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  • Martedì 2 febbraio 2016

Libri che non lo erano

I cosiddetti "blooks", che sembrano libri ma non lo sono: accendini, scatole da cucito, portasigarette e mobili, in mostra a New York

Photo credit © Mindell Dubansky
Photo credit © Mindell Dubansky

Blooks: The Art of Books That Aren’t è una mostra in corso al Grolier Club di New York che raccoglie i cosiddetti “blooks”: sculture, portaoggetti e pezzi d’arredamento con la forma e l’aspetto di un libro che in realtà sono tutt’altro e non hanno dentro neanche una pagina. Il termine deriva dalla crasi tra le parole inglesi “book look”, ovvero “a forma di libro” e fu coniato da Mindell Dubansky, dalla cui collezione privata provengono tutti i 130 blooks in esposizione. La mostra è stata inaugurata il 25 gennaio e resterà aperta fino al 12 marzo.

Oltre a coniare il termine, Dubansky iniziò a collezionare i blooks più di vent’anni fa. Il primo – che si può vedere anche nella mostra – lo comprò in una bancarella del mercato delle pulci di Manhattan: si trattava della scultura di un libro ricavata da un blocco di antracite (un tipo di carbone fossile) realizzato in ricordo di un minatore della Pennsylvania morto nel 1987 all’età di 22 anni. Da quel momento in poi Dubansky ha accumulato oltre 600 blooks di forme, materiali ed epoche diverse. Ha anche fatto un approfondito lavoro di ricerca per scoprire la storia di ogni singolo blooks: non è chiaro quando quando iniziarono a essere fabbricati ma già nel medioevo alcune reliquie avevano la forma di un libro. I blooks inoltre sono perlopiù americani, ma ce ne sono anche dalla Cina, dal Giappone e ovviamente dall’Europa.

Nella mostra al Grolier Club i blooks sono suddivisi per categorie: quelli a carattere religioso o commemorativo, contenitori per il cibo, giocattoli, portafoto ed effetti personali. Quello più antico è un altare di legno a forma di libro del XVIII secolo che secondo Dubansky era davvero utilizzato dai fedeli cattolici, mentre il più moderno è un giocattolo della serie Polly Pocket in plastica viola degli anni Novanta. Tra gli oggetti più notevoli ci sono un set giocattolo per bambini che insegna come fare fotografie senza essere scoperti, un portasigarette russo in ceramica, un kit da cucito conservato in una scatola di legno a forma di libro realizzato da un prigioniere francese durante le guerre napoleoniche, e la radio a forma di libro prodotta negli anni ’50 dalla Crosley book radio. Uno dei più belli, soprannominato The Book of Books, è uno scaffale con libri in miniatura realizzato in legno nel XIX secolo, con incisi i titoli dei libri della Bibbia: secondo le ricostruzioni di Dubansky serviva per far memorizzare ai bambini i titoli dei libri.

Dubansky ha detto al New York Times che la sua passione per i blooks deriva dall’importanza dell’oggetto libro e che si augura che i blooks diventino a far parte della storia del libro: «La gente ama i libri come oggetti. Ma che rapporto abbiamo con loro? Perché sentiamo il bisogno di vivere insieme ai libri, di averli sempre attorno? Ho pensato che eliminando il testo e collezionando oggetti a forma di libro, avrei potuto capire meglio questa cosa». È anche molto critica sull’utilizzare i libri come oggetti, fino a strapparli, smontarli e destrutturarli: «Ho visto tanti bei libri che sono stati danneggiati su Etsy. Invece di fare queste cose potevano fare semplicemente dei blooks».