Com’è il nuovo disco dei Radiohead

Molte canzoni vengono da lontano, molte sono belle: un po' di storie, appunti, e prime impressioni

I Radiohead domenica sera hanno pubblicato su internet il loro nuovo disco, A moon shared pool, che era stato annunciato tre giorni prima ed era stato anticipato da due video pubblicati la settimana precedente. I Radiohead hanno messo in vendita il disco solo sul sito della band e su iTunes, e in streaming su Apple Music e Tidal, e non su Spotify. Il disco fisico sarà venduto da giugno, in formati diversi dedicati a fans e collezionisti.
La lista delle canzoni ha detto subito un paio di cose, una grande e una piccola. Quella grande è che molte erano già note, risalenti a periodi diversi della storia della band, spesso suonate in concerto ma mai pubblicate (salvo una, in un live del 2001, in versione differente). La piccola è un’apparente bizzarria che è difficile immaginare sia una coincidenza: la tracklist è in ordine alfabetico, come a confermare la non sequenzialità e unitarietà del disco.

Invece, musicalmente, A moon shaped pool ha un’identità molto omogenea, e molto distinta dal precedente disco dei Radiohead. E sta ricevendo molti apprezzamenti soprattutto dai vecchi appassionati della band: come se ci fosse bisogno di un gran bel disco di belle canzoni nel solco delle belle canzoni dei Radiohead, piuttosto che di ulteriori sperimentazioni e sovversioni. Questi sono un po’ di prime impressioni e appunti sulle canzoni una per una.

Burn The Witch
Era stata la prima canzone diffusa la settimana scorsa, quella col video angosciante coi pupazzetti che qualcuno ha messo in relazione con il giustizialismo da social network, e qualcuno con le crisi dei migranti. Molti archi, un po’ Michael Nyman e un po’ “Viva la Vida” dei Coldplay, un ritmo serrato e ansiogeno che poi sparisce quasi del tutto nel resto del disco. Non era mai stata suonata pubblicamente, ma la sua esistenza nell’archivio della band era nota da più di dieci anni.

Daydreaming
La seconda canzone mostrata per annunciare il disco, con un video di Paul Thomas Anderson, e che aveva ricevuto anche più apprezzamenti della prima. Un valzer, e un sogno, come dice il titolo: un ipnotico lamento di Thom Yorke – che inizia a cantare dopo un minuto e 19 – con arrangiamento minimo e melodico di tastiere e textures, e che è la vera introduzione ai toni prevalenti del disco, di dolcezze e inquietudini da dormiveglia. Alla fine si sente la musica russare, ed è un classico gioco di voce riprodotta all’incontrario.

Decks Dark
Prosegue gli andamenti della precedente, e si capisce che è un altro disco rispetto al precedente The king of limbs, e che investe più sulle dolcezze inquietanti che sulle angosce dissonanti (terze vie, i Radiohead non ne conoscono da un pezzo).

Desert Island Disk
Thom Yorke l’aveva suonata durante un concerto a Parigi lo scorso dicembre, assieme a “The numbers” e a “Present tense”, lasciando capire che sarebbero state probabilmente in un nuovo disco dei Radiohead. Adesso c’è la chitarra acustica di Jonny Greenwood a sostenere le sillabe trascinate da Thom Yorke.

Ful Stop
Insieme a “Identikit” è una delle due canzoni che i Radiohead avevano suonato dal vivo nel tour dopo l’ultimo disco, The king of limbs, del 2011. Qui soprattutto suoni di sintetizzatori e drum machine, un andamento ferroviario e incalzante. “You’ve really messed up everything”, dice Yorke, e stanno già circolando molte ipotesi sui riferimenti dei frequenti versi allarmati o disperati del disco (“Beyond the point of no return/and it’s too late, the damage is done”, è in “Daydreaming”): la separazione di Yorke dalla sua compagna di 23 anni, l’anno passato, è il riferimento più evocato in giro, ma stiamo anche parlando di canzoni che esistevano da molto prima.

Glass Eyes
Rispetto alle altre, è quasi una canzone convenzionale, con Thom Yorke che “canta”, e la musica presente e cinematografica, ma come un passo indietro.

Identikit
Qui Yorke è di nuovo andato a cantare nella stanza accanto, su un ritmo quasi ska. Un lento ska. Poi arriva un coro, un po’ ecclesiastico, della London Contemporary Orchestra. A momenti Portishead, era stata fatta dal vivo dal 2011.

The Numbers
Canzone piena di cose, suoni e invenzioni, anche brevissime. Gli archi, di nuovo, un coro a bocca chiusa, un finale accogliente, ma con un ultimo dubbio.

Present Tense
È una canzone del 2009 che Thom Yorke aveva suonato dal vivo con la formazione degli Atoms for peace. Qui la chitarra suona iberica, un po’ Paco de Lucia, ma come in tutte le altre suggestioni del disco, trasformata in tutt’altra musica, radioheadizzata. Il pezzo più ballabile del disco, con un coro morriconiano a un certo punto.

Tinker Tailor Soldier Sailor Rich Man Poor Man Beggar Man Thief
Il titolo è quello di una filastrocca, citata e stracitata. I suoni un po’ più disordinati e tesi che nelle altre canzoni.

True Love Waits
È una canzone addirittura del 1995, che era stata l’unico inedito in un EP dal vivo che i Radiohead avevano pubblicato nel 2001 (allora la faceva Thom Yorke da solo, con chitarra: ora è pianoforte). Pezzo dolcissimo del genere lamentoso, particolarmente onirico, magnificamente conclusivo.
“I’m not living, I’m just killing time”.