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  • Sabato 2 gennaio 2016

La polizia francese poteva fare di meglio, durante gli attentati di Parigi?

Il New York Times dice che ha una struttura troppo rigida per poter essere efficace in situazioni del genere, e che se l'è cavata grazie alla bravura di un suo agente

(AP Photo/Kamil Zihnioglu)
(AP Photo/Kamil Zihnioglu)

Il New York Times ha scritto che nei giorni successivi agli attentati di Parigi, in cui un gruppo di terroristi dell’ISIS ha ucciso 130 persone, l’atmosfera di lutto e solidarietà nazionale ha lasciato in secondo piano il modo in cui la polizia francese ha reagito agli attentati. Anche se le autorità non hanno fornito molti dettagli sulle procedure adottate la notte del 13 novembre, secondo il New York Times i racconti dei sopravvissuti e i pareri degli esperti evidenziano che per diversi minuti i terroristi sono stati praticamente liberi di agire indisturbati. La responsabilità di questa situazione, sempre secondo il New York Times, vanno attribuite a una catena di comando troppo rigida e verticistica, che ha reso le risposte delle autorità efficaci ma molto lente.

Va detto che qualunque critica alla polizia francese deve tenere conto del fatto che gli attacchi di Parigi avrebbero messo in difficoltà anche le forze di sicurezza più preparate. Dieci attentatori con armi e addestramento militare hanno colpito contemporaneamente diversi luoghi della città, distanti gli uni dagli altri diversi chilometri, mentre lo stesso presidente della Repubblica, che quella sera si trovava allo Stade de France, era in pericolo (qui trovate un riassunto e una cronologia degli attacchi). Qualsiasi piano e qualunque organizzazione sarebbero stati messi a dure prova e le autorità francesi hanno reagito in maniera tutto sommato efficiente. Il sistema sanitario francese, ad esempio, ha mostrato un coordinamento ed una prontezza che sono stati molto apprezzate. Il risultato è stato che un numero bassissimo di persone sono morte per le ferite riportate.

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La sera del 13 novembre il primo agente di polizia a giungere al Bataclan, il locale dove è avvenuto il numero maggiore dei morti, è entrato nell’edificio appena quindici minuti dopo l’inizio della sparatoria, armato soltanto della sua pistola d’ordinanza. Nella sala del locale si è trovato davanti a una scena tremenda: decine di corpi di persone morte, ferite o troppo spaventate per muoversi, occupavano il pavimento dell’intera sala da ballo. Sul palco, uno dei terroristi stava puntando l’arma contro un gruppo di ostaggi. L’agente ha immediatamente sparato, innescando la cintura esplosiva del terrorista. La sua azione solitaria ha fatto pensare agli altri due attentatori di essere sotto attacco. I due hanno subito interrotto il massacro, rifugiandosi ai piani superiori con un gruppo di ostaggi. Qualche ora dopo sono stati entrambi stati uccisi dalle forze speciali della polizia – arrivate 15 minuti dopo il primo agente – senza essere riusciti ad uccidere altri ostaggi.

Scrive il New York Times che l’intervento dell’agente, che ha raccontato la sua versione in alcune interviste ma che non ha voluto rendere pubblico il suo nome, rivela parte delle mancanze della polizia francese. Un solo uomo senza armi adeguate e senza addestramento particolare ha costretto i terroristi a barricarsi in una stanza. Questo significa che se l’uomo non fosse intervenuto, i terroristi avrebbero avuto circa mezz’ora di tempo per agire indisturbati.

Oltretutto, l’arrivo del poliziotto è stato quasi un caso. L’uomo fa parte della Brigade Anti-Criminalité, un unità di polizia incaricata di pattugliare i quartieri della città a bordo di volanti. Sono pochissime le pattuglie della polizia che ogni notte intraprendono questo tipo di attività. I cosiddetti “poliziotti di quartiere”, agenti che pattugliano regolarmente a piedi le zone della città, sono praticamente sconosciuti in Francia (e anche in Italia). Un esperimento nella creazione di questo tipo di unità fu tentato nei tardi anni Novanta ma venne sospeso dal successivo governo di centrodestra in seguito alle proteste dei sindacati di polizia.

Si tratta di una scelta cosciente da parte delle autorità francesi, che hanno preferito create diverse corpi altamente specializzati da impiegare in situazione specifiche, piuttosto che disperdere le loro forze in pattuglie in giro per la città. Il New York Times la definisce una struttura “altamente centralizzata”, in cui prima di agire le informazioni devono arrivare fino in cima alla catena di comando, cioè al prefetto, che a sua volta dispone l’intervento delle varie unità specializzate a seconda dell’emergenza in corso. La polizia francese «è una macchina grossa e piuttosto pesante», spiega Christian Mouhanna, direttore degli studi di sicurezza al Centro nazionale di ricerca scientifica, uno dei più prestigiosi centri studi francesi. In caso di attacchi come quelli avvenuti a Parigi, questa struttura e l’assenza di una forza di polizia sul territorio, pronta a intervenire senza bisogno di ordini specifici, rischiano di dare ai terroristi minuti preziosi in cui operare senza opposizione.

Sembra che sia proprio quello che è avvenuto a Parigi, dove a causa della confusione dei primi minuti dell’attacco, il primo reparto della Brigades de Recherche et d’Intervention (le forze speciali della polizia francese) è stato inviato al ristorante di Rue de Charonne, dove l’attacco era terminato oramai da 20 minuti. Dopo essersi resi conto dell’errore, gli agenti hanno dovuto spostarsi in tutta fretta al Bataclan, dove sono arrivati soltanto quindici minuti dopo che l’intervento fortuito di un singolo agente aveva impedito che la strage diventasse ancora più grave.