Perché nessuno anticipa mai i vincitori degli Oscar?

Pensateci: non si riesce a evitare che le foto private delle attrici o i film finiscano online, eppure quelli non trapelano mai. Il motivo è che fanno le cose all'antica

di Kyle Stock – Bloomberg

Cate Blanchett fa finta di strappare a Brian Cullinan la valigetta con i risultati degli Oscar al Dolby Theater di Los Angeles, il 2 marzo 2014 (Al Seib/LA Times via Getty Images)
Cate Blanchett fa finta di strappare a Brian Cullinan la valigetta con i risultati degli Oscar al Dolby Theater di Los Angeles, il 2 marzo 2014 (Al Seib/LA Times via Getty Images)

Hollywood non è brava a tenersi i segreti. Negli ultimi anni alcune delle sue star più famose hanno visto le loro foto private pubblicate su internet, e pochi mesi dopo Sony Pictures ha subìto un grave attacco hacker che ha causato una piccola crisi diplomatica. A dicembre chiunque avesse voluto vedere The Revenant, candidato all’Oscar per il miglior film, poteva trovarne facilmente una versione diffusa su internet pochi giorni prima che il film uscisse al cinema. Come mai allora i nomi dei vincitori dell’Oscar non trapelano mai in anticipo? Perché l’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, l’organizzazione che assegna i premi Oscar, diffida comprensibilmente dei computer. Quando si tratta di votare, l’Academy fa le cose all’antica.

Innanzitutto l’Academy – che ha quasi 6.300 membri votanti – non vede mai le schede con i voti, che vengono consegnate direttamente a PwC, la società che si occupa anche della revisione dei conti dell’Academy. Una volta arrivate a PwC, le schede vengono gestite da un gruppo di sole sei persone, e le 24 categorie dell’Oscar sono divise in modo che solo due persone del gruppo abbiano il quadro completo dei risultati. Per un aspirante hacker il modo migliore per entrare in possesso dei dati sarebbe probabilmente intercettare la maggior parte dei voti, che vengono inviati digitalmente a PwC, che fornisce a ogni membro votante un login e una password unici. I voti sono criptati con una tecnologia «simile a quelle usate da società di servizi finanziari e in alcuni contesti militari», ha scritto in un’email Megan DiSciullo, portavoce di PwC. Alcuni membri dell’Academy sono persino più prudenti e usano un metodo per così dire “tradizionale”: per evitare il rischio di violazioni digitali, un piccolo gruppo usa ancora schede cartacee. Una volta arrvati a PwC i voti digitali vengono stampati e contati a mano a porte chiuse in un posto segreto. Un po’ come l’elezione di un papa, solo che in questo caso tra i candidati spesso ci sono Jack Nicholson e Sean Penn. La maggior parte dei membri dell’Academy può votare in tutte le categorie.

Quest’anno il conteggio dei voti toccherà a Martha Ruiz e Brian Cullinan, due dei circa 120 soci della sede di Los Angeles di PwC. Il conteggio inizia il mercoledì mattina. Se tutto va secondo i piani, i vincitori vengono decretati entro venerdì sera, senza usare file Excel o cose del genere. «Lavoriamo fino a notte inoltrata», ha raccontato Ruiz, «dobbiamo contare ogni voto per essere sicuri di non aver sbagliato i conti». Il compito più difficile è determinare il miglior film, che non per forza è quello che ha raccolto il maggior numero di preferenze assolute: ai membri votanti è chiesto di classificare in ordine di preferenza i film candidati (quest’anno sono otto) e non di sceglierne uno come in altre categorie. Le schede per il miglior film sono impilate in base alle preferenze assolute. La pila più bassa viene poi ridistribuita a seconda del film in seconda posizione su ogni scheda, e il processo viene ripetuto finché un film ha più della metà delle schede. Un film con solo una manciata di preferenze potrebbe potenzialmente vincere, nel caso in cui fosse stato indicato in seconda posizione in un numero sufficiente di schede.

Se il tutto vi sembra confuso e faticoso, probabilmente non siete consulenti fiscali. Ruiz e Cullinan dovranno memorizzare i vincitori per ogni categoria, prima di inserire in una valigia dei cartoncini per i presentatori e andare a casa. Per circa due giorni saranno praticamente le uniche persone al mondo che conoscono i vincitori degli Oscar. Sono importunati alle feste? I vicini chiedono loro di segnalare con un colpo di tosse se il vincitore sarà Mad Max? O il mistero causa liti coniugali? Non esattamente. «Mio marito mi conosce troppo bene», ha raccontato Ruiz, «sa che non deve farmi troppe domande». Cullnan invece cerca di tenersi occupato: «Questa settimana è il periodo dell’anno in cui tutti sono interessati a parlare con me o Martha», ha detto.

Per PwC gli Oscar sono un’occasione straordinaria per farsi pubblicità: uno di quegli eventi di grande visibilità per cui le società a contatto con i clienti sarebbero disposte a pagare profumatamente pur di parteciparvi. PwC si è rifiutata di fornire i dettagli finanziari del suo accordo per il conteggio dei voti, cioè se viene pagata o se invece paga pur di svolgere il lavoro. L’Academy è cliente di PwC per la revisione contabile tutto l’anno.

La cosa strana è che se PwC dovesse sbagliare il conteggio dei voti, l’Academy non lo verrebbe mai a sapere. Allo stesso modo nessuno conoscerà il distacco dei vincitori dagli altri candidati. Dopo il conteggio di questa settimana le schede saranno distrutte, e neanche l’Academy potrà vederle. «Abbiamo i nostri preferiti», ha detto Cullinan, «ma le nostre previsioni non sono migliori di quelle di chiunque altro».

Cullinan e Ruiz non sono preoccupati di sbagliare il conteggio. La loro paura più grande è strozzarsi in qualche modo davanti a 40 milioni di persone. L’anno scorso Cullinan avrebbe dovuto salire sul palco per mostrare la valigia con i risultati. Non avrebbe dovuto parlare ma il presentatore, Neil Patrick Harris, ha deciso di improvvisare. Circa tre minuti prima del momento in cui avrebbe dovuto essere sul palco, Cullinan si è ritrovato con un microfono davanti. «Prepari questo momento per mesi e all’ultimo minuto chiedono al tizio dei conti di improvvisare», ricorda di aver pensato. Alla fine Cullinan se l’è cavata, arrossendo un po’ quando Harris gli ha fatto notare la sua somiglianza con Matt Damon.

Ma la paura più grande è ovviamente quella di un annuncio sbagliato, che nel settore viene definito ormai “fare come Steve Harley” (dal nome del presentatore che lo scorso dicembre ha sbagliato l’annuncio della vincitrice di Miss Universo). Nel caso in cui uno dei presentatori non dovesse seguire il copione, o interpretare male le parole scritte sul cartoncino con il nome del vincitore, Ruiz e Cullinan sono pronti a intervenire e sistemare le cose. «Siamo come gli arbitri in un grande evento sportivo», ha raccontato Cullinan, «se tutto va bene, nessuno si accorgerà della nostra presenza».

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