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  • Mercoledì 9 marzo 2016

La crisi mondiale dello snowboard

Il numero di praticanti è in calo da anni per via dei costi e delle condizioni climatiche: molte grandi aziende hanno tagliato le sponsorizzazioni e le uniche buone notizie arrivano dalla Cina

(Tom Pennington/Getty Images)
(Tom Pennington/Getty Images)

In molti paesi lo snowboard sta vivendo da tempo una lunga crisi e il numero di praticanti è in costante diminuzione da anni. Le difficoltà dello snowboard, che di conseguenza si riflettono sul mercato, sono dovute principalmente alle recenti difficoltà economiche di molti paesi e alla variabilità delle condizioni climatiche. In Italia e in Europa è almeno da dieci anni che il mercato dello snowboard si trova in difficoltà, negli Stati Uniti invece il problema è leggermente più recente. La crisi economica ha spinto molte persone a tagliare le spese superflue e lo snowboard è uno degli sport che richiede più soldi per avere anche solo un equipaggiamento minimo. La diminuzione della popolarità dello snowboard è causata anche dalle scarse nevicate degli ultimi inverni, comuni sia alle località montane del Nord America sia agli impianti sciistici delle Alpi.

Secondo lo SnowSports Industries America, un gruppo commerciale che fra le altre cose monitora i consumi e la popolarità degli sport invernali nel Nord America, lo snowboard ha registrato il picco massimo di praticanti fra il 2010 e il 2011, quando il numero stimato era di circa otto milioni. Nei successivi tre anni il numero è sensibilmente calato e solo nella scorsa stagione è leggermente aumentato, principalmente per via di ragazzi con meno di diciotto anni.

Con il declino della popolarità, anche il mercato dello snowboard è stato parecchio ridimensionato. Secondo il National Sporting Goods Association, un’associazione che registra i dati commerciali degli articoli sportivi negli Stati Uniti, i ricavi delle vendite di equipaggiamento per lo snowboard sono calati di oltre novanta milioni di dollari dal 2007 al 2013. I dati preliminari di quest’anno indicano che le vendite sono aumentate del 25 per cento nell’ovest degli Stati Uniti ma sono calate ancora del quattro per cento su base nazionale. Oltre alle condizioni economiche, il mercato nordamericano è stato danneggiato anche dalle condizioni climatiche: il 25 per cento di chi pratica snowboard in America vive nella costa occidentale, dove negli ultimi anni ha nevicato molto poco e in cui vaste zone sono alle prese con seri problemi di siccità da almeno quattro anni. Questo inverno inoltre, le nevicate sono state scarse anche nel nord-est degli Stati Uniti.

In molti paesi europei e soprattutto in Italia, la crisi del mercato dello snowboard è ancora più profonda ed è iniziata leggermente prima di quella americana. Le ragioni però sono più o meno le stesse: le condizioni atmosferiche e quelle economiche. Nelle ultime stagioni invernali, come nel 2006 e nel 2007, nella maggior parte delle zone montane del paese ha nevicato molto poco e gli impianti sciistici non sono riusciti ad attirare il solito numero di persone. Sempre nel 2007, per via della crisi economica, le vendite del settore degli sport invernali, compreso lo sci, hanno iniziato a calare sensibilmente. Lo snowboard è lo sport che ha sofferto più di tutti, per via del costo elevato del materiale necessario per praticarlo: nel 2012 una tavola per principianti poteva costare fra i 200 e 300 euro, e la tavola non è l’unica spesa da sostenere, sono necessari anche gli indumenti adatti e altro equipaggiamento come caschi, occhiali e protezioni. Anche lo sci ha costi elevati, ma gode di una maggiore popolarità ed è diffuso fra tutte le fasce di età: lo snowboard invece è praticato soprattutto dagli under 40.

Alcune aziende del settore hanno dovuto ridimensionare notevolmente la propria struttura e diminuire le spese chiudendo alcuni marchi secondari e svariati punti vendita. In altri paesi europei come Andorra, Austria e Svizzera, il numero di turisti che praticano snowboard è troppo basso per essere rilevante in termini commerciali. In Spagna, come in Italia, la crisi economica ha abbassato il numero di presenze nelle località montane e di conseguenza il numero di praticanti.

La crisi dello snowboard continua da molti anni nonostante lo sport sia stato inserito nel 1998 tra gli sport olimpici. Nelle ultime edizioni delle Olimpiadi invernali le specialità legate allo snowboard sono sempre aumentate: alle Olimpiadi invernali di Sochi del 2014 lo snowboard metteva in palio dieci medaglie per dieci diverse specialità, nel 2010 erano solamente sei.

Guardando una gara delle ultime Olimpiadi però, o anche altre importanti competizioni, si potevano notare diversi segnali della difficile situazione dello snowboard: molti atleti gareggiavano senza sponsor, pur essendo nell’evento più importante per gli sport invernali. Una delle aziende principali ad aver tagliato di netto la propria divisione dedicata agli sport invernali è stata la Nike. Nel 2014, Nike annunciò la propria uscita dal mercato e terminò la sponsorizzazione di molti atleti, anche importanti. Un’altra azienda statunitense molto importante nel settore, la Quiksilver, si trova da tempo in grosse difficoltà economiche e lo scorso settembre ha dichiarato il proprio fallimento.

Al momento, l’unica speranza per lo snowboard è rappresentata dal mercato cinese, dove il numero di praticanti sotto i 40 anni sta aumentando rapidamente ed è probabile che aumenti ancora di più grazie alle Olimpiadi invernali di Pechino, che si terranno nel 2020. Per fare un esempio delle potenzialità del marcato cinese, nel 2004 c’erano solo due milioni di cinesi che praticavano lo sci, oggi sono diventati circa dieci.