L’aborto è troppo difficile in Italia, dice il Consiglio d’Europa

Ha risposto a un ricorso presentato dalla CGIL, dicendo anche che i medici non obiettori sono discriminati

(Ansa)
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Il Consiglio d’Europa, l’organizzazione internazionale europea con sede a Strasburgo che si occupa di promuovere la democrazia e il rispetto dei diritti umani nei suoi 47 stati membri (e che non fa parte delle istituzioni dell’Unione Europea), si è pronunciato su un ricorso del sindacato CGIL sulla situazione degli aborti in Italia. Il Consiglio d’Europa ha detto che in Italia è troppo difficile per le donne interrompere le gravidanze, e che i medici non obiettori – cioè quelli disposti a praticare l’aborto – sono discriminati. Il ricorso era stato presentato dalla CGIL nel 2013 per denunciare il fatto che l’articolo della legge 194/78 – quella che regola l’aborto in Italia – che tratta l’obiezione di coscienza non prevede sufficienti garanzie che nelle strutture ospedaliere sia sempre presente un numero minimo di personale non obiettore che possa praticare l’interruzione di gravidanza.

Le donne in Italia continuano a incontrare «notevoli difficoltà» nell’accesso ai servizi d’interruzione di gravidanza, nonostante quanto previsto dalla legge 194 sull’aborto. L’Italia viola quindi il loro diritto alla salute. Lo ha affermato il Consiglio d’Europa, pronunciandosi su un ricorso presentato dalla Cgil. «Le donne che cercano accesso ai servizi di aborto – si legge nelle conclusioni – continuano ad avere di fronte una sostanziale difficoltà nell’ottenere l’accesso a tali servizi nella pratica, nonostante quanto è previsto dalla legge ».

Secondo il Consiglio d’Europa, l’Italia discrimina medici e personale medico che non hanno optato per l’obiezione di coscienza in materia di aborto. Questi sanitari, in base alle rilevazioni effettuate, sono vittime di «diversi tipi di svantaggi lavorativi diretti e indiretti».