A che punto è il caso Apple-FBI

Tim Cook ha accusato il governo degli Stati Uniti di volere inserire "l'equivalente software di un cancro" negli iPhone e dice che sarebbe un pericoloso precedente

Il CEO di Apple, Tim Cook, intervistato da ABC News (ABC)
Il CEO di Apple, Tim Cook, intervistato da ABC News (ABC)

Aggiornamento delle 21.10: Apple ha chiesto a un tribunale di annullare l’ordine che la costringerebbe ad aprire un accesso secondario a un iPhone nell’ambito delle indagini sulla strage di San Bernardino.

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Nel corso di un’intervista mandata in onda mercoledì 24 febbraio da ABC negli Stati Uniti, il CEO di Apple – Tim Cook – è tornato a difendere la decisione di non fornire all’FBI un accesso secondario a un iPhone per ottenere dati nell’ambito delle indagini sulla strage di San Bernardino, in California, dello scorso anno. Cook ha detto che il governo statunitense sta di fatto chiedendo ad Apple di creare “l’equivalente software di un cancro” per entrare nello smartphone, superando i sistemi di sicurezza che la stessa azienda ha realizzato per la protezione dei dati degli utenti. Secondo Cook la questione non riguarda “un solo telefono” ed è un caso che avrà ripercussioni nel futuro: “Il governo può obbligare Apple a scrivere del software che crediamo renda centinaia di milioni di nostri clienti vulnerabili in tutto il mondo?”.

Il caso tra Apple ed FBI va avanti da una decina di giorni. Il 16 febbraio scorso un tribunale federale ha ordinato ad Apple di scrivere una variante di iOS, il sistema operativo degli iPhone e degli iPad, da installare su un iPhone 5C appartenuto a uno dei due terroristi di San Bernardino. Secondo l’FBI, installando una versione modificata di iOS si potrebbe sbloccare il telefono, di cui non si conosce il codice, e accedere a informazioni che non erano state salvate nei backup automatici che il telefono fa online (tramite iCloud) e risalenti a pochi giorni prima dell’attentato. Apple si è rifiutata di eseguire l’ordine e avrà tempo fino a domani per presentare le sue motivazioni in tribunale.

La scelta ha portato a uno scontro piuttosto duro tra il governo degli Stati Uniti e Apple, una delle aziende più ricche al mondo. Ha inoltre aperto un ampio dibattito sulla protezione dei dati e su chi ne debba essere primo responsabile, tra lo stato e le aziende private. Come aveva fatto la scorsa settimana in una lunga lettera aperta ai suoi clienti, Cook ad ABC ha spiegato che accettando le richieste dell’FBI si arriverebbe a un precedente pericoloso per la tutela della privacy degli utenti. Una volta a disposizione delle autorità, la versione modificata di iOS potrebbe essere utilizzata in altri casi, o fornire ai pirati informatici le risorse e le conoscenze necessarie per intromettersi in altri iPhone e iPad, dove sono memorizzate informazioni personali di ogni tipo: da documenti a fotografie.

Cook ha anche detto che sul tema si sentirà con il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, cui già in passato aveva espresso le proprie preoccupazioni circa i programmi di sorveglianza di massa delle comunicazioni da parte del governo, emersi grazie alle rivelazioni di Edward Snowden. Secondo i sondaggi, il 51 per cento degli statunitensi pensa che Apple dovrebbe fornire un accesso secondario all’iPhone di San Bernardino, ma secondo Cook l’opinione di molti sta cambiando man mano che diventano chiari i vari aspetti della vicenda.

Secondo il New York Times, Apple starebbe inoltre lavorando a nuovi sistemi di sicurezza da inserire nella prossima versione di iOS, in modo da escludere la possibilità che le autorità possano ottenere informazioni con i metodi richiesti nell’ordinanza di tribunale della settimana scorsa. Queste modifiche renderebbero gli iPhone e gli iPad ancora più difficili da sbloccare, se non si conoscono le password per accedere ai loro dai criptati. Apple ha detto che la notizia è basata su “voci e speculazioni”, ma non ha confermato né smentito direttamente l’articolo.

Dalla penultima versione del suo sistema operativo, iOS 8, Apple stessa si è volontariamente tagliata fuori dalla possibilità di accedere ai dati conservati sugli iPhone dei suoi utenti, e questa è una delle giustificazioni che ha dato l’azienda circa l’impossibilità di osservare l’ordinanza del tribunale. Tuttavia, anche se non si conosce la password impostata da un utente, si possono aggiornare parti di iOS per modificare il suo funzionamento: la soluzione è stata mantenuta da Apple per avere una via che consenta di accedere lo stesso ad alcune funzioni degli iPhone, nel caso in cui si rompano. L’FBI vorrebbe che Apple sfruttasse questo sistema per creare un accesso secondario ai dati sul telefono, ma ci sono alcuni dubbi sulla sua fattibilità. Il New York Times dice che l’azienda è al lavoro per rimuovere questa soluzione dalla prossima edizione di iOS, in modo che in futuro l’FBI non possa più chiedere di sfruttarla.

Come in molti altri paesi, anche negli Stati Uniti ci sono leggi che impongono alle compagnie telefoniche di rendere accessibili i loro dati per le indagini. Le stesse regole non si applicano però alle aziende che producono smartphone e applicazioni, come Apple e Google, che negli ultimi anni si sono inoltre opposte all’introduzioni di leggi che le obbligherebbero a fornire dati come nel caso degli operatori telefonici. Per superare il problema, il Congresso dovrebbe quindi formulare una nuova serie di leggi, ma il tema era già stato discusso prima del caso di San Bernardino e finora non si è arrivati a nulla.