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  • Mercoledì 13 aprile 2016

I guai di Filippo Nogarin a Livorno

Il sindaco del M5S è accusato di non aver fatto gli interessi del comune in una complicata faccenda sulla costruzione della discarica del Limoncino

Il sindaco di Livorno Filippo Nogarin (Federico Bernini / LaPresse)
Il sindaco di Livorno Filippo Nogarin (Federico Bernini / LaPresse)

Da qualche giorno i giornali nazionali sono tornati a parlare della discarica del Limoncino di Livorno: è una storia che tra processi, esposti e sequestri va avanti da anni e nella quale era stata coinvolta l’amministrazione comunale a guida PD prima del 2014 e ora anche il nuovo sindaco Filippo Nogarin, eletto alle ultime amministrative con il Movimento 5 Stelle. La faccenda si è molto complicata negli ultimi mesi e Nogarin è ora accusato di non aver fatto gli interessi del Comune in una causa riguardante la discarica e qualche giorno fa si è detto sicuro del fatto che riceverà presto un avviso di garanzia.

La discarica del Limoncino si trova a Monte La Poggia, a circa dieci chilometri da Livorno. Venne ricavata da una ex cava dopo anni di lavori, una riqualificazione dell’area stabilita dal comune e 6 milioni di euro di investimenti. L’azienda proprietaria della discarica è la Bel.ma della famiglia Bellabarba. La discarica non è mai stata aperta: prima a causa di un sequestro durato tre anni e poi a causa di un processo civile ancora in corso per stabilire la natura della strada che porta all’impianto: vicinale a uso pubblico come si diceva quando governava il PD o privata come è stato stabilito ora che governa il M5S. La questione è importante perché da questo tecnicismo dipende il passaggio dei camion all’impianto.

Il sequestro venne stabilito nell’ottobre del 2011 durante lo svolgimento di un processo penale contro alcuni tecnici del Comune, della Provincia e contro i Bellabarba a cui si arrivò dopo un’inchiesta della Procura di Livorno avviata per il sospetto che durante l’iter del progetto del Limoncino fossero stati commessi reati di abuso d’ufficio e reati ambientali. Nel marzo del 2014 il giudice decise l’assoluzione di tutti gli imputati e stabilì il dissequestro della discarica: non venne infatti dimostrato alcun rischio ambientale legato al Limoncino.

Nel frattempo era stato creato un comitato locale anti-discarica molto attivo e fu avviato un processo civile. In primo grado, nel 2013, la strada che portava alla discarica, prima riconosciuta come strada pubblica, venne riconosciuta a uso privato. L’azienda e i legali del comune di Livorno, allora guidato da una giunta di centrosinistra, ricorsero in appello. Da una parte c’era il comitato anti-discarica e dall’altra c’erano i Bellabarba e l’amministrazione comunale PD. Nel giugno del 2014 ci furono nuove elezioni e vinse Nogarin del Movimento Cinque Stelle che durante la campagna elettorale si schierò e venne sostenuto dal comitato anti-discarica.

Attualmente le parti sembrano essersi invertite. Il M5S si è sempre detto contrario alla realizzazione della discarica ma la giunta guidata dal M5S formalmente è ancora dalla parte dell’azienda nella causa civile. Secondo la famiglia Bellabarba l’amministrazione sta però favorendo la sua stessa controparte, cioè il comitato. I Bellabarba hanno dunque presentato in febbraio un esposto in Procura (che ha fatto partire un’inchiesta per abuso d’ufficio) e all’inizio di marzo un ricorso al TAR nel quale chiedono un risarcimento di 54 milioni di euro, pari a circa un terzo del bilancio del Comune. Secondo i Bellabarba il Comune guidato da Nogarin avrebbe favorito il comitato anti-discarica attraverso una serie di irregolarità amministrative: avrebbe, tra l’altro, passato ai legali del comitato alcuni documenti deliberati dalla giunta “in tempo reale”. L’obiettivo, secondo i ricorrenti, sarebbe stato quello di poter depositare questi documenti nel giro di poche ore alla Corte d’Appello dove è ancora in corso la decisione sulla natura della strada. Quegli stessi documenti non erano però stati ancora trasmessi ai legali del Comune.

Nogarin ha negato ogni accusa, ha spiegato che «la documentazione è stata fornita rispettando i tempi» e ha detto di non aver fatto «niente di più o di meno di ciò che è scritto» nel suo mandato di governo: «Lo faccio non per il comitato ma per tutti i cittadini che mi hanno votato». Il sindaco ha anche detto di essere sicuro di ricevere un avviso di garanzia ma che, anche in quel caso, non si dimetterebbe.