Com’è il nuovo disco di Rihanna?

Secondo il Washington Post non è un granché: manca dei "tormentoni pop" che l'hanno resa chi è oggi

di Chris Richards – Washington Post

Rihanna. (Christopher Polk/Getty Images for The Clara Lionel Foundation)
Rihanna. (Christopher Polk/Getty Images for The Clara Lionel Foundation)

Esiste un modo sbagliato di interpretare il nuovo disco di Rihanna: «Non ci sono pezzi da radio, quindi deve essere grande arte».

Non è così. Ma queste giustificazioni cervellotiche sono comprensibili: nessuna popstar della sua epoca ha la capacità di ammaliare di Rihanna, quindi è naturale voler attribuire al suo ottavo disco Anti – appena discreto – un grande valore. “Anti” cosa? Anti-qualsiasi-cosa-ci-potessimo-aspettare. Eravamo convinti che sarebbe stato il disco definitivo di Rihanna, quello capace di canalizzare tutto il suo carisma, il senso di ribellione, abbandono e misticismo in un raggio perfetto di luci laser. Avrebbe dovuto essere pubblicato mesi fa, ma di sicuro sarebbe valsa la pena aspettare ancora un po’ per un capolavoro del genere.

Il disco diffuso la notte di mercoledì 27 gennaio è decisamente strano: è il primo disco di Rihanna senza hit. Al loro posto ci sono molti pezzi godibili e abbastanza ritmati, che però non riescono mai a scaldare davvero. In generale il sound di Rihanna appare fuori fuoco e scollegato da una canzone all’altra (il che non equivale a coraggioso, curioso e spensierato).

Rihanna rimane una pop star difficile per tempi difficili, una cantante di cui abbiamo un’altissima considerazione e che sentiamo incredibilmente vicina. Le stesse persone che la dipingono come se fosse Dio raccontano anche di quanto vorrebbero fumare erba con lei. Strano. Un’altra cosa strana è come Rihanna venga incensata per essere un’artista che non scende a compromessi, quando la sua carriera ne è piena. Come è possibile che la cantante di “We Found Love” sia la stessa di “(Cheers) Drink to That”? La fama di Rihanna è stata alimentata da singoli di grande successo, ma i suoi dischi sono sempre stati incostanti. Tutti i sette dischi precedenti a questo hanno almeno due tormentoni, mentre gli altri pezzi sono perlopiù riempitivi melodici. Anti ha però una consistenza diversa, e tutto quel che c’è di buono non convince pienamente.

C’è un pezzo dal sapore jazz, che però finisce troppo presto (“James Joint”); uno più intrigante sul sesso che dura troppo (“Kiss It Better”); un’insolita cover da karaoke di una canzone del gruppo rock Tame Impala (“Same Ol’ Mistakes”), che dura decisamente troppo; si prosegue quindi con una serie di ballate stucchevoli in cui Rihanna spinge la sua voce al limite, e ci si chiede perché lo faccia nel punto più piatto dell’album. Misteri su misteri. Come al solito, quando è se stessa Rihanna diventa più dinamica. Il reggae fantascientifico di “Work” sembra il suono perfetto per fare cose disdicevoli, mentre il ritmo sensuale e spietato di “Needed me” arriva vicino a quel confine che è sempre stato considerato il campo da gioco di Rihanna.

Questi pezzi, nel migliore dei casi, danno un’immagine sfocata della cantante che conosciamo. Nel testo di “Yeah, I Said It” – in cui Rihanna promette di suggellare un rapporto sessuale con un ricordo fotografico – spunta però una frase particolarmente rivelatrice: “Take it home on your camera phone” (“Portatelo a casa sulla fotocamera del telefono”). Volutamente o meno, questo verso ricorda come – dall’uscita del suo ultimo disco nel 2012 – Rihanna abbia coltivato la sua fama soprattutto su Instagram, una piattaforma che è stata capace di sfruttare come nessun’altra pop star. Ha imparato a comunicare al meglio con l’universo attraverso le fotografie, creando intimità e mistero, ovvero la quintessenza del successo pop. Rihanna non è una narcisista ma piuttosto un’esploratrice, un’artista che ha capito come controllare la sua rappresentazione sui media grazie alla potenza delle proprie immagini. Andy Warhol ha sempre saputo come il nostro desiderio di essere visti fosse in realtà il desiderio di sentirci rappresentati, e Rihanna lo sa.

Quando gli artisti riescono a controllarla in questo modo, la loro immagine può rimanere fluida. La recente morte di David Bowie ci ha ricordato come ci si aspetti sempre che gli artisti aggiustino la loro identità ogni volta che esce un nuovo disco. Ma in un mondo sempre più veloce e frammentato, le star di oggi si reinventano canzone dopo canzone, selfie dopo selfie. È per questo che subiamo il fascino di Rihanna, prima e dopo Anti. Quando non c’è un’immagine fissa da rispettare, ogni momento porta con sé un senso di possibilità.

Tutto questo ci ricorda che è possibile trasformare noi stessi, se persino Rihanna può diventare un’artista che fa musica pop non così entusiasmante.

© 2016 – Washington Post