Questa strana cometa può dirci molto sul nostro passato

Sfuggì alla turbolenta formazione della Terra finendo ai margini del sistema solare, ora è tornata: non ha una coda e si comporta da asteroide

Elaborazione grafica di come si presenta la cometa C/2014 S3 (ESO)
Elaborazione grafica di come si presenta la cometa C/2014 S3 (ESO)

A oltre 980 milioni di chilometri da noi, c’è un pezzo di roccia e ghiaccio che secondo i ricercatori prese forma miliardi di anni fa nello stesso luogo e nello stesso periodo in cui si formò la Terra, e che ancora oggi conserva intatte buona parte delle caratteristiche degli elementi che portarono alla formazione del nostro pianeta. Questo grande frammento di ghiaccio e materiale roccioso è una cometa (C/2014 S3) osservata per la prima volta un paio di anni fa dal telescopio Pan-STARRS1 alle Hawaii e in seguito dal Very Large Telescope dell’European Southern Observatory (ESO) in Cile. A differenza delle sue colleghe, C/2014 S3 è una cometa senza coda: cioè non ha dietro di sé la classica lunga scia di polveri e gas che si formano quando il Sole scalda questi corpi celesti.

Lo studio delle comete è importante perché contengono al loro interno materiali risalenti ai primi stadi di formazione del nostro sistema solare, rimasti sostanzialmente intatti e quindi utili per capire meglio come si formarono i pianeti, compreso il nostro (per questo nel 2014 l’Agenzia Spaziale Europea ha condotto uno storico atterraggio su una cometa con la missione Rosetta). Secondo le teorie più condivise, circa 4,5 miliardi di anni i frammenti dei materiali che portarono alla formazione della Terra e degli altri pianeti rocciosi si sparpagliarono a grandi distanze dal sistema solare, a causa della loro interazione con le orbite dei quattro giganti gassosi Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Finirono in un’area chiamata nube di Oort, la cui esistenza è solo ipotizzata perché è talmente buia e remota da non essere osservabile direttamente con i sistemi attuali.

oort

Ogni frammento segue una propria orbita e talvolta lascia la nube di Oort finendo nel sistema solare interno, dove diventa osservabile, come è successo a C/2014 S3 due anni fa, prima che riprendesse la sua via verso la nube. La cometa fu osservata per la prima volta nel 2014 da Pan-STARRS1, un telescopio che viene utilizzato soprattutto per identificare il passaggio di comete e asteroidi (a differenza delle comete, gli asteroidi sono rocciosi e non composti per la maggior parte di ghiaccio). Il telescopio mappa l’intero cielo e segnala quindi l’esistenza di migliaia di detriti di varie dimensioni, di solito poco interessanti. C/2014 S3 attirò invece l’attenzione dei ricercatori per la forma della sua orbita, che indicava una provenienza dalla nube di Oort. A differenza di altre comete provenienti dalla stessa zona, era senza coda.

In seguito il gruppo di ricerca, guidato dall’astronoma Karen J. Meech della University of Hawaii, approfondì le sue conoscenze su C/2014 S3 utilizzando il Very Large Telescope dell’European Southern Observatory in Cile, scoprendo qualche altra stranezza con l’analisi della luce riflessa dal corpo celeste (spettro): la cometa senza coda contiene molto meno ghiaccio rispetto alla media e ha una composizione paragonabile a quella degli asteroidi di tipo S, ricchi di silicati (nichel, ferro, magnesio) e che tipicamente si trovano nella cosiddetta fascia degli asteroidi tra i pianeti Marte e Giove.

L’astronomo Olivier Hainaut dell’ESO ha spiegato la sorpresa che ebbe con i suoi colleghi quando analizzò i dati: “Se mi avessero mostrato solo lo spettro, avrei detto che si trattava di un altro stupido asteroide. Ma se mi avessero mostrato solo l’orbita, avrei detto ‘già, è una classica cometa con un lungo periodo orbitale’. Non mi aspettavo per niente di trovare un asteroide roccioso in un’orbita della nube di Oort”. Qualcosa non quadrava e inizialmente il gruppo di ricerca ipotizzò che C/2014 S3 non fosse una cometa, ma un asteroide finito per qualche motivo nella nube di Oort non molto tempo fa e poi rimbalzato nuovamente nel sistema solare interno, dove era stato possibile osservarlo con i telescopi. Ma ulteriori analisi esclusero questa ipotesi, perché il materiale roccioso della cometa non è stato modificato dal Sole. Semplificando molto: C/2014 S3 è una palla d’impasto che non è mai stata infornata, mentre gli asteroidi di solito sono pagnotte ben cotte.

Meech ha spiegato che “questo è il primo asteroide crudo mai trovato: è stato conservato nel miglior freezer possibile”. Insieme ai suoi colleghi, Meech scrive su Scienze Advances che C/2014 S3 faceva parte dell’enorme quantità di frammenti di roccia che si saldarono tra loro nei processi che portarono alla formazione dei pianeti rocciosi, ma che per qualche accidente gravitazionale sfuggì e fu proiettato insieme a chissà quanti altri frammenti nella nube di Oort dove si è conservato praticamente intatto per miliardi di anni, fino ai giorni nostri.

C/2014 S3 non ha una coda visibile proprio perché è formata principalmente da rocce, mentre la quantità di ghiaccio è trascurabile rispetto a quella di molte altre comete, che sono paragonabili a grandi palle di neve miste a qualche frammento di roccia. La sua osservazione dimostra inoltre quanto sia labile il confine tra le definizioni di cometa e asteroide: C/2014 S3 è fatta per lo più di roccia e ha moltissimo in comune con gli asteroidi, ma è “cruda” come le comete.

Sfortunatamente la cometa senza coda osservata da Meech e colleghi è molto distante da noi e si sta tuffando nuovamente nella nube di Oort, quindi non sarà possibile studiarla più approfonditamente. I ricercatori confidano comunque che prima o poi dalla nube faccia capolino qualche altro corpo celeste simile e con un’orbita tale che lo porti ad avvicinarsi di più alla nostra. L’osservazione di altre comete senza coda potrebbe aiutarci a capire se nella nube di Oort ci sono più oggetti rocciosi o ghiacciati, un dato importante per capire come si formò il nostro sistema solare, spiega Hainaut: “Abbiamo trovato la prima cometa rocciosa, ora ne cercheremo altre. A seconda di quante ne troveremo, potremo sapere se i pianeti danzarono per il sistema solare quando erano giovani, o se invece crebbero quieti senza muoversi troppo”.