I rutti dei buchi neri

Grazie ai dati di un telescopio della Nasa sono state scoperte due enormi esplosioni causate da un buco nero che aveva ingurgitato moltissimi gas (ehi, "rutti" lo dicono i ricercatori)

(NASA.gov)
(NASA.gov)

Due gigantesche esplosioni prodotte da un buco nero, identificate di recente grazie ai dati forniti dal telescopio orbitale Chandra della NASA, potrebbero aiutare i ricercatori a capire meglio come funzionano i buchi neri, e soprattutto quale ruolo hanno avuto nella formazione dello Spazio per come lo conosciamo oggi. È la prima volta che questo tipo di attività viene rilevata così nel dettaglio, nonostante il fenomeno si sia verificato a 26 milioni di anni luce dalla Terra e siano solamente osservabili le tracce di quanto accaduto milioni di anni fa.

Secondo Erich Schlegel della University of Texas di San Antonio (Stati Uniti) e i suoi colleghi, le due esplosioni hanno avuto origine da un buco nero supermassiccio che si trova nella parte centrale di NGC 5195, una galassia nana che da tempo sta interagendo con la ben più grande Galassia Vortice (NGC 5194) con un continuo scambio di gas e polveri. (Nella foto qui sotto lo scambio è dimostrato dalla presenza di un “ponte” che mette in collegamento le due galassie, entrambe spirale).

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I buchi neri supermassicci sono il tipo più grande di buchi neri conosciuti e hanno una massa che può essere miliardi di volte superiore a quella del Sole. Secondo le teorie più condivise, quasi tutte le galassie contengono al loro interno uno di questi buchi neri e si pensa che abbiano un ruolo importante nel regolare la crescita e l’evoluzione stessa delle galassie che li ospitano. Semplificando molto, un buco nero è una regione di spazio-tempo (quindi una struttura in quattro dimensioni: lunghezza, larghezza, profondità e tempo) con un campo gravitazionale così intenso e potente da impedire a qualsiasi cosa di sfuggire all’esterno, luce compresa. I buchi neri sono da decenni al centro di un dibattito molto vivace, con diverse teorie per quanto riguarda le loro proprietà. La recente osservazione dà nuovi elementi per capire meglio il loro livello di interazione con ciò che hanno intorno.

Schlegel ha utilizzato un’analogia piuttosto spiccia, ma efficace, per spiegare il senso della nuova scoperta:

Gli astronomi dicono spesso che i buchi neri si “mangiano” le stelle e i gas. A quanto pare i buchi neri possono anche ruttare dopo che hanno mangiato. La nostra osservazione è importante perché è probabile che questo comportamento avvenisse molto spesso nelle prime fasi di esistenza dell’Universo, con implicazioni sull’evoluzione delle galassie. Non è insolito che i grandi buchi neri espellano dei gas, ma è raro riuscire a visualizzare questi eventi.

I ricercatori si sono accorti di qualcosa di insolito osservando i dati forniti da Chandra, il telescopio che si trova in orbita intorno alla Terra e che effettua rilevazioni grazie a una serie di potenti sensori per i raggi X. In passato, Chandra ha permesso di scoprire alcune caratteristiche del buco nero che si trova al centro della Via Lattea, la nostra galassia. Il telescopio vede cose che sono invisibili alla nostra vista (spettro del visibile) e ha rilevato la presenza di due enormi archi nei pressi del centro di NGC 5195.

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Secondo i ricercatori, i due archi sono i resti di enormi esplosioni prodotte dal buco nero quando espulse grandi quantità di gas verso l’esterno, modificando le caratteristiche della sua galassia. Stimano che l’arco più interno abbia poi impiegato tra gli 1 e i 3 milioni di anni per raggiungere la posizione attualmente visibile, mentre che l’altro più esterno abbia impiegato 3 – 6 milioni di anni per arrivare dove è osservabile adesso. Un’ipotesi è che le due emissioni si siano verificate a causa dell’interazione della galassia nana con quella molto più grande che le fa da compagna. Per lungo tempo il buco nero ha quindi ingurgitato grandi quantità di gas, e proprio la presenza di tutta questa materia avrebbe infine portato alle esplosioni.

Poco distante – in termini astronomici – dall’arco più esterno, è stata rilevata la presenza di una regione fredda in cui sono presenti notevoli quantità di idrogeno. L’ipotesi è che le due eruttazioni del buco nero abbiano spazzato e spinto via l’ammasso di gas dal centro della galassia. Questo potrebbe spiegare perché raramente le stelle si formano al centro delle galassie: emissioni di questo tipo spingono le materie prime per fare le stelle in punti più periferici delle galassie, dove avviene poi la formazione dei nuovi corpi celesti. I ricercatori non hanno però ancora capito di preciso il meccanismo che porta i buchi neri a produrre queste violente emissioni.