Quanta marijuana è troppa per guidare?

È difficile rispondere a questa domanda, dato che il nostro corpo la assorbe in modo diverso dall'alcol e ne conserva tracce per settimane

(KENZO TRIBOUILLARD/AFP/Getty Images)
(KENZO TRIBOUILLARD/AFP/Getty Images)

Stabilire il rapporto tra legalizzazione della marijuana e sicurezza nelle strade è molto complicato: misurare cioè gli effetti temporanei del THC, il principio attivo della marijuana, su un guidatore non è così semplice come stabilire la presenza di alcol nel suo corpo. La “AAA Foundation For Traffic Safety”, organizzazione statunitense specializzata nella promozione di politiche per la sicurezza stradale, ha commissionato uno studio che dimostra come in sei stati che hanno legalizzato l’uso di marijuana le leggi sui guidatori che risultano positivi al THC non abbiano, di fatto, alcuna base scientifica. La conclusione dello studio è che la presenza di THC nel sangue entro una certa soglia non permette di stabilire in modo attendibile se la capacità di una persone alla guida è stata compromessa oppure no.

Il corpo assorbe l’alcol e la cannabis in modi differenti. L’ubriachezza è direttamente correlata alla presenza di alcol nel sangue (ed è rilevabile con un semplice test sul posto) mentre l’alterazione temporanea sulla capacità di guida indotta dalla marijuana non si può stabilire con certezza. Si possono condurre dei test solo riguardo la presenza di marijuana nel metabolismo, e non riguardo i suoi effetti temporanei: e gli effetti della marijuana prodotti nel metabolismo possono restare all’interno del corpo per ore, per giorni e a volte anche settimane, prima che scompaiano, senza che abbiano conseguenze dirette nella vita quotidiana. Poiché ciascuno metabolizza la droga in maniera differente, un test può dire semplicemente se un guidatore ha fumato marijuana o no nei giorni o nelle settimane precedenti alla rilevazione. La presenza di THC non significa insomma necessariamente che l’assunzione di marijuana abbia causato un’alterazione temporanea dei sensi e quindi maggiore pericolo alla guida.

Le proposte legislative più severe chiedono la punizione per guida sotto effetto di sostanze stupefacenti per i conducenti nel cui corpo viene trovato del THC. Questo però comporterebbe il divieto di guidare anche per settimane dopo aver fumato una canna, ed escluderebbe anche le persone che avevano assunto la marijuana per ragioni mediche. In Montana, Washington, Pennsylvania, Ohio e Nevada, scrive il New York Times, i conducenti sono considerati presunti colpevoli se hanno una certa quantità di THC nel sangue. In Colorado, dove la presenza di almeno 5 nanogrammi di THC porta a una probabile accusa di guida sotto sostanze stupefacenti, è permesso fornire delle prove al processo per dimostrare che la propria capacità di guida non era stata compromessa.

Dopo la legalizzazione della cannabis in Colorado, Radley Balko aveva scritto un articolo per il Washington Post, tradotto qui, raccontando come i “proibizionisti” avessero rafforzato la loro posizione presentando una serie di studi che dimostravano come in altri stati – in cui l’uso in ambito medico della marijuana era già stato legalizzato – c’era stato un aumento del numero di guidatori sotto effetto di marijuana coinvolti in incidenti mortali. Balko scriveva però:

«È credibile che allentando le leggi in materia di utilizzo di marijuana si riscontri una percentuale più alta di guidatori coinvolti in incidenti mortali che hanno fumato marijuana nei giorni o nelle settimane precedenti. Una percentuale più alta la si può trovare anche fra quelli che vanno in chiesa, fra buoni samaritani e volontari alle mense per i poveri, che potrebbero avere tracce di marijuana nel proprio corpo. Percentuali più alte di marijuana potrebbero essere riscontrate in qualsiasi ampio campione di persone. Questo non significa necessariamente che l’assunzione di marijuana abbia causato o che abbia avuto un ruolo negli incidenti o nelle violazioni del codice stradale.

Allo stesso tempo, però, neanche questa è una prova che la marijuana non sia stata un fattore in almeno alcuni di quegli incidenti. Ma è proprio questo il punto: i test condotti dopo gli incidenti non riescono a chiarire se la marijuana c’entrasse o meno».

Lo studio della “AAA Foundation for Traffic Safety” conclude che le leggi basate su un semplice superamento di una soglia di concentrazione di THC nel corpo non sono efficaci, raccomanda l’inclusione di altri elementi nella valutazione (il parere di uno specialista, per esempio) e il miglioramento della tecnologia per valutare gli effetti temporanei della cannabis.