Lo studio sui gemelli e la marijuana

Per valutarne gli effetti a lungo tempo su adolescenti con lo stesso patrimonio genetico: non ha portato a prove consistenti su una riduzione del quoziente intellettivo, ma il tema è molto dibattuto

(Marco Di Lauro/Getty Images)
(Marco Di Lauro/Getty Images)

Uno studio condotto presso la University of Southern California di Los Angeles, Stati Uniti, non ha portato a prove evidenti sul presunto danno causato dal consumo di marijuana al proprio quoziente intellettivo (QI), ipotizzato da diverse ricerche condotte in precedenza. La nuova ricerca è la prima ad avere valutato gli effetti a lungo termine di questa sostanza studiando coppie di gemelli, nelle quali solo uno dei due ha fumato in maniera ricorrente marijuana, per un periodo di tempo intorno ai dieci anni. Lo studio ha tenuto conto dello stile di vita dei partecipanti, concentrandosi sugli effetti per quanto riguarda il QI tra persone che condividono lo stesso DNA e di solito le medesime condizioni ambientali. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PNAS e sono stati accolti con grande interesse, e qualche scetticismo, da parte degli altri ricercatori che da anni studiano gli effetti della marijuana sugli adolescenti.

Come ricordano sul sito di Science, buona parte degli studi che hanno identificato deficit di vario tipo legati a un uso in età giovanile della marijuana – dalla perdita di memoria a livelli più bassi della media di QI – sono basati su un periodo di tempo ristretto, nel quale fotografano una situazione stabile e ferma. Questo approccio ha impedito di capire se le prestazioni cognitive più basse fossero dovute effettivamente al consumo di marijuana o se fossero pregresse, legate a particolari condizioni di vita e sociali, come l’impossibilità di ricevere una buona istruzione.

Per avere dati più affidabili sul rapporto tra marijuana ed effetti collaterali sul QI, da qualche anno i ricercatori hanno organizzato studi coinvolgendo più persone, che sono poi seguite in un periodo di tempo più lungo. Una ricerca pubblicata in Nuova Zelanda nel 2012, per esempio, ha permesso di mettere in evidenza una riduzione marcata del QI tra i 13 e i 38 anni nelle persone che fanno grande uso di marijuana rispetto a chi ne aveva fatto un uso moderato od occasionale prima di compiere i 18 anni. Lo studio è stato tra i primi a indicare un possibile ruolo della marijuana nella riduzione del QI, ma era stato criticato per non avere tenuto in considerazione altri fattori che avrebbero potuto concorrere ai deficit cognitivi, come la condizione familiare in cui erano cresciuti gli adolescenti e il tasso di abbandono scolastico.

Nicholas Jackson, lo statistico e principale autore della nuova ricerca, ha pensato di cambiare approccio e di studiare coppie di gemelli, che hanno il vantaggio di crescere di solito in condizioni simili e naturalmente con gli stessi geni in comune. Insieme ad alcuni colleghi, ha studiato 789 coppie di gemelli già coinvolti in altre due ricerche a cui avevano aderito quando avevano tra i 9 e gli 11 anni. Nell’ultimo decennio, a questi adolescenti sono stati proposti cinque test di intelligenza e altri questionari riservati circa l’utilizzo di marijuana e di altre sostanze, compresi gli antidolorifici, la cocaina e l’alcol.

Analizzando i dati, i ricercatori hanno rilevato una perdita di circa quattro punti del quoziente intellettivo nel corso dei dieci anni di ricerca. La perdita è stata riscontrata sia tra gli adolescenti che hanno dichiarato di avere fumato marijuana sia tra i loro fratelli gemelli che invece non l’hanno fumata. Secondo Jackson, questo indica che sono entrate in gioco altre variabili che hanno portato alla riduzione del QI, non necessariamente il consumo della marijuana. Gli adolescenti che hanno dichiarato di avere fumato per almeno 6 mesi in modo costante non sono risultati con un QI differente rispetto a chi ha dichiarato di avere fumato al massimo una trentina di spinelli nello stesso periodo di tempo.

I risultati della ricerca stanno facendo discutere: secondo i detrattori non sono molto affidabili perché non ci sono dati concreti e verificabili circa la frequenza e la quantità di marijuana fumata da almeno uno dei due gemelli di ogni coppia. Le informazioni sono state inoltre raccolte da due studi diversi, che hanno usato criteri e parametri diversi. La ricerca dimostra che ci sono ancora molte cose da capire circa gli effetti della marijuana sul cervello, soprattutto per quanto riguarda quelli nel medio-lungo periodo.