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  • Domenica 17 gennaio 2016

I sostenitori dell’ISIS nelle Filippine

Tre gruppi estremisti hanno giurato fedeltà al capo dello Stato Islamico, rischiando di indebolire il processo di pace tra governo e ribelli

di Adam Taylor - Washington Post

Un'immagine tratta dal video diffuso dai tre gruppi estremisti che hanno dichiarato fedeltà all'ISIS.
Un'immagine tratta dal video diffuso dai tre gruppi estremisti che hanno dichiarato fedeltà all'ISIS.

In un video diffuso la scorsa settimana, i membri di almeno tre gruppi di ribelli delle Filippine hanno dichiarato fedeltà al leader dello Stato Islamico (o ISIS), Abu Bakr al Baghdadi. Nel video si vedono i miliziani dei tre gruppi urlare in arabo “Allah è grande”. I tre gruppi avevano già giurato fedeltà a Baghdadi, ma l’avevano fatto separatamente: oggi il nuovo livello di cooperazione mostrato con il video ha fatto emergere nuove preoccupazioni. Rohan Gunaratna, un esperto di terrorismo all’International Center for Political Violence and Terrorist Research di Singapore, ha detto al sito di news locale Rappler che nelle Filippine l’ISIS annuncerà presto la creazione di una sua provincia.

In Australia la diffusione del video è stata commentata con molta preoccupazione: «Il terrore sulla porta di casa», ha scritto l’Australian, il quotidiano più venduto del paese. Lo Stato Islamico controlla ampie zone di territorio in Iraq e in Siria, ma allo stesso tempo ha riconosciuto un certo numero di province al di fuori del territorio del cosiddetto “Califfato islamico”, incluse quelle in Libia e in Nigeria. Aaron Zelin, un esperto di gruppi jihadisti al Washington Institute for Near East Policy, ha detto che non ci sono ancora segni che lo Stato Islamico abbia accettato la richiesta di affiliazione dei tre gruppi delle Filippine: «Per ora non è una cosa reciproca», ha scritto in una mail.

Il nuovo video è un altro promemoria di come le idee dello Stato Islamico si siano considerevolmente diffuse oltremare e come spesso l’ISIS sia in grado di unirsi ai gruppi locali, che hanno le loro preoccupazioni e i loro obiettivi: nel caso delle Filippine le esigenze locali sono legate soprattutto alla condizione della minoranza musulmana del paese. Le Filippine sono un paese a maggioranza cattolica, con circa il 5 per cento della popolazione musulmana concentrata per la maggior parte nell’isola meridionale di Mindanao. Fin dagli anni Settanta alcuni esponenti della minoranza musulmana (chiamati “mori”) hanno combattuto una insurgency con tattiche di guerriglia e terroristiche.

Da quando Benigno Aquino III è diventato presidente delle Filippine, nel 2010, il governo ha avviato un processo di pace con il gruppo di ribelli più grande, il Fronte di Liberazione Islamico Moro (MILF, la sigla in inglese) e ha proposto la creazione di una regione autonoma nel sud. Il MILF ha rinunciato al terrorismo e ha anche criticato lo Stato islamico. Comunque, mentre gli obiettivi di MILF sono sempre stati limitati all’ottenimento dell’autonomia per i mori, altri gruppi più estremisti hanno continuato gli attacchi terroristici. Uno di questi è Abu Sayyaf, che ha interrotto i rapporti con il MILF negli anni Novanta. Si pensa che Abu Sayyaf abbia dei legami con al Qaida e gli Stati Uniti hanno offerto una ricompensa fino a 5 milioni di dollari per la cattura del suo leader, Isnilon Hapilon.

Nel nuovo video diffuso online, Hapilon ha dichiarato fedeltà allo Stato Islamico e altri miliziani sostengono che lui sia diventato il leader dei combattenti che si vogliono unire all’ISIS. Al suo fianco si vedono nel video combattenti che sembrano provenire dalle Filippine e dalla vicina Malesia – un altro paese dove c’è preoccupazione per la presenza dello Stato Islamico. Un video diffuso lo scorso mese sembrava mostrare un campo di addestramento segreto per combattenti che si ispiravano allo Stato Islamico. Le autorità filippine hanno cercato di minimizzare l’importanza di quello che sta succedendo: «Questi gruppi stanno cercando di sfruttare l’attuale popolarità dell’ISIS, ma non sono davvero l’ISIS», ha detto lo scorso novembre ad AFP il colonnello Restituto Padilla, il portavoce dell’esercito: «Noi li vediamo semplicemente come bande criminali».

© Washington Post 2016