Annalisa Chirico e il caso Morosini

Una spiegazione chiara della storia e dell'articolo che da giovedì mattina agitano le discussioni intorno a politica e magistratura

Piergiorgio Morosini nel 2012. (ANSA / MICHELE NACCARI)
Piergiorgio Morosini nel 2012. (ANSA / MICHELE NACCARI)

Annalisa Chirico è la giornalista autrice dell’articolo che più degli altri oggi ha agitato la politica italiana e le discussioni intorno: è uscito sul Foglio, intitolato “Perché i magistrati vogliono fermare Renzi” – con virgolette sulla versione cartacea, senza sulla versione online – ed è la trascrizione di una conversazione informale con Piergiorgio Morosini, magistrato, consigliere del Consiglio Superiore della Magistratura – cioè l’organo di autogoverno della magistratura – ed esponente di Magistratura Democratica, la corrente più “di sinistra”, tra molte virgolette.

L’articolo di Chirico – che è la terza parte di una più ampia inchiesta sulla magistratura – attribuisce a Morosini frasi e posizioni molto dure su temi controversi e delicati, soprattutto sul governo e sui suoi progetti di riforma. Tra le altre cose, Morosini dice che «bisogna guardarsi bene dal rischio di una democrazia autoritaria» e «per questo al referendum costituzionale il prossimo ottobre bisogna votare no», e poi:

«Se passa la riforma costituzionale, abbinata all’Italicum, il partito di maggioranza potrà decidere da solo i membri della Consulta e del Csm di nomina parlamentare. Renzi farà come Ronald Reagan, una bella infornata autoritaria di giudici della Suprema Corte allineati con il pensiero repubblicano su diritti civili, economia… Uno scenario preoccupante»

Sul governo Renzi e i suoi esponenti, Morosini dice: «Il problema è che sono dei mestieranti, buoni a gestire il potere. Che discorso di prospettiva può fare uno come Luca Lotti? E vogliamo parlare della Boschi? Se uno la accosta ad altre personalità impegnate sul fronte delle riforme costituzionali, ad Augusto Barbera o a Giuliano Amato, vengono i brividi». Poi ancora, sul magistrato Raffaele Cantone, messo da governo a capo dell’autorità anti-corruzione: «Lui, come Gratteri, è un uomo Mondadori. Non so se mi spiego. Quando firmi libri Mondadori, l’azienda ha interesse a trasformarti in un personaggio per vendere più copie. Ti invitano in tv, diventi un volto noto e poi la politica ti chiama».

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L’articolo comprensibilmente ha attirato molte attenzioni e commenti, e in mattinata Giovanni Legnini – vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura – ha risposto a Morosini: «Sono inaccettabili gli attacchi a esponenti di governo e parlamento. Noi pretendiamo rispetto per le nostre funzioni, ma per farlo dobbiamo prima di tutto assicurare rispetto ai rappresentanti dei poteri dello Stato». Andrea Orlando, ministro della Giustizia, ha chiesto a Legnini «un incontro formale per un chiarimento» sulle parole di Morosini. David Ermini, responsabile Giustizia del PD, ha detto che avrebbe «terrore a farmi giudicare da uno così». Giovanni Canzio, primo presidente della Corte di Cassazione, ha detto che «delegittimare i poteri dello Stato, denigrare i magistrati anch’essi servitori dello Stato lede l’immagine del CSM e l’indipendenza della magistratura».

Nel corso della riunione del CSM, Morosini si è difeso dicendo di sentirsi «ferito» e sostenendo che le sue parole fossero state «travisate». Morosini ha detto: «Mi sono state attribuite delle affermazioni che non ho mai fatto e dalle quali prendo con nettezza le distanze. Prima fra tutte quella del titolo: non ho mai detto che Renzi va fermato». Poi ha detto di non aver mai dato l’intervista e che si trattava solo di un «colloquio informale» (in Italia, dove non si usa la distinzione tra off the record e on the record, conta un po’ poco: conta se una cosa è stata detta o no). Claudio Cerasa, direttore del Foglio, nel pomeriggio ha fatto notare che Morosini ha smentito solo la frase riportata nel titolo – che non compare nell’articolo – e nient’altro: «Il colloquio con la nostra giornalista c’è stato, e ha toccato proprio quei temi. […] L’unica frase smentita resta quella del titolo». Annalisa Chirico ha scritto su Twitter: «Il titolo lo fa il titolista. Il testo è fedele al colloquio».

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Per quanto il ciclo delle notizie della politica italiana si sviluppi di solito attorno a polemiche simili, che durano l’arco di una giornata senza lasciare molte tracce, la questione nata dalle parole di Morosini si allaccia a diversi temi importanti per il Parlamento e il governo: da settimane, infatti, si parla di un nuovo conflitto tra governo e magistratura, soprattutto dopo le bellicose dichiarazioni di Piercamillo Davigo, presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, alcune particolari situazioni giudiziarie che hanno coinvolto membri del governo o del PD (da Lodi a Tempa Rossa) e in vista del referendum costituzionale del prossimo ottobre. A margine di tutto questo c’è il fatto che Annalisa Chirico, la giornalista del Foglio autrice dell’articolo con le parole di Morosini, è tra le altre cose la compagna di Chicco Testa, manager indicato più volte negli ultimi giorni dalla stampa come probabile nuovo ministro per lo Sviluppo economico. Testa nel pomeriggio ha scritto su Twitter: «Le dichiarazioni di Morosini fanno definitiva chiarezza su quale sia l’atteggiamento di una parte della Magistratura. In modo esplicito».