Le difficoltà dei senatori a dire “stepchild adoption”

Durante il dibattito in Senato sul disegno di legge sulle unioni civili alcuni hanno avuto problemi con la pronuncia dell'inglese, e dell'italiano

Il senatore Domenico Scilipoti di Forza Italia-Il Popolo della Libertà (ANSA)
Il senatore Domenico Scilipoti di Forza Italia-Il Popolo della Libertà (ANSA)

Nel corso del dibattito in Senato sul cosiddetto “ddl Cirinnà” sulle unioni civili, i senatori contrari alla legge hanno sostenuto che tra le altre cose le norme proposte mettono a rischio quella che definiscono la “famiglia naturale”. Come avviene spesso in questi casi, durante la discussione alcuni senatori si sono lasciati andare, improvvisando parte dei loro interventi, mentre altri hanno dimostrato di avere qualche problema con la pronuncia delle parole inglesi “stepchild adoption” e in altri casi con quella di parole italiane.

Il ddl Cirinnà è diviso in due capi: il primo capo, all’articolo 1, introduce nell’ordinamento italiano l’istituto dell’unione civile tra persone dello stesso sesso «quale specifica formazione sociale, ai sensi dell’articolo 2 della Costituzione». Il testo stabilisce la netta separazione semantica tra “nuove” unioni e matrimonio, secondo le richieste di diversi cattolici del PD: cancella ogni riferimento al matrimonio e di conseguenza qualsiasi riferimento all’articolo 29 della Costituzione. La nuova legge introdurrà di fatto un nuovo istituto di diritto di famiglia, distinto dal matrimonio. Negli articoli successivi si disciplinano le modalità per la costituzione delle unioni civili e si spiegano le cause di impedimento, si definiscono diritti e doveri derivanti dall’unione, si estendono le disposizioni in materia di diritti successori dei coniugi, si stabilisce lo scioglimento dell’unione. Nell’articolo 5 si parla di stepchild adoption, cioè la possibilità di adottare il figlio del partner. Viene esclusa l’applicabilità dell’istituto dell’adozione legittimante: per le coppie dello stesso sesso unite civilmente non sarà possibile, quindi, adottare bambini che non siano già figli dell’altro o altra componente della coppia.

Il Capo II (articoli da 11 a 23) definisce la convivenza di fatto; stabilisce doveri di reciproca assistenza, diritti di permanenza nella casa comune di residenza, l’obbligo di mantenimento in caso di cessazione; parifica i diritti del convivente superstite a quelli del coniuge superstite; si spiegano le cause di nullità del contratto di convivenza.