Renzi e Juncker hanno fatto pace

Dopo mesi di critiche reciproche, il presidente del Consiglio e quello della Commissione Europea si sono incontrati a Roma: si sono accordati sui migranti e la famosa "flessibilità"

(AP Photo/Gregorio Borgia)
(AP Photo/Gregorio Borgia)

Venerdì il presidente del Consiglio Matteo Renzi si è incontrato con il presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker, dopo che i due si erano scambiati critiche e frecciate per più di due mesi. L’incontro è stato definito da tutti gli osservatori molto cordiale. Nella conferenza stampa, ad esempio, Renzi ha detto: «Condividiamo la linea della Commissione sulla flessibilità, vorrei fosse scolpito sulla pietra», riferendosi ai margini di manovra che la Commissione concede agli stati membri sulle restrizioni alla spesa pubblica. In sostanza, l’incontro ha mostrato che governo italiano e Commissione sono d’accordo su alcuni aspetti della crisi dei migranti. Renzi, inoltre, sembra aver ridotto le sue pretese sul tema della “flessibilità”.

La crisi dei migranti
Lo “scontro” tra Renzi e Juncker è cominciato lo scorso inverno, quando il presidente del Consiglio ha iniziato a criticare con sempre più durezza la gestione della crisi dei migranti da parte della Commissione. Renzi in particolare ha criticato la lentezza con cui è stato implementato il piano di ricollocamento dei richiedenti asilo che oggi si trovano in Grecia e in Italia. Al 24 febbraio, su 160mila richiedenti asilo che avrebbero dovuto essere ricollocati in due anni, soltanto 598 sono stati trasferiti in altri paesi europei: la colpa di questa situazione è di vari stati membri, soprattutto dell’Europa orientale, che non erano d’accordo col piano e lo stanno attuando con riluttanza o non lo stanno attuando affatto.

Alcuni Commissari hanno poi accusato l’Italia di non aver preso le impronte digitali dei richiedenti asilo che arrivavano nel nostro paese, come previsto dal trattato di Dublino per identificare il paese che si deve occupare della sua richiesta (secondo Dublino, il primo in cui mette piede entrando in Europa). Secondo le accuse della stessa Unione Europea, il governo italiano avrebbe appositamente trascurato di prendere le impronte a circa metà dei migranti, probabilmente per affrettare il transito dei migranti verso altri paesi.

Nell’incontro di ieri, però, è emerso che Italia e Commissione hanno anche diversi avversari politici in comune nella crisi migratoria. Juncker, ad esempio, ha criticato duramente – pur senza nominarli – i paesi balcanici che insieme all’Austria stanno introducendo controlli e limiti sempre più severi sui loro confini. Poche settimane fa, il governo austriaco aveva lasciato intendere la possibilità di ripristinare i controlli alla frontiera con l’Italia, un’idea che aveva causato dure proteste da parte del governo italiano. Durante la conferenza stampa Juncker ha definito “esemplare” la gestione della crisi dei migranti da parte dell’Italia.


Che diavolo è questa “flessibilità”?

Il tema più importante dell’incontro però, è stato quello della flessibilità. Per mesi Renzi e altri membri del governo hanno polemizzato nei confronti della Commissione sostenendo che in Europa c’era bisogno di più “flessibilità”. Per molto tempo non è stato chiaro cosa intendessero per “flessibilità”. Ora probabilmente è diventato più chiaro: estendere anche all’anno prossimo l’allentamento di alcuni parametri economici che l’Italia ha già deciso di concedersi nell’ultima legge di stabilità.

La “flessibilità” infatti è una cosa ben specifica ed illustrata nel dettaglio da un documento (PDF) che la Commissione Europea ha pubblicato il 13 gennaio 2015. Nel testo viene spiegato che uno stato membro può chiedere di sforare il deficit annuale dello 0,5 per cento, rispetto ai parametri concessi, se nell’anno precedente ha approvato riforme in grado di migliorare le sue prospettive economiche, e di un ulteriore 0,2 per cento per eventi straordinari. Nella legge di stabilità per il 2016, il governo si è già preso tutti questi margini, giustificando lo 0,5 per cento in più con le riforme come il Jobs Act, e lo 0,2 per cento in più con la crisi dei migranti. In teoria però si tratta di clausole una tantum e cioè che possono essere invocate una volta soltanto: il governo italiano se le è già arrogate quest’anno, e sulla carta non potrebbe richiederle per altre future leggi di stabilità.

Alcuni hanno ipotizzato che le generiche richieste del governo fossero un modo per mettere pressione sulla Commissione Europea, che a maggio dovrà decidere se concederci effettivamente o meno i margini più ampi – o che fossero un modo per mettere le mani avanti per una richiesta di flessibilità anche per la prossima legge di stabilità. Altri hanno scritto che si trattava soprattutto di una tattica di politica interna: criticare l’Europa per non farsi sottrarre troppo consenso da partiti “euroscettici” come il Movimento 5 Stelle o la Lega Nord.

Juncker non si è espresso sul giudizio che a maggio la Commissione darà sulla legge di stabilità italiana (è probabile che saranno richiesti dei cambiamenti, anche perché il peggioramento della situazione economica rende alcuni calcoli fatti dal governo lo scorso inverno non più attuali) e su questo tema Renzi ha dichiarato: «Useremo tutta la flessibilità che ci sarà concessa». In passato, Renzi aveva dichiarato che in caso di bocciatura il governo avrebbe ripresentato la legge di stabilità tale e quale.  Il tema su cui sembra esserci invece stata un’apertura da parte della Commissione è sulla possibilità di estendere la flessibilità anche nel 2017. Nelle prossime settimane, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e il commissario all’Economia Pierre Moscovici si incontreranno per discutere di questa possibilità.