• Sport
  • Giovedì 11 febbraio 2016

Stephen Curry sta rovinando il basket?

Oppure lo sta portando nel futuro? La star dei Golden State Warriors gioca in un modo che molti allenatori definirebbero "sbagliato", ma con un'efficacia formidabile

Stephen Curry (Rob Carr/Getty Images)
Stephen Curry (Rob Carr/Getty Images)

Durante il terzo quarto della partita NBA di Natale tra i Golden State Warriors e i Cleveland Cavaliers – le due finaliste della scorsa stagione – Mark Jackson, un commentatore sportivo di ABC/ESPN, ha detto una frase di cui si è poi parlato moltissimo: «Steph Curry è forte. Steph Curry è l’MVP [il miglior giocatore del campionato]. È un campione. Cercate di capire cosa intendo: in un certo senso Curry sta danneggiando il gioco». Curry non è un giocatore qualunque della NBA: è il playmaker dei Golden State Warriors, la squadra campione in carica, e il miglior giocatore della passata stagione della NBA. Ed è quello che più di tutti sta rivoluzionando il modo di giocare nel campionato di basket più importante del mondo.

Curry ha 27 anni, ha sempre giocato nei Golden State Warriors e da anni viene considerato un buon giocatore e un buon realizzatore. Le sue ultime due stagioni sono state inaspettate ed eccezionali, aiutate anche dalla crescita generale della sua squadra, che a sua volta sta cambiando il modo in cui è stato considerato fino a oggi il “buon basket”. Curry gioca una pallacanestro imprevedibile, in un modo che alcuni commentatori hanno definito “immarcabile”: tira da tre punti con il difensore addosso e da lontano, a volte anche da otto metri dal canestro; ha un controllo di palla unico e ha sviluppato moltissime soluzioni diverse da usare quando penetra in area, sia nei tiri da sotto canestro sia nei passaggi a un compagno di squadra. Molte delle sue scelte di gioco sono le classiche “scelte sbagliate”: le cose che gli allenatori chiedono ai giocatori di non fare, perché hanno una bassa percentuale di riuscita o troppo avventate. Il fatto è che questo discorso non vale per Curry, che segna tiri difficili con percentuali notevoli e fa passaggi complicati e spettacolari che spesso si trasformano in assist per i compagni.

Il problema, ha detto Jackson, è che molti giocatori giovani, soprattutto nei college, hanno cominciato a imitare Curry, prendendosi i rischi che prende Curry: ma non sono Curry e queste giocate spesso non vanno a buon fine. Le parole di Jackson sono state molto discusse e criticate, e si sono inserite in un più ampio dibattito che riguarda l’evoluzione del basket verso un gioco sempre più basato sui tiri da tre, uno dei punti di forza del gioco di Curry e di tutti i Golden State Warriors.

Sì, ma come gioca Curry?

I tiri da tre e rendimento di scala costante
La prima cosa che viene in mente quando si pensa a Curry è il suo tiro da tre punti. Nella storia della NBA nessuno ha mai tirato e segnato da tre in una singola stagione tanto quanto Curry: nel 2014-2015 Curry ha segnato 286 canestri da tre, superando il suo precedente record di 272 canestri del 2012-2013 (al terzo posto c’è Ray Allen, considerato uno dei migliori tiratori da tre di sempre, con 269 canestri da tre nella stagione 2005-2006). Quest’anno Curry è già a 240 canestri (con l’ottima percentuale di riuscita del 45 per cento) quando mancano ancora 31 partite. In pratica se segnasse da qui alla fine della stagione 4 canestri da tre in media a partita – stima al ribasso, visto che la sua media fin qui è più alta – arriverebbe a superare di poco meno di 80 canestri il suo precedente record: una cosa incredibile.

Benjamin Morris ha dedicato su FiveThirtyEight un lungo articolo a Stephen Curry e alla sua rivoluzione del tiro da tre punti nella NBA di oggi. Morris ha scritto:

«Sono stato piuttosto scettico nel credere che il tiro da tre punti sia superiore per natura. Non sono contro il tiro da tre punti come lo è invece Byron Scott [allenatore dei Los Angeles Lakers, ndr], ma pensavo che giocare a una distanza media – che storicamente è sempre stato un indicatore di successo nella NBA – avrebbe potuto essere ancora importante una volta che le difese si fossero adattate alla nuova matematica dell’attacco, e sarebbe stato raggiunto un nuovo equilibrio. Ma Curry ha ucciso tutto questo. Curry non è un prodotto della matematica; è così forte che ha una sua propria matematica. La matematica è così a favore di Curry che i Warriors – e il basket in generale – potrebbero non avere ancora capito esattamente quello che si sono ritrovati tra le mani»

Ci sono due cose notevoli del tiro di Curry che rendono le sue statistiche ancora più eccezionali. La prima è che all’aumentare del numero di tiri da tre tentati per partita la sua efficienza realizzativa non cambia. In economia si parlerebbe di rendimento di scala costante: aumentando gli input, aumenta l’output in maniera proporzionale. Morris ha scritto che «Curry non è solo un tiratore efficiente, ma è anche virtualmente immune al confine». La seconda è che molto spesso i tiri da tre di Curry non sono tiri normali, diciamo così: non sono “tiri aperti”, cioè quelli in cui il tiratore ha un po’ di spazio di fronte a sé ottenuto grazie a una buona rotazione della palla in attacco; e non sono nemmeno tiri troppo in equilibrio, cioè quelli dove il tiratore salta con i piedi e il corpo messi a posto e rivolti verso canestro. Sono tiri che Curry si crea da solo, sfruttando molte capacità in cui eccelle, e che spesso fanno dire ai commentatori: «Ma come ha fatto!». Tipo questo.

Un buon punto di partenza per capire il tiro da tre di Curry è la partita Golden State Warriors-Washington Wizards giocata il 3 febbraio, quando Curry ha fatto sette canestri da tre nel solo primo quarto, molti dei quali sarebbero considerati scelte sbagliate per la maggior parte degli altri giocatori NBA: Curry ha segnato raccogliendo la palla dopo un palleggio laterale (il primo), con lo step-back (ovvero creandosi lo spazio in arretramento dopo avere raccolto il palleggio, il secondo), in transizione senza praticamente nessun compagno sotto il canestro pronto per prendere il rimbalzo (il terzo), dal palleggio con un difensore attaccato addosso (il quarto), sfruttando il blocco alto di un suo compagno a inizio azione (il quinto), su palla recuperata nella metà campo avversaria (il sesto, per cui Curry ha fatto una particolare esultanza imitata anche da Obama, al minuto 0:40), e di nuovo sfruttando un blocco alto (il settimo).

Oltre ai tiri che tenta sfruttando i blocchi dei compagni o la rotazione di palla in attacco, Curry tira molto anche direttamente dal palleggio, con un’incredibile velocità di realizzazione. Come ha raccontato Flavio Tranquillo, il tempo che passa tra il momento in cui Curry raccoglie la palla dal palleggio e il momento in cui la palla lascia le sue mani non ha eguali nella NBA: tutti gli altri migliori tiratori da tre della NBA sono più lenti di lui (la spiegazione di Flavio Tranquillo al minuto 3:43).

Le cose imprevedibili che fa con la palla in mano
Oltre ai video delle azioni e dei tiri da tre di Curry, circolano molto anche i video che mostrano Curry durante il riscaldamento pre-partita. Tra le altre cose, Curry si concentra molto sul “ball-handling”, la capacità di palleggiare e “trattare” la palla, una qualità fondamentale per qualsiasi giocatore che fa il playmaker, cioè il portatore di palla (o “creatore del gioco”, come dice più fedelmente il nome in inglese).

Curry ha raccontato in una recente intervista a GQ come ha fatto a diventare così bravo nel ball handling. Era il 2012, aveva appena subìto un’operazione a causa di un infortunio alla caviglia e stava facendo riabilitazione in un centro a Charlotte, in North Carolina: «Ero nella sala d’aspetto ed è arrivato questo tizio – il suo nome è Brandon Payne. E ha detto, “Ehi, mentre fai riabilitazione al tuo piede, visto che non puoi appoggiarci sopra alcun peso o fare un pieno lavoro sul campo da gioco, vieni alla mia palestra che ti faccio usare un po’ di cose per il ball handling per tenerti attivo e permettere che la transizione per tornare in campo sia molto più morbida”». Alla palestra di Payne, Curry ha fatto esercizi che non aveva mai provato prima e che gli hanno permesso di migliorare molto il modo in cui tratta la palla: ancora oggi Curry inserisce nei suoi allenamenti quotidiani gli esercizi con le attrezzature di Payne.

Curry unisce la sua capacità eccezionale di trattare la palla con altre due caratteristiche: un’ottima coordinazione del corpo e una grande velocità nel fare buone scelte – o almeno, buone per lui –  di fronte a diverse situazioni di gioco. A novembre dello scorso anno il New York Times ha fatto una cosa piuttosto inusuale per raccontare una caratteristica di un giocatore di basket: ha intervistato il primo ballerino del San Francisco Ballet, la prima compagnia professionale del balletto di tutti gli Stati Uniti. Taras Domitro, cubano di 29 anni, si unì alla compagnia nel 2008, un anno prima che Curry arrivasse ai Golden State Warriors (i Warriors giocano a Oakland, sulla costa est della baia di San Francisco). Allora Domitro non era un fan del basket, ma cominciò a guardare le partite dopo l’arrivo di Curry: «Quello che noto di più quando vedo Steph è l’incredibile coordinazione delle braccia, delle gambe e nel modo in cui tratta la palla. Noi non usiamo la palla. Usiamo una donna. Ma il modo in cui dribbla con la palla è il modo in cui muoviamo una donna sul palco». Secondo Domitro quello che rende esteticamente così bello il gioco di Curry è quello che i ballerini cercano di più: far sembrare la loro arte facile da eseguire, senza sforzi.

Graham Lustig, direttore artistico della Oakland Ballet Company, ha detto al New York Times di essere rimasto particolarmente impressionato dalla capacità di Curry di controllare il suo corpo. Ha citato un movimento che Curry ha fatto durante una partita del novembre scorso giocata dai Warriors contro i Detroit Pistons: Curry ha superato in palleggio il primo difensore con una finta, poi ha ruotato il busto per superare il secondo ed è andato in terzo tempo a tirare da sotto canestro tirando con la mano sinistra (che non è la sua preferita, ma che Curry usa piuttosto indistintamente rispetto alla destra in tutte le fasi del gioco, a eccezione del tiro).

A causa della facilità con cui fa canestri da lontano, nell’ultimo anno molti difensori hanno cominciato a marcare Curry anche un metro al di là della linea da tre, per impedirgli il tiro. Ma anche questa si è dimostrata una scelta che non risolve il problema per le squadre avversarie perché Curry, come si vede dal video sopra, è particolarmente bravo a superare il suo difensore usando le finte in uno contro uno. Una volta superato il primo difensore, Curry ha due opzioni: o andare fino a canestro – e in questo caso usa spesso il cosiddetto “tear drop”, un tiro sottomano che però inizia più lontano dal canestro del normale sottomano e che ha una traiettoria più alta – oppure passare la palla a un compagno. Questa seconda opzione ha due vantaggi: liberare un altro giocatore della sua squadra per un tiro – e ce ne sono molti che nei Warriors possono tirare bene da fuori – e divertire il pubblico con un passaggio spettacolare. Come questo.

Quindi, Curry sta rovinando il basket?

Molti commentatori americani hanno criticato le parole di Jackson, dicendo che l’imitazione del più forte o divertente giocatore di NBA ai college non è una cosa nuova: era già successa con Michael Jordan, Kobe Bryant, Allen Iverson e molti altri. Sul Wall Street Journal il giornalista Shawn Fury ha scritto che non è la prima volta che un giocatore talentuoso o un movimento rivoluzionario vengono accusati di danneggiare il basket. Il precedente più incredibile si verificò negli anni Trenta, quando in diverse parti degli Stati Uniti si cominciò a diffondere il tiro a canestro saltando da terra: prima di allora i giocatori tiravano con i piedi piantati per terra e a due mani. Il nuovo tiro era più difficile da stoppare e permise anche un nuovo sviluppo della tecnica con cui veniva rilasciata la palla. L’allora allenatore della University of Kansas, Phog Allen, disse che la nuova mossa era scorretta e Dick McGuire, la star dei New York Knicks negli anni Cinquanta, disse che il tiro in salto dava troppo potere al singolo giocatore riducendo l’importanza della squadra. Oggi nessun giocatore di basket tira con i piedi piantati per terra.

Ci sono comunque ancora molte resistenze a definire Curry il miglior giocatore di basket del mondo. Fino a un anno e mezzo fa nessuno metteva in dubbio la supremazia di LeBron James, giocatore del Cleveland Cavaliers che ha dominato la NBA nell’ultimo decennio. Robert O’Connell ha scritto sull’Atlantic che questa riluttanza dipende in parte dall’inerzia, in parte «riflette il persistente sospetto di quello che Curry rappresenta». Secondo O’Connell, Curry e gli altri eleganti tiratori dei Warriors sono modelli molto lontani dai «giocatori più muscolari del campionato e dalle squadre che storicamente sono stati presi come esempi»: la sensazione tra molti dell’establishment della NBA è che i Warriors non padroneggino il basket nella stessa misura in cui sono in grado di vincere le partite. Una delle ragioni potrebbe essere legata a una percezione ancora molto diffusa nella NBA: l’idea che un gioco molto basato sui tiri da tre, come quello dei Warriors e di Curry, sia un basket di scarsa qualità, brutto da vedere, e con basse percentuali realizzative.

Questi argomenti sembrano però essere smentiti dai fatti. Nell’ultimo anno e mezzo, per esempio, si è sviluppato un entusiasmo senza eguali attorno alle partite dei Warriors, che sono generalmente molto divertenti da vedere e non solo per Curry: danno spettacolo anche giocatori come Klay Thompson e Draymond Green, entrambi convocati nella selezione dell’Ovest all’All Star Game di quest’anno. La maglia di Curry è diventata la più venduta della NBA, superando quella di LeBron James. Anche la matematica sembra smentire l’idea dei tiri da tre associati al “brutto basket”: come ha scritto Morris su FiveThirtyEight, nella scorsa stagione la correlazione tra i tentativi da tre di una squadra e la sua percentuale di vittorie è stata la più alta di sempre. Rick Carlise, allenatore dei Dallas Mavericks, ha detto: «Steph Curry sta cambiando il modo di giocare nel futuro. Ne sono sicuro, ed è una cosa storica». In tutto questo, ha scritto Morris, non c’è ragione di pensare che Curry abbia finito di migliorarsi.