Contro la pellicola

Alcuni nostalgici del cinema del passato continuano a preferirla: un argomentato articolo di Engadget sostiene che il cinema digitale è molto meglio

(Da "Bastardi senza gloria")
(Da "Bastardi senza gloria")

In inglese film vuol dire sia pellicola che “film” e fino a qualche anno fa la cosa aveva perfettamente senso: i film che venivano proiettati nei cinema erano girati con delle cineprese che trasferivano le immagini su di una pellicola cinematografica. I registi e i montatori procedevano poi con il loro lavoro di selezione, ritaglio e montaggio dei fotogrammi e facevano avere a chi di dovere il prodotto finale: le “pizze”, delle bobine in cui erano avvolte le pellicole. Le bobine venivano mandate ai cinema e da lì messe sui proiettori e mostrate agli spettatori in sala. Per capire di cosa si parla potete pensare ad alcune scene di film famosissimi: quelle con Alfredo, il proiezionista di Nuovo cinema paradiso, oppure Tyler Durden che inserisce fotogrammi sovversivi nelle pellicole in Fight Club oppure Shosanna Dreyfus che in Bastardi senza gloria monta la pellicola che viene proiettata nel cinema nelle scene finali del film.

Il cinema con i film girati davvero su pellicola è il cinema analogico. Da qualche anno – in Italia l’anno di svolta è considerato il 2014 – il cinema analogico è tuttavia diventato minoritario rispetto al cinema digitale. Da un po’ di anni ormai – negli Stati Uniti soprattutto – i registi girano i loro film in digitale e nei cinema non arrivano più pizze e rotoli di pellicola ma solo quelli che, a farla semplice, sono degli hard disk: supporti digitali con dentro i film. Non serve più un proiezionista “un po’ meccanico, un po’ artigiano, un po’ elettricista” che metta la pellicola nel proiettore e le stia accanto controllando che tutto vada bene durante l’intera proiezione; e non c’è nemmeno più il famoso rumore di fondo del proiettore in funzione.

Da un po’ di tempo è cambiato il modo di fare cinema e il cambiamento ha riguardato tutta la filiera, dalla scelta dei materiali fino alla proiezione, passando ovviamente dalle riprese. Il cinema digitale esiste in modo rilevante già da prima del Duemila: George Lucas usò per esempio alcune immagini in digitale per Star Wars: Episodio I – La minaccia fantasma. L’anno di svolta per la cinematografia digitale è però il 2009: in quell’anno The Millionaire di Danny Boyle (girato quasi tutto in digitale) vinse l’Oscar per la miglior fotografia (un Oscar “artistico”, che nobilitava quindi per la prima volta il digitale). Dal 2009 il digitale si è conquistato molto più spazio e oggi si è arrivati a un punto in cui è diventato strano e raro girare con la pellicola: chi lo fa – Tarantino, per esempio – lo fa per scelta, andando contro il trend dominante e difendendo quella scelta in base a criteri artistici. Non è una crociata, ma poco ci manca. Nel 2012 Tarantino ha per esempio detto che il cinema digitale è “la morte del cinema” e l’ha definito “televisione pubblica”.

Tra chi fa cinema e chi di cinema si occupa ci sono due netti punti di vista: da una parte c’è chi difende e cerca di tenere vivo il cinema analogico e dall’altra c’è chi accusa quelli a cui non piace il digitale di essere troppo nostalgici e incapaci di riconoscere e accettare i vantaggi pratici, economici e di qualità del digitale. Nella prima categoria c’è, insieme ad alcuni famosi registi, il giornalista di Vox Charles Bramesco: ha scritto che quello delle pellicole era «un processo lungo, laborioso, con un sacco di spazio perché un errore tecnico o umano mandasse tutto all’aria» ma che resta ancora oggi «capace di ispirare nostalgia». Secondo Bramesco le immagini digitali sono «lucidate e asettiche». In mezzo c’è, tra gli altri, Martin Scorsese, che qualche anno fa ha detto, rispondendo a una domanda sul digitale: «È qualcosa di diverso, non so se migliore o peggiore».

Tra chi si schiera in modo netto a favore del digitale e contro le remore dei puristi c’è Steve Dent, un blogger di Engadget, un noto sito di tecnologia. La tesi di Dent è molto chiara: «Il revival del cinema su pellicola è dettato dalla nostalgia, non dalla logica». Il revival di cui parla Dent ha a che fare con alcune scelte fatte da tre registi negli ultimi anni: Tarantino, J.J. Abrams e Christopher Nolan – tre tipi che a Hollywood contano molto – hanno scelto di girare su pellicola The Hateful Eight, l’ultimo Star Wars e Interstellar. Dent spiega che prima di questi tre film la strada della celluloide sembrava invece segnata: «Kodak aveva dichiarato bancarotta e Fujifilm aveva smesso di produrre pellicola da film» e scrive:

Sembra che ci siamo dimenticati delle schifose versioni dei film che vedevamo nei cinema, dell’inquinamento, dei grandi costi e dell’elitismo, giusto per citare qualche questione. Le più recenti videocamere digitali raggiungono o superano la celluloide sotto ogni punto di vista. Eppure continuiamo a parlare della pellicola nonostante i suoi problemi. Siamo solo troppo abituati e incapaci di andare oltre?

Dent scrive che rispetto a qualche anno fa – «quando la maggior parte dei registi e dei direttori della fotografia non avrebbero toccato il digitale neanche con una lunga asta» – le cose sono molto cambiate. Spiega che ci sono alcune videocamere (Red Epic e Arri Alexa, per i tecnici) che sono ottime. Dent parla per prima cosa di praticità del digitale e spiega che un film in 35 millimetri viene diviso in più bobine: ognuna contiene circa 10 minuti di immagini, è formata da rotoli lunghi circa 300 metri, e che costano circa 850 euro l’una. Per fare un film di 90 minuti si girano almeno 15 ore di scene: che vuol dire 90 bobine, che diventano circa 80mila euro di spesa, solo di bobine.

Dent spiega poi che – come si fa ormai da molti anni – bisogna prendere quelle pellicole, trasferirle in digitale (per montare e editare le immagini con programmi a computer) e poi eventualmente ri-trasferirle su pellicola. «Sono centinaia di migliaia di dollari di costi», scrive Dent: un costo comunque marginale per il budget totale dell’ultimo Star Wars ma molto rilevante per un film in digitale come Whiplash, che ha vinto tre Oscar ed è costato poco più di tre milioni di euro. Quindi: il digitale costa meno. Servono computer e cineprese costose, ma si possono togliere tutti i costi della pellicola.

David Fincher ha spiegato che il digitale è anche più sicuro. Parlando del cinema analogico ha detto: «Non mi piace essere travolto dalla recitazione per poi scoprire che la scena era fuori fuoco. Alcune delle cose che ha fatto Darius Khondji [un direttore della fotografia] in Se7en [un film fatto alla vecchia maniera e formalmente ineccepibile] sono “wow”. Ma ci sono stati altrettanti momenti nelle nostre carriere in cui ci siamo detti “e che cazzo”». Fincher ha parlato dell’analogico in Side by Side un documentario del 2012 in cui lui e altri registi – tra cui David Cameron, David Lynch, Danny Boyle, George Lucas, Robert Rodriguez – hanno parlato dell’arrivo del digitale: il titolo italiano del documentario è Rivoluzione digitale.

Il digitale costa meno ed è più sicuro (e non c’è per esempio il rischio di avere pellicole difettose o problemi meccanici) e poi? Inquina molto meno, dice Dent. Le pellicole hanno bisogno di molti prodotti chimici: qualcosa lo si ricicla, ma molte altre cose diventano rifiuti. La fotografia digitale elimina tutto questo e «gli unici rifiuti extra sono quelli derivati dalla produzione dei dischi rigidi e dalle batterio agli ioni di litio». Le bobine di pellicole inquinavano anche in un altro modo: erano tantissime e le si doveva portare in giro per il mondo, in tutti i cinema in cui il film andava proiettato. Ora ci sono dei file – DCP, acronimo di Digital Cinema Package – e li si può spostare via internet o comunque su di un hard disk che occupa molto meno spazio di decine di bobine.

Il cinema digitale inquina quindi meno dell’analogico e occupa anche meno spazio. Dent tira fuori anche un’altra questione: quella che riguarda la risoluzione, la qualità delle immagini. Dent scrive che la Super 35mm – il tipo di pellicola più usata – ha una risoluzione di 5K: K sta per “kilo” (mille) e tale valore indica il numero (approssimato) di pixel orizzontali di risoluzione. Se avete una tv Ultra HD allora avete una tv 4K, per intenderci. Il formato speciale e di altissima qualità (analogico) usato da Tarantino in The Hateful Eight arriva a quasi 10K. Dent spiega che le migliori telecamere digitali permettono immagini a una risoluzione paragonabile e spesso migliore di quella della pellicola: tra i 6 e i 7K, secondo un po’ di parametri molto tecnici. Le telecamere digitali hanno poi il vantaggio di essere più leggere e maneggevoli e di essere “capaci” di funzionare anche quando c’è poca luce. Un regista che gira in digitale gira più comodamente: può fare più cose e deve occuparsi di meno problemi.

Delle “bruciature di sigaretta” (Tyler Durden, di nuovo) e della particolare “granulosità” delle immagini impresse su pellicola – cose particolarmente care ai nostalgici come Tarantino – Dent dice: «è una limitazione tecnologica, non una qualità intenzionale che rende l’immagine migliore. Produttori come Kodak hanno sempre cercato di ridurre queste cose, non di accentuarle». Dent conclude la sua argomentata opinione scrivendo:

La pellicola continuerà a esistere anche nel prossimo futuro, anche perché Kodak ha un contratto con Hollywood per la fornitura di pellicola (e i registi d’elite continueranno quindi a poter fare questa scelta). Però è un peccato che non possiamo abbracciare il futuro del cinema e dobbiamo stare qui a guardare un formato dispendioso e inefficace che è vecchio di un secolo. I vantaggi tecnici della pellicola si sono piegati al digitale, perché non possiamo investire la nostra nostalgia nei vecchi film, e lasciare strada al nuovo che avanza?