«Ricordatevi di Alamo!»

La battaglia che per gli americani è come le Termopili per i greci fu combattuta oggi, 180 anni fa

Il 23 febbraio del 1836, in quello che oggi è lo stato del Texas, l’esercito del Messico circondò la missione di Alamo, un complesso circondato da mura e difeso da un gruppo di patrioti texani, avventurieri americani e proprietari terrieri messicani. Due settimane dopo, con un assalto all’alba, i messicani conquistarono la missione uccidendo tutti i difensori. Oggi, 180 anni dopo, Alamo è diventata una delle battaglie più famose nella storia degli Stati Uniti: l’equivalente americano della resistenza degli spartani alle Termopili.

Quando il Texas divenne uno stato indipendente
Nel 1835 il Texas, che allora faceva parte del Messico, si ribellò contro il generale Antonio López de Santa Anna, uno degli innumerevoli dittatori che si succedettero alla guida del Messico nel corso del Diciannovesimo secolo. Il nucleo della rivolta era costituito dai proprietari terrieri messicani, che erano ostili alla volontà di accentramento di Santa Anna, e dai coloni di lingua inglese, arrivati a migliaia negli anni precedenti. La guarnigione messicana che controllava lo stato fu rapidamente sconfitta, ma Santa Anna organizzò rapidamente un esercito e invase quella che considerava una provincia ribelle.

I texani organizzarono un governo provvisorio e misero in piedi un esercito, formato in buona parte da avventurieri americani arrivati in Texas in cerca di gloria e avventura (una specie di “foreign fighters” dell’epoca). Mentre i texani organizzavano le loro truppe, l’esercito messicano incontrò un’avanguardia nemica che aveva occupato la missione di Alamo (che in spagnolo significa “pioppo”), un complesso formato da un pugno di edifici circondati da un muro con un perimetro di 400 metri. L’ordine della guarnigione era di ritirarsi portando via i cannoni e ricongiungersi con il resto dell’esercito. Ma senza animali da tiro, spostare l’artiglieria si era rivelato impossibile. I comandanti dei texani decisero che la posizione era difendibile e che valeva la pena cercare di rallentare i messicani in attesa dell’arrivo delle forze di soccorso.

La battaglia
Santa Anna si era messo personalmente alla guida dei 2.000 uomini che circondavano la missione, difesa in tutto da circa duecento texani-americani e proprietari terrieri messicani. I nomi dei loro comandanti sono entrati nella storia americana: William Travis, un avvocato di 26 anni divenuto tenente colonnello dell’esercito texano; il suo secondo, l’avventuriero del Kentucky James Bowie, e infine il pioniere ed ex membro del Congresso per il Tennessee Davy Crockett (quello del cappello).

Per circa due settimane messicani e texani si affrontarono in una serie di schermaglie fuori dalle mura della missione. Entrambi gli eserciti non avevano molta esperienza, ma quello messicano – composto soprattutto da coscritti senza molto addestramento e con il morale non troppo alto – era in particolare difficoltà. Alla fine però la loro superiorità numerica ebbe la meglio, e la notte del 5 marzo le truppe di Santa Anna erano pronte ad attaccare.

Poco prima dell’alba del 6 marzo i messicani attaccarono armati di scale per superare le mura e di asce per sfondare le porte. Per due volte i coscritti di Santa Anna cercarono di entrare nella fortezza, ma furono respinti quando i texani spararono con cannoni che a causa della scarsità di munizioni erano stati caricati con sassi e con tutti i pezzi di ferraglia che i difensori erano stati in grado di trovare. Il terzo attacco ebbe successo. I messicani riuscirono a superare le mura e aprire le porte della fortezza. Gli ultimi difensori si barricarono nella chiesa, ma i messicani puntarono contro di loro i cannoni abbandonati sulle mura e finirono i feriti a colpi di baionetta. Tutti e duecento i difensori furono uccisi, al prezzo di circa 400 messicani morti o feriti (molti dal fuoco amico causato dall’oscurità).

Perché è importante?
Poco meno di due mesi dopo Alamo, l’esercito texano attaccò Santa Anna nella battaglia di San Giacinto – urlando il motto «Ricordatevi di Alamo!» – e fece prigioniero il generale, costringendolo a firmare una pace che concedeva al Texas lo stato di repubblica indipendente. Il Texas avrebbe conservato l’indipendenza per quasi dieci anni, fino al 1845, quando divenne il 28esimo stato degli Stati Uniti d’America. Oggi Alamo è un monumento accuratamente conservato ed uno dei luoghi più visitati del Texas. L’eroismo dei suoi difensori, celebrato da numerosi libri e canzoni poi, a partire dagli anni Cinquanta, film e serie televisive, è entrato nella mitologia texana e poi in quella del resto degli Stati Uniti.

Visto con gli occhi degli europei dell’epoca, che avevano da poco visto concludersi le guerre napoleoniche, quella di Alamo non è degna nemmeno del titolo di battaglia. Per fare un confronto, ad Alamo combatterono un decimo delle truppe impegnate nell’attacco al castello di Hougmont – una struttura simile alla missione – che fu a sua volta soltanto una piccola parte della battaglia di Waterloo. All’epoca, però, gli Stati Uniti erano una nazione che aveva appena cinquant’anni di storia alle spalle, alla costante ricerca di miti ed eroi con cui alimentare il proprio processo di creazione dell’identità nazionale.

A parte la Guerra d’Indipendenza, gli americani dell’epoca non avevano molti altri episodi eroici da ricordare. La guerra contro il Regno Unito del 1812, per esempio, si era conclusa con un nulla di fatto, e gli americani avevano anche dovuto subire l’umiliazione di vedere la loro capitale Washington data alle fiamme da un corpo di spedizione inglese. Alamo, e la battaglia di San Giacinto che ne vendicò la sconfitta, rappresentavano l’episodio perfetto per suscitare lo spirito patriottico di una giovane nazione.