La scena del crimine, fotografata

Una mostra a Torino raccoglie le immagini utilizzate nei processi penali e sui crimini di guerra, dagli omicidi di inizio Novecento a Parigi, ai bombardamenti coi droni

L'assassinio di Madame Langlois, il caso di Puteaux del 5 aprile 1905; di Alphonse Bertillon (© Archives de la Préfecture de police de Paris)
L'assassinio di Madame Langlois, il caso di Puteaux del 5 aprile 1905; di Alphonse Bertillon (© Archives de la Préfecture de police de Paris)

Fino all’1 maggio è possibile visitare la mostra Sulla scena del crimine. La prova dell’immagine dalla Sindone ai droni, ospitata a Torino da CAMERA, il Centro Italiano per la Fotografia che ha aperto lo scorso autunno. Si tratta di una mostra che racconta come le immagini fotografiche sono state usate come prova legale nei processi penali e quelli sui crimini di guerra internazionali. L’esposizione è divisa in undici sezioni: dai primi usi scientifici delle fotografie sulle scene degli omicidi a inizio Novecento, fino all’analisi delle immagini digitali per ricostruire le conseguenze degli attacchi coi droni. La mostra è stata co-prodotta da CAMERA e altri quattro centri per la fotografia europei: LE BAL di Parigi (che ha ospitato l’esposizione dal 4 giugno al 30 agosto 2015), la Photographers’ Gallery di Londra (dal 2 ottobre 2015 al 10 gennaio 2016) e il Nederlands Fotomuseum di Rotterdam.

Curatrice principale della mostra è Diane Dufour, direttrice e cofondatrice di LE BAL e direttrice dell’agenzia Magnum dal 2000 al 2006. Per spiegare il senso dell’esposizione Dufour ha detto: «La mostra tenta di esaminare in che modo, quando e da chi le immagini di crimini o di violenza sono prodotte, così come la loro capacità di essere utilizzate come prova, oltre a proporne una prospettiva critica riguardo alla loro validità giuridica».

Sulla scena del crimine si apre con alcune immagini didattiche del 1925 che illustrano un protocollo per fotografare i corpi delle vittime di omicidio: il sistema di Alphonse Bertillon. Seguono alcune fotografie di cadaveri scattate tra il 1905 e il 1910 utilizzando il sistema di Bertillon. Ogni immagine si trova all’interno di una cornice graduata che permette di stimare l’altezza del morto e la distanza tra gli oggetti presenti nella foto. Nella stessa sala sono presenti anche alcuni ingrandimenti contemporanei di immagini realizzate da Rodolphe Archibald Reiss (1875-1929) pioniere della criminologia tedesco-svizzero e autore del manuale La photographie judiciare, cioè La fotografia forense, pubblicato nel 1903. Impronte digitale, fazzoletti con macchie di sangue, orme nell’erba e segni lasciati da oggetti contundenti sono l’oggetto delle immagini di Reiss, che nel 1909 fondò il primo programma di studi di scienze forensi e l’Istituto di polizia scientifica dell’Università di Losanna.

Nella seconda sala della mostra si possono invece osservare ingrandimenti delle fotografie della Sindone dell’avvocato Secondo Pia, scattate nel 1898. Le immagini sono le prime fotografie mai realizzate della Sindone: grazie ai negativi fu possibile osservare per la prima volta alcuni particolari delle tracce impresse sul telo.

Uno degli elementi di maggior impatto della mostra è un filmato intitolato Processo di Norimberga: la costruzione di prove visive. È un breve documentario che racconta come le truppe americane girarono le immagini dei campi di concentramento in Germania nel 1945, quelle che furono poi mostrate agli imputati del Processo di Norimberga per analizzarne le reazioni. Il governo di Washington chiese al famoso regista di film western John Ford di elaborare un protocollo per le riprese, in modo che potessero valere come prova inconfutabile dell’Olocausto. La regia è dello storico e documentarista Christian Delage, docente all’Università di Parigi VIII.

Gran parte della mostra è dedicata a come le immagini fotografiche possono essere usate per ricostruire fatti successi in guerra. Fin dalla Prima guerra mondiale, quando la fotografia aerea fu usata per la prima volta per stabilire le conseguenze dei bombardamenti, le immagini di distruzione sono servite per pianificare azioni militari e garantire giustizia alle vittime dei conflitti. Oggi anche le immagini video contribuiscono a questo tipo di indagini: per esempio il gruppo di ricerca Forensic Architecture del’Università di Londra ha aiutato Amnesty International a ricostruire l’attacco israeliano che l’8 luglio 2014 ha distrutto il quartiere Tannur a Rafah, nella Striscia di Gaza. Per farlo Forensic Architecture ha usato centinaia di testimonianze e video provenienti dai social network e immagini satellitari. Sempre Forensic Architecture ha ricostruito un attacco di droni avvenuto il 30 marzo del 2012 a Miranshah, in Pakistan: Sulla scena del crimine comprende anche video che spiegano come vengono effettuate queste ricostruzioni.