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  • Sabato 14 maggio 2016

Trump ha finto per anni di essere il suo addetto stampa

Il Washington Post racconta la bizzarra storia di come Trump rispondesse al telefono spacciandosi per un certo John Miller, per parlare della disinvolta vita sessuale del suo capo

Donald Trump e la sua allora fidanzata, la modella Marla Maples, in una foto del 1991 (AP Photo)
Donald Trump e la sua allora fidanzata, la modella Marla Maples, in una foto del 1991 (AP Photo)

Venerdì 13 maggio il Washington Post ha pubblicato un articolo nel quale sostiene che tra gli anni Settanta e i primi anni Novanta il candidato Repubblicano designato alle presidenziali americane Donald Trump ha più volte parlato con i giornalisti fingendo di essere un suo addetto stampa. Secondo il Washington Post, nelle conversazioni Trump parlava spesso delle sue relazioni sessuali e sentimentali e lo faceva in terza persona, utilizzando nomi falsi. Il Washington Post ha ricostruito questa storia grazie alla registrazione di una di queste telefonate e parlando con diversi giornalisti e collaboratori di Trump. Dopo l’articolo del Washington Post Trump ha negato la storia, senza però fornire molti dettagli.

Secondo la ricostruzione del Washington Post, Trump ha utilizzato principalmente due nomi falsi per le sue telefonate: John Miller e John Barron. Il secondo nome è una sorta di piccola ossessione di Trump: “il barone” (“the baron”, inglese) era uno dei suoi soprannomi preferiti: lo impose anche come nome del protagonista di un film TV del 2004 ispirato alla sua vita, e lo scelse nel 2006 per il suo quinto figlio, avuto con Melania Trump.

Sue Carswell, che nel 1991 lavorava per la rivista People, è una dei giornalisti che si trovarono a parlare con Trump/Miller. Carswell ha raccontato di aver avuto il suo primo contatto con John Miller dopo aver chiamato l’ufficio di Trump per fare alcune domande sulla fine del suo matrimonio con Ivana Marie Zelníčková e sulla sua relazione con la modella Marla Maples. Trump/Miller la richiamò dopo cinque minuti e iniziò a raccontarle molti dettagli sul perché Trump avesse lasciato Maples e su come stesse iniziando una relazione con Carla Bruni: «Non vuole davvero impegnarsi in questo periodo – spiegò Trump/Miller – è appena uscito da un matrimonio e gli affari cominciano ad andargli davvero bene».

Nella lunga conversazione, Trump/Miller raccontò a Carswell molte storie sulla vita privata di Trump: parlò di telefonate da parte di modelle per uscire con lui, di una serata passata con la cantante Madonna, e del fatto che avesse in tutto tre fidanzate. Tra le altre cose, Trump/Miller fece anche una precisazione: nonostante la sua vita sregolata, Trump «crede fermamente nel matrimonio» e «quando prenderà una decisione, quella sarà una ragazza molto fortunata». Carswell racconta che era particolarmente scettica durante la telefonata, anche perché il suo interlocutore le sembrava proprio Trump (che ha una voce e un accento particolarmente riconoscibili). A un certo punto, Carswell domandò a Trump/Miller: «Ma tu da dove arrivi?». La risposta fu piuttosto generica: «Mi occupo di comunicazione per diverse società». Subito dopo, Trump/Miller fece l’ennesimo complimento al suo capo: «Non ho mai visto nessuno così immune alle critiche della stampa».

Carswell intitolò il suo articolo: “Trump dice addio a Marla e benvenuta a Carla… e un misterioso ufficio stampa che parla esattamente come Trump sta diffondendo la storia”. Dopo la pubblicazione, Trump invitò Carswell a passare una serata con lui e Marla Maples. Venne fuori che non solo non aveva lasciato la modella, ma che questa lo aveva convinto a invitare a cena la giornalista per scusarsi di averla ingannata. Durante la serata Trump disse che la chiamata da parte di John Miller era «uno scherzo andato male».

Non sembra che siano stati molti i giornalisti a cadere nell’inganno di Trump/Miller. Alcuni hanno detto che le sue telefonate erano “inquietanti” e “da brividi”, mentre per altri erano soltanto una specie di scherzo. A un certo punto le chiamate di Trump/Miller erano divenute così comuni che divennero una battuta ricorrente nelle redazioni dei tabloid newyorkesi. A Trump era andata meglio qualche anno prima, quando nel corso degli anni Ottanta, numerosi articoli sugli affari di Trump citavano come fonte un certo “John Barron”, indicato a volte come un dirigente o un addetto stampa dell’organizzazione di Trump.

Dopo l’uscita dell’articolo del Washington Post Trump ha negato di aver mai usato il nome John Miller durante il programma Today della rete NBC. Venerdì, nel corso di una lunga intervista sulla sua situazione economica, un reporter del Washington Post gli ha chiesto se avesse mai lavorato con un certo John Miller. La linea è caduta immediatamente. Quando il giornalista ha provato a richiamare il suo ufficio gli è stato detto che Trump non era più disponibile.