• Moda
  • Martedì 26 aprile 2016

Che ruolo avrà l’intelligenza artificiale nella moda

Un software ci darà dei consigli su cosa comprare e indossare? E dirà alle case di moda quali sono le cose che ci piacciono di più?

Una pagina di Thread
Una pagina di Thread

La rivista Business of Fashion (BoF) ha immaginato come la moda potrebbe servirsi dell’intelligenza artificiale e dei dati ricavabili da social network e siti di e-commerce. Software capaci di analizzare i dati potrebbero fornire alle aziende di abbigliamento l’analisi delle tendenze e ai clienti la possibilità di un’esperienza personalizzata sui rivenditori online; in futuro i sistemi di intelligenza artificiale potrebbero essere usati anche per aiutare gli stilisti a essere più creativi, aiutandoli a disegnare e a trovare spunti e idee.

I “big data” per le case di moda

Un sistema di intelligenza artificiale, in grado di fare previsioni sulle nuove tendenze e sui gusti delle persone analizzando le vendite dei prodotti, potrebbe rivelarsi uno strumento importante per le aziende di moda. Oggi i rivenditori di capi di abbigliamento si affidano al loro gusto e alla loro esperienza per scegliere i prodotti per i loro negozi e decidere quanti acquistarne, per poi proporli ai loro clienti; non sempre però riescono a indovinare quali saranno i più richiesti. Un programma in grado di studiare le abitudini di spesa dei clienti di un determinato marchio e dei suoi concorrenti potrebbe aiutare ad accordare domanda e offerta, se non suggerire come presentare i capi in modo che risultino più attraenti ai clienti.

I dati forniti dai siti di e-commerce potrebbero indicare, per esempio, quali sono i colori, i materiali e gli stili preferiti in un certo paese o in una determinata città, mettendo insieme le informazioni sui capi più acquistati. Anche i social network potrebbero fornire dati sulle tendenze. Esistono già aziende che offrono a rivenditori e case di moda la possibilità di studiare dati sui propri concorrenti per essere più competitivi; la britannica Edited ha costruito un software che è in grado di riconoscere e classificare i capi di abbigliamento a partire dalle immagini dei capi in vendita sui siti online, e di ricavarne informazioni in più di 30 paesi e per più di 35 lingue; Stylumia invece è un programma che mette insieme i dati ricavati da siti di e-commerce, video e social network per trovare nuove tendenze.

I bot come “personal shoppers

Un altro strumento di intelligenza artificiale che probabilmente sarà usato sempre di più in futuro sono i bot, i programmi che rispondono alle domande degli utenti e, ancora con molte limitazioni, conversano con loro. Attraverso Messenger, la app per scambiarsi messaggi su Facebook, si possono già fare acquisti online; a metà aprile, non appena è stato possibile, il sito di e-commerce Spring ha attivato un bot che permette di vedere e scegliere i capi di abbigliamento a cui si è interessati direttamente su Messenger.

Thread è un servizio online che a seconda dei gusti, delle esigenze e delle caratteristiche fisiche dell’utente propone capi di abbigliamento da acquistare online scelti tra 200mila opzioni, tra cui prodotti dei marchi Burberry, Jigsaw e Topman. Il software tiene in considerazione anche il clima del luogo in cui il cliente vive e quali prodotti sono stati acquistati da persone con abitudini simili; per ora è disponibile solo per gli uomini. Il marchio di abbigliamento tecnico e sportivo The North Face ha collaborato con IBM per personalizzare l’uso del suo sito di e-commerce: grazie al sistema di intelligenza artificiale Watson, gli utenti del sito sono guidati nel fare acquisti come lo sarebbero in un negozio fisico; fornendo informazioni su genere, periodo dell’anno ed esigenze personali ricevono consigli specifici per le loro necessità.

Esistono anche app (come Snap Fashion e ASAP54) che permettono di riconoscere i capi di abbigliamento a partire da immagini di persone viste per strada o in fotografia e che grazie a un motore di ricerca propongono prodotti simili in vendita online. Tuttavia queste app sono ancora lontane dal fornire informazioni affidabili, secondo Business of Fashion.