Einstein era scettico sulle onde gravitazionali

Arrivò a un passo da ritrattare la teoria che ne prevedeva l'esistenza, dimostrata direttamente la settimana scorsa: poi ci ripensò

di Faye Flam - Bloomberg

Albert Einstein - 1925 circa (General Photographic Agency/Getty Images)
Albert Einstein - 1925 circa (General Photographic Agency/Getty Images)

Ci vuole coraggio per respingere uno studio scientifico di Albert Einstein. Che è quello che fece il fisico Howard Percy Robertson nel 1936, quando era direttore della rivista scientifica Physical Review, facendo arrabbiare Einstein a tal punto da spingerlo a non pubblicare più nulla sulla rivista. Se fosse ancora vivo, forse Einstein oggi ringrazierebbe Robertson per aver fatto sì che non ritrattasse la previsione più importante della sua teoria della relatività: l’esistenza delle onde gravitazionali. Il primo rilevamento diretto delle onde di Einstein è stato annunciato la settimana scorsa, ed è stato commentato con grande enfasi. Gli scienziati sostengono che le onde sono state generate dalla potente collisione di due buchi neri.

Cosa sono le onde gravitazionali

La scoperta è stata accolta come una sorta di rivalsa, sebbene proprio Einstein fu uno dei maggiori scettici della sua idea: secondo il fisico Daniel Kennefick, co-autore del libro An Einstein Encyclopedia, negli anni Einstein fece marcia indietro diverse volte. La storia ebbe un lieto fine grazie alla sua saggezza: Einstein sapeva quando essere sicuro, quando avere dubbi, quando ignorare quelli degli altri e quando dar loro ascolto e modificare le sue teorie. L’idea nacque grazie alla teoria della relatività di Einstein: la pubblicò nel 1905, rivoluzionando il modo in cui gli scienziati concepivano lo spazio-tempo, e pubblicò la sua teoria generale nel 1915, rivoluzionando il modo in cui gli scienziati concepivano la gravità, che fu ridefinita come l’effetto delle curve nello spazio-tempo.

Nel febbraio del 1916 Einstein aveva teorizzato che se lo spazio e il tempo hanno delle increspature, forse allora quelle increspature possono muoversi. «Dopo tutto, possiamo vedere sulla superficie dell’acqua montagne e valli che si muovono e che chiamiamo onde. Se la gravità curva lo spazio-tempo perché non potrebbero crearsi alterazioni in grado di muoversi?», ha detto Kennefick. Einstein capì che sarebbe stato difficile rilevare le onde, se non in presenza di un evento molto importante, come la fusione di due buchi neri tra loro. Einstein però dubitava dell’esistenza dei buchi neri, che però era stata ipotizzata da altri scienziati sulla base delle sue teorie. Nonostante avesse qualche dubbio, nel complesso Einstein non era un tipo incerto: aveva coraggiosamente previsto che la curva dello spazio avrebbe prodotto una flessione visibile della luce stellare intorno al Sole. La previsione spinse i migliori astronomi del mondo a verificare con i loro occhi in occasione di un’eclissi solare del 1919 che permise di misurare la debole luce emanata dalla stella in lontananza. Quando gli chiesero se credeva che la teoria della relatività sarebbe stata smentita dall’esperimento dell’eclissi, Einstein rispose con la celebre frase: «Allora sarei dispiaciuto per il Signore. Ma la teoria è corretta».

Einstein sapeva quando essere certo, ha detto Kennefick. Aveva un buon intuito per la fisica, e sapeva quando si inoltrava in territori inesplorati. È quindi comprensibile che a un certo punto avesse deciso di ritirare la sua previsione sulle onde gravitazionali in un articolo su un’importante rivista scientifica. Col senno di poi, si potrebbe considerare il rigetto di Robertson come un doppio negativo: la negazione di un dubbio di Einstein che ha finito per sostenere l’idea originale.

Ma Einstein non la vide così. Secondo i resoconti storici, s’infuriò. Sottopose lo studio a un’altra rivista, la meno conosciuta rivista del Franklyn Institure di Philadelphia (anche se ormai niente che portasse il nome di Einstein poteva passare inosservato). Prima che Einstein potesse ritrattare la sua teoria sulle onde gravitazionali, Robertson lo spinse indirettamente a cambiare di nuovo idea. Secondo Kennefick, Robertson conobbe uno degli assistenti di Einstein, Leopold Infeld. Sembra che né Infeld né Einstein sapessero che era stato Robertson a rifiutare lo studio di Einstein, dal momento che tradizionalmente  i revisori degli articoli scientifici rimangono anonimi. Robertson spiegò a Infeld perché pensava che la prima teoria di Einstein fosse giusta. Infeld ne discusse quindi con Einstein, che modificò radicalmente l’articolo prima che fosse pubblicato, in modo che sostenesse la sua ormai famosa previsione, invece di rinnegarla.

Chissà come sarebbe andata la storia se Robertson avesse lasciato che Einstein pubblicasse il suo studio originale contro le onde gravitazionali. Einstein invece è finito dal lato giusto della storia, quando l’esistenza delle onde gravitazionali è stata confermata. Il progetto che ha portato alla rilevazione delle onde è costato 1,1 miliardi di dollari per un periodo di 40 anni: il Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory (LIGO) è la struttura più costosa mai finanziata dalla National Science Foundation. Fu il fisico del Massachusets Institute of Technology Reiner Weiss a proporre l’idea del LIGO nel 1972. L’esperimento consisteva in due rilevatori gemelli: uno vicino a Hanford, nello stato di Washington, e uno vicino a Livingstone, in Louisiana. In ognuno dei due rilevatori, un raggio laser attraversava delle condutture a “L”, in cui ogni braccio era lungo oltre 4 chilometri. Teoricamente, un’onda gravitazionale sposterebbe gli specchi posizionati alle estremità di queste condutture di un spazio impercettibile, misurabile dai laser. Ci sono state due versioni della struttura: una preliminare nel 2010 e una più avanzata avviata nel settembre 2015. A pochi giorni dall’inizio delle attività, il sofisticato rilevatore registrò qualcosa che secondo i fisici corrispondeva alla descrizione di due buchi neri in collisione. I fisici sostengono di essere in grado di trarre molte informazioni dalla rilevazioni, come la massa dei buchi neri (29 e 36 volte quella del Sole) e la distanza della Terra dall’evento (1,3 miliardi di anni luce).

Nel caso di ulteriori rilevazioni, il progetto fornirebbe agli scienziati una misurazione più accurata della distanza della Terra da corpi lontani e una migliore comprensione della dimensione e della velocità di espansione dell’universo. Potrebbero osservare altre collisioni tra corpi dalla grande massa come le stelle di neutroni e raccogliere informazioni sulla loro natura misteriosa. E poi c’è sempre la speranza che trovino qualcosa di totalmente inaspettato.

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