo che vieta di fare propaganda elettorale subito prima e durante le elezioni.

L’Italia ha una legge particolarmente severa su questa materia, ma che oggi risulta particolarmente anacronistica. Si tratta della legge 4 aprile 1956 n. 212 (PDF), modificata numerose volte negli anni successivi. In sostanza, la legge stabilisce che nel giorno in cui si vota e in quello precedente non si può fare propaganda in televisione e in radio, non si possono tenere comizi in luoghi aperti al pubblico e non si può fare alcuna forma di propaganda elettorale entro 200 metri dai seggi.

Più nel dettaglio, all’articolo 9 la legge stabilisce che «nel giorno precedente ed in quelli stabiliti per le elezioni sono vietati i comizi, le riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, la nuova affissione di stampati, giornali murali o altri e manifesti di propaganda. Nei giorni destinati alla votazione altresì è vietata ogni forma di propaganda elettorale entro il raggio di 200 metri dall’ingresso delle sezioni elettorali». E infine, per quanto riguarda radio e televisione, all’articolo 9-bis la legge dice che «nel giorno precedente e in quelli stabiliti per le elezioni è fatto divieto anche alle emittenti radiotelevisive private di diffondere propaganda elettorale».

L’idea alla base della legge è consentire ai cittadini un giorno per “riflettere” sul voto, senza l’assillo della propaganda dei partiti. In forme simili a quella italiana, il silenzio elettorale esiste anche in Francia, Spagna (PDF) e numerosi altri paesi. Non esiste invece nel Regno Unito e negli Stati Uniti, dove la prassi costituzionale ha ritenuto che la regola del silenzio elettorale violi la tutela della libertà d’espressione. In questi paesi è vietata la propaganda soltanto nelle immediate vicinanze del seggio.

Nei paesi dove invece vige il silenzio elettorale, molto lo criticano per la sua natura “paternalista”. In sostanza, è come se lo stato ritenesse i cittadini troppo influenzabili per potersi fare un’idea di cosa votare da soli: la legge servirebbe quindi per “proteggerli” e permettere loro di farsi un’idea in libertà. La legge italiana ha in più il problema di essere particolarmente anacronistica e ricca di ambiguità, come ha scritto in questi giorni il giornalista Beppe Severgnini sul Corriere della Sera. Ad esempio sono vietati comizi e le tribune televisive, due strumenti abbastanza in disuso per la propaganda elettorale. D’altro canto, nulla vieta la propaganda sui social network (che invece è vietata ai candidati francesi). Il divieto assoluto di propaganda, inoltre, vige solo entro 200 metri dai seggi e questo significa che oltre a questa distanza si possono distribuire volantini e fare ogni tipo di propaganda mobile (aerei con striscioni, camion con insegne e via dicendo).