Usare Siri in pubblico è da maleducati?

Dipende dal contesto: ma se una cosa vi metterebbe in imbarazzo tra colleghi, meglio evitare di farla tra sconosciuti

di Hayley Tsukayama – Washington Post

L’altro giorno ho ricevuto un SMS che mi ha fatto capire una cosa importante sul galateo moderno e i sistemi di controllo vocale dei dispositivi tecnologici, e quanto fossi stata maleducata senza nemmeno rendermene conto. Ero tornata a casa da Las Vegas con un volo notturno, avevo le mani piene di bagagli e non avevo voglia di appoggiare tutto a terra per rispondere al messaggio. Così ho fatto quello di solito faccio a casa, quando ho le mani insaponate o sporche di farina: con voce chiara e un po’ perentoria, ho detto: «Ehi, Siri…». La donna di fronte a me si è girata immediatamente e ha aperto la bocca come per rispondere, salvo poi fermarsi. Aveva lo sguardo perplesso e quasi offeso. Parlavo con lei? Stavo davvero impartendo un ordine a un perfetto estraneo?

L’episodio mi ha fatto riflettere. Mentre siamo alla ricerca di nuovi metodi per controllare i nostri dispositivi tecnologici, sta diventando evidente che alcuni di essi sono più adatti a essere usati in pubblico, mentre sarebbe meglio limitarne altri a un uso più privato. Per me il controllo vocale – che sta diventando una funzione importante in moltissimi dispositivi – rientra senza dubbio nella seconda categoria: è meglio usarlo quando si è da soli con il proprio telefono. In fondo, se detestiamo quando la persona che mentre cena con noi se ne sta ricurva su uno schermo, non sarebbe forse molto peggio se fosse impegnata in una conversazione totalmente diversa senza di noi? Vi è mai capitato di avere una mezza conversazione con qualcuno, per poi scoprire che stava parlando al telefono con il bluetooth o l’auricolare? Ritrovarsi in mezzo a una conversazione tra una persona e il suo assistente inanimato è la stessa cosa, solo peggiore. E non sono l’unica a pensarla così.

«Credo davvero che attivare il controllo vocale sia inappropriato, in certi posti: per strada, in metropolitana, in ascensore, in auto, quando si è in fila per ordinare un panino o un caffè. Non lo userei in questi posti», ha detto Lizzie Post, bis-bisnipote di Emily Post (scrittrice americana esperta di galateo), autrice di libri e podcast sul galateo nell’età moderna per il Post Institute. Post fa notare come a volte sia strano usare la tecnologia nelle nostre conversazioni, anche in contesti più privati: ha raccontato di una volta in cui stava buttando giù delle idee per un progetto con una persona, che a un certo punto ha tirato fuori il telefono per fare ricerca su internet usando il controllo vocale. «Non è stato piacevole», ha detto Post. «Non aveva motivo di non usare la tastiera: non aveva bisogno di avere le mani libere. È come dare ordini a una segretaria, quando non ce n’è bisogno».

Non dico che il controllo vocale sia una cosa negativa. Può salvarci la vita – letteralmente – quando ci evita di armeggiare con il touchscreen mentre siamo al volante. Come tutti, sono entusiasta all’idea che Apple stia progettando degli auricolari wireless che permettono di controllare Siri, o che Amazon stia lavorando a una versione portatile di Echo (un altoparlante wireless a controllo vocale). A casa, con la propria famiglia, parlare con i propri dispositivi per impostare un timer o un promemoria va bene. Si tratta però di situazioni in cui si è soli, o dove comunque è accettabile distogliere l’attenzione per un attimo. In altri contesti sociali molte persone, quando parlano con i loro dispositivi, tendono a modulare la propria voce come se stessero impartendo degli ordini. Come ho fatto io in aeroporto. Questo atteggiamento porta le persone a drizzare le antenne e prestare attenzione, anche quando pensiamo di essere discreti. Meglio non dire con tono brusco al proprio telefono «Ricordami di comprare il deodorante» sul pullman. E lo stesso vale per dettare email quando i propri colleghi sono vicino (per non parlare di quando l’email è sui colleghi). Anche frasi innocue come: «Tesoro, sono un po’ in ritardo», se dette a voce alta e in pubblico, catapultano le persone in discussioni alle quali non hanno mai chiesto di partecipare. Situazioni come queste possono mettere a disagio, soprattutto se avvengono all’improvviso e danno alle persone intorno a noi la sensazione di essere capitate per sbaglio in una conversazione privata. E mettere a disagio le persone che ci circondano è grosso modo la definizione di “maleducato”.

Il che rimanda alla contrapposizione tra tecnologia pubblica e privata. Ho trovato un modo semplice per distinguere le due categorie: se si tratta di qualcosa che vi farebbe sentire stupidi al lavoro, allora è probabilmente tecnologia privata. Alcuni esempi per definire meglio il concetto: i sistemi di scansione oculare possono essere usati in pubblico, perché non sono invadenti. La realtà virtuale è privata, perché isola letteralmente tutti gli stimoli sensoriali dal mondo esterno. La realtà aumentata – che combina il mondo digitale con quello virtuale – è più ambigua, ma si potrebbe dire che è pubblica, perché permette di continuare a interagire con il mondo – e le persone – intorno a noi. Per quanto riguarda il riconoscimento dei gesti, dipende dalla situazione: se ci si deve sbracciare, meglio farlo a casa. Se si è più discreti, invece, come nel caso di un movimento della mano per passare alla slide successiva di una presentazione, probabilmente va bene.

Con questo non voglio dire che una tecnologia sia più utile o più sociale di un’altra: usare la realtà virtuale può essere sorprendentemente piacevole quando si conversa con un’altra persona. Lo stesso vale per il controllo vocale: dettare un messaggio può far risparmiare tempo e essere più precisi rispetto a digitare frettolosamente un testo con il pollice. Ma queste sono situazioni in cui si usa la tecnologia per facilitare la comunicazione, e non per eluderla.
Quindi usate pure Siri, Cortana, Google o Alexa, ma tenete presente il contesto in cui vi trovate. «Il consiglio che diamo per andare sul sicuro con ogni tipo di tecnologia è pensare innanzitutto alle persone con cui siamo», ha detto Post. È un buon consiglio per il controllo vocale, e per qualsiasi altra tecnologia folle e meravigliosa dovesse saltar fuori in futuro.

©2016 The Washington Post