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  • Domenica 3 gennaio 2016

Il piano di Jeb Bush per rientrare in gioco

Il candidato che un anno fa sembrava favorito è da tempo in grossa difficoltà: il New York Times racconta le sei cose che ha in programma di fare per riprendersi

(AP Photo/Mary Schwalm)
(AP Photo/Mary Schwalm)

Nell’estate del 2015 Jeb Bush, che ha 62 anni ed è stato governatore della Florida – oltre ad essere fratello di un presidente degli Stati Uniti e figlio di un altro presidente degli Stati Uniti – ha iniziato la campagna per vincere la nomination del partito repubblicano alla Casa Bianca come favorito, grazie al suo nome importante e a una ricchissima base di finanziatori e agganci nel partito. Un anno dopo, Bush è in gravissima difficoltà: nei sondaggi nazionali è attualmente alla pari di altri candidati “moderati” ma con meno disponibilità – per non parlare di quanto è distante da Donald Trump, che da mesi è in testa ai sondaggi – nei dibattiti televisivi è sembrato debole e poco incisivo e non è riuscito a presentare proposte forti. Lui stesso ha ammesso le sue difficoltà – in molti hanno fatto notare che in pratica non fa politica attiva dalla fine del suo mandato da governatore, cioè da 8 anni – e da qualche mese ha promesso ai suoi sostenitori di cambiare il passo della sua campagna. Oggi, a meno di un mese dal primo voto per le primarie repubblicane in Iowa, Bush ha davanti a sé probabilmente l’ultima occasione per tirarsi fuori dai guai. Nelle scorse settimane il New York Times ha parlato con diverse persone vicine a Bush, e ha sintetizzato le sue prossime mosse in un piano che prevede sei punti.

1. Restare all’attacco
Alla fine del 2015, Bush ha iniziato ad attaccare duramente Donald Trump, eccentrico miliardario e attuale candidato favorito alle primarie repubblicane. Bush ha chiamato Trump “imbecille” e “candidato del caos”. È una tattica piuttosto originale fra i candidati repubblicani, che in estate si sono tenuti bene alla larga da Trump per non essere ricordati come suoi feroci critici, una volta che la candidatura si fosse sciolta. Ma Trump ha passato l’estate, e ora in molti si contendono il ruolo di anti-Trump – e i conseguenti voti “moderati” del partito.

Nelle prossime settimane lo scopo è presentarsi come unico candidato credibile e in grado di sconfiggere Trump. Secondo il New York Times bisogna aspettarsi nuovi attacchi di Bush anche nei confronti dei suoi avversari nel campo “moderato”, come il governatore del New Jersey Chris Christie e il senatore della Florida Marco Rubio.

2. Evitare un disastro in Iowa
Bush e il suo staff, scrive il New York Times, sanno perfettamente di avere pochissime possibilità di vincere in Iowa – il primo stato dove tra quattro settimane cominceranno le primarie – dato che storicamente il suo elettorato premia i candidati più radicali e rumorosi. Questa settimana Bush ha anche cancellato alcuni spot televisivi programmati in Iowa, e ha spostato le risorse in altri stati. Il suo obbiettivo oggi è quello di non perdere in maniera disastrosa. Ottenere il terzo posto sarebbe considerato un successo, ma qualunque risultato sopra il sesto posto andrebbe ugualmente bene. Il punto per Bush è ottenere un piazzamento migliore di altri candidati come Christie e Rubio, in grado di contendergli l’immagine di “unico candidato presentabile”.

(Uno spot di Bush contro Rubio)

3. Andare bene in New Hampshire
Una settimana dopo lo Iowa si voterà in New Hampshire: sarà questo il voto che dovrebbe segnalare l’inversione di tendenza nella campagna di Bush. Lo staff di Bush spera che un voto positivo in New Hampshire avrà un effetto-domino positivo sulle primarie in South Carolina e quelle successive. Per questo motivo, scrive il New York Times, Bush “praticamente si trasferirà” in New Hampshire, dove trascorrerà gran parte delle prossime settimane. La sua campagna ha cinque uffici nello stato e circa 40 dipendenti. Bush ha già affrontato 29 incontri con piccoli associazioni locali. Questo tipo di incontri costituirà l’ossatura della sua campagna in New Hampshire e il suo staff spera in questo modo di mettere a frutto il suo stile “incerto, ma sincero”.

4. Corteggiare Lindsey Graham
Graham è un repubblicano molto moderato ed ex candidato alle primarie presidenziali: si è ritirato lo scorso dicembre. Non ha mai avuto alcuna possibilità di vincere e non era ritenuto in generale un candidato particolarmente forte. Ma dal 2003 è senatore del South Carolina, il terzo stato dove si voterà per le primarie del partito e quello in cui Bush spera di far decollare definitivamente la sua campagna elettorale. Graham non ha ancora detto ufficialmente ai suoi sostenitori di appoggiare altri candidati, ma tra i due c’è un buon rapporto fin dall’inizio della campagna elettorale. Bush, inoltre, appare uno dei candidati più forti sulle questioni che riguardano la sicurezza interna, le stesse che Graham aveva molto in alto nella sua agenda politica.

5. Usare la famiglia
L’arma segreta di Bush è suo fratello George W., presidente dal 2001 al 2009. George W. Bush è ancora piuttosto popolare in South Carolina, e la sua presenza nel corso della campagna potrebbe dare al fratello la spinta necessaria a far decollare la sua candidatura. George però rappresenta un’arma a doppio taglio: innanzitutto, ricorderà agli elettori che Jeb proviene da una lunga dinastia politica, e i politici di professione non piacciono quasi in nessun paese. Inoltre è un oratore brillante, che rischia di mettere in ombra il più impacciato Jeb. Infine, la sua presenza attiva nella campagna elettorale potrebbe costringere Jeb ad affrontare la più controversa delle decisioni prese da suo fratello, l’invasione dell’Iraq del 2003, un tema su cui Jeb è già inciampato nel corso dei mesi precedenti.

6. Continuare il bombardamento pubblicitario.
Bush è fin dall’inizio della campagna elettorale uno dei candidati con più fondi a disposizione e ha ampiamente usato questo vantaggio per portare avanti una campagna incessante di spot elettorali. Fino ad oggi questa campagna non ha portato buoni risultati, ma con circa 100 milioni di dollari ancora da spendere – una cifra superiore a qualsiasi suo avversario – Bush non intende rallentare il ritmo. I suoi spot continueranno ad attaccare Trump, cercando di dipingerlo come un candidato inaffidabile ed estremista che consegnerà una facile vittoria ai democratici. Ma probabilmente cominceranno anche ad attaccare i suoi rivali più moderati. Anche in questo campo, infatti, la strategia di Bush sarà quella di mostrarsi agli elettori repubblicani come l’unico vero candidato forte, ma al contempo abbastanza moderato da rappresentare un possibile avversario per il vincitore delle primarie dei democratici.