L’inchiesta di Report sulle vincite in gettoni d’oro nei programmi RAI

Riguarda il livello di impurità dell'oro vinto ai quiz, superiore a quanto annunciato dalla RAI: la puntata andrà in onda stasera

Stasera a Report, uno dei programmi televisivi più noti di inchieste giornalistiche, andrà in onda un servizio su una presunta contraffazione dei gettoni d’oro con cui la RAI premia i vincitori dei suoi quiz. L’inchiesta di Report è stata anticipata questa mattina da un articolo di Sergio Rizzo sul Corriere della Sera, giornale con cui Report in passato ha spesso collaborato.

Rizzo scrive che l’inchiesta è basata sul caso di Maria Cristina Sparanide, che nel 2013 vinse 100mila euro durante una puntata del quiz Red or Black – in realtà 64mila tolte tasse e commissioni varie. Sparanide è stata pagata in gettoni d’oro, che però ha scoperto non essere composti da materiale “puro” come sostenuto dalla RAI: al posto di avere solo 0,1 grammi di materiali impuri per ciascun chilo d’oro, i gettoni di Sparanide hanno 5 grammi di impurità, una percentuale 50 volte superiore a quella dell’oro “puro”. Report sostiene che i gettoni siano forniti alla RAI dalla Zecca di Stato, che però a sua volta riceve l’oro principalmente da un’unica banca: Banca Etruria, che alcuni mesi fa era praticamente fallita ed è stata “salvata” dallo stato italiano.

Tutto comincia quando alla signora Maria Cristina Sparanide, che nel 2013 ha vinto 100 mila euro alla trasmissione Red or Black su Raiuno arriva una lettera della Zecca, incaricata dalla Rai di coniare quattro gettoni d’oro del valore unitario di 20 mila euro per saldare il conto. Perché 80 mila euro e non 100 mila? Semplice: ci sono le tasse, ma questo il concorrente lo sa.

Quello che invece apprende solo quando legge la lettera del Poligrafico dello Stato è che deve pagare pure l’Iva sebbene, spiega il servizio di Ranucci, l’imposta non sia dovuta sull’oro per investimento, cioè quello definito da una direttiva comunitaria come «lingotto o placca». E non ha ragione forse la Treccani a definire il gettone d’oro una «placca»? A questa domanda, però, a quanto pare nessuno sa, può o vuole rispondere. Non il ministero dello Sviluppo. Non le Finanze. Né l’Agenzia delle Entrate.

Oltre alle tasse, all’Iva e al costo del conio del gettone c’è poi un’altra voce a carico del vincitore: il calo del 2 per cento dovuto alla fusione. Come se su un chilo d’oro si perdessero 20 grammi ogni volta che si fonde il metallo. Decisamente curioso. A conti fatti, la vincita di 100 mila euro si riduce così a poco più di 64 mila. Ma se l’Iva e quel fantomatico calo, sono questioni legate a interpretazioni astruse di norme astruse, ben altra storia è quella della qualità del metallo. I gettoni che escono dalla Zecca sono marcati come oro fino: 999,9. Quando però la signora Sparanide li porta a un’azienda orafa per farli valutare, il risultato la lascia di stucco: non è oro purissimo.

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