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  • Lunedì 7 marzo 2016

Si può praticare l’eutanasia su persone con disturbi mentali?

In Olanda e Belgio sì, se la richiesta è «volontaria e ben ponderata»: alcuni esperti però sostengono che i medici spesso decidono in modo superficiale

di Charles Lane - Washington Post

Un kit per la somministrazione domiciliare dell'eutanasia a Bruxelles (ETIENNE ANSOTTE/AFP/Getty Images)
Un kit per la somministrazione domiciliare dell'eutanasia a Bruxelles (ETIENNE ANSOTTE/AFP/Getty Images)

Il paziente psichiatrico olandese 2014-77 aveva subito abusi ed era stato trascurato da bambino. A circa dieci anni gli fu diagnosticato l’autismo, e per all’incirca i vent’anni successivi continuò a iniziare e interrompere cure e terapie, tentando più volte il suicidio. Successivamente i medici osservarono che il paziente soffriva terribilmente per la sua incapacità di creare relazioni: «Reagiva ai problemi in modo spontaneo, intenso e a volte estremo, e questo gli creava problemi». Qualche anno fa il paziente 2014-77 chiese al suo psichiatra di porre fine alla sua vita. In Olanda i medici possono eseguire l’eutanasia non solo per malattie fisiche in fase terminale ma anche dietro una richiesta «volontaria e ben ponderata» da parte di qualcuno che soffre «in modo insopportabile» di disturbi mentali incurabili. Il medico si rifiutò perché era convinto che il suo caso fosse curabile e aveva scrupoli morali. Tuttavia il dottore girò la richiesta ad alcuni colleghi, come impongono le leggi olandesi, che curarono il paziente 2014-77 per un altro anno prima di sancire che il suo caso fosse in effetti senza speranza e fosse il caso di acconsentire alla sua richiesta somministrandogli, nei tempi previsti, una dose mortale di farmaci. Così, un uomo sui trent’anni affetto solo da autismo è diventato una delle 110 persone sottoposte a eutanasia per disturbi mentali in Olanda tra il 2011 e il 2014 (facendo i paragoni in base alla popolazione totale, è come se ne fossero morte circa 390 in Italia).

Il paziente 2014-77 compare sul sito in olandese dei “Comitati Regionali Olandesi per l’Analisi dell’Eutanasia”, l’organo che esamina i casi di eutanasia in Olanda, e che raramente trova errori. Dei 5.306 casi di eutanasia in Olanda citati nel rapporto dei Comitati per il 2014, la stragrande maggioranza era dovuta a malattie fisiche. L’organo ha riscontrato l’assenza di “cure adeguate” in quattro casi, cioè nello 0,08 per cento del totale. Non è chiaro quali siano state le conseguenze di queste conclusioni, sempre che ce ne siano state.

Medici di altri paesi hanno iniziato a studiare in modo indipendente i casi, sempre più frequenti, di eutanasia ai pazienti olandesi affetti da disturbi mentali, e i risultati non sono rassicuranti. Secondo lo studio dello psichiatra Scott Kim del National Institutes of Health, un centro di ricerca medica statunitense, che ha esaminato 66 casi sui 110 totali dal 2011 al 2014, i pazienti psichiatrici olandesi spesso sono stati sottoposti a eutanasia nonostante i medici che li avevano in cura non fossero tutti convinti che ci fossero i presupposti legali per farlo. In 37 casi i medici hanno somministrato l’eutanasia nonostante i pazienti avessero rifiutato cure potenzialmente benefiche. In sette casi i medici non hanno chiesto una perizia psichiatrica indipendente, come raccomanda invece l’associazione degli psichiatri olandese. L’organo regolatore olandese aveva però riscontrato un solo caso in cui non erano state somministrate “cure adeguate”, con conseguenze poco chiare. Il rapporto di Kim, pubblicato il 10 febbraio sulla rivista JAMA Psichiatry, invalida la nozione stessa di una richiesta «volontaria e ben ponderata» nel caso di pazienti che per definizione soffrono di problemi a livello cognitivo e/o emotivo. Alcuni medici olandesi hanno avallato la richiesta di suicidio assistito di una donna sulla settantina apparentemente lucida e fisicamente sana, che sosteneva che la sua vita aveva «perso significato» dopo che l’anno prima il marito si sottopose all’eutanasia per una malattia fisica in fase terminale. Lo stesso è stato fatto per alcuni pazienti affetti da allucinazioni visive o uditive.

Secondo le linee guida dell’Associazione Mondiale di Psichiatria sull’eutanasia, presentate vent’anni fa, «gli psichiatri che hanno in cura pazienti gravemente impossibilitati o incapaci di prendere una decisione informata dovrebbero essere particolarmente cauti nell’intraprendere azioni che potrebbero portare alla morte dei soggetti che non possono tutelare sé stessi a causa della loro disabilità». Lo psichiatra della Columbia University Paul S. Appelbaum ha scritto in un articolo di accompagnamento allo studio di Kim che tra i rischi più evidenti c’è «togliere speranze a soggetti affetti da patologie simili e diminuire le sollecitazioni per un miglioramento dei servizi psichiatrici e sociali». Applebaum si chiede se «la legalizzazione della morte assistita porterà gli psichiatri a considerare accettabile rinunciare a curare i propri pazienti».

Per alcuni medici è già così. Nel 2009 Tine Nys, una donna belga di 37 anni, rimase traumatizzata dalla fine di una relazione sentimentale e iniziò a cercare un dottore disposto a somministrarle l’eutanasia, come consentito dalle leggi del Belgio, simili a quelle olandesi. Nys aveva un passato di disturbi mentali, tra cui un tentato suicidio durante l’adolescenza, ma negli ultimi tempi stava bene. Nel febbraio 2010 però le fu diagnosticato l’autismo e due mesi dopo si era sottoposta all’eutanasia. Le sue due sorelle hanno recentemente condannato l’atteggiamento superficiale del medico che le ha somministrato l’eutanasia. Applebaum, che è presidente del comitato etico dell’Associazione Mondale di Psichiatria, ha detto che parlerà della situazione nei Paesi Bassi in occasione di un incontro a Monaco il prossimo marzo.

Ma ormai è troppo tardi. Dopo che nel 2002 in Olanda fu autorizzata l’eutanasia per le malattie fisiche, le richieste per estendere questo diritto a chi è affetto da disturbi mentali furono inevitabili e, a rigor di logica, coerenti. Richieste simili si stanno diffondendo anche in altri paesi: in Canada si sta discutendo su come applicare una sentenza della Corte Suprema che l’anno scorso ha sancito il diritto a una «morte medicalmente assistita» nel caso di «patologie mediche dolorose e incurabili». Un gruppo di esperti che forniscono consulenza all’Ontario e ad altre dieci tra province e territori canadesi ha già richiesto che la sentenza sia estesa ai disturbi mentali. D’altra parte la Corte Suprema Canadese nella sua sentenza ha sottolineato chiaramente come in Belgio e Olanda «non sono stati riscontrati l’abuso e l’impatto eccessivo previsti sulle fasce vulnerabili della popolazione».

© 2016 – Washington Post