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  • Venerdì 18 dicembre 2015

La Danimarca vuole sequestrare gioielli e soldi ai rifugiati

Lo stabilisce una legge in via di approvazione, allo scopo di scoraggiare i migranti a fare richiesta di asilo nel paese

di Rick Noack - Washington Post

Il campo di accoglienza dei migranti a Vordingborg, 100 chilometri a sud di Copenhagen. (Per Rasmussen/Polfoto via AP)
Il campo di accoglienza dei migranti a Vordingborg, 100 chilometri a sud di Copenhagen. (Per Rasmussen/Polfoto via AP)

Negli ultimi mesi la Danimarca ha preso posizioni molto dure nei confronti delle persone richiedenti asilo. A settembre, per esempio, le autorità pubbliche danesi hanno pubblicato su alcuni giornali libanesi un messaggio inequivocabile indirizzato a chi pensa di fare richiesta di asilo in un altro paese: il messaggio era “non venite in Danimarca”. Ora il governo danese sta discutendo di un’altra misura, ancora più estrema: una legge che permetterebbe di confiscare i gioielli dei richiedenti asilo che entrano nel paese. La proposta quasi certamente verrà approvata dal Parlamento.

Il ministro danese per l’Integrazione ha spiegato in una mail al Washington Post: «La legge presentata il 10 dicembre 2015 dà alle autorità danesi il potere di perquisire vestiti e bagagli dei richiedenti asilo – e di altri migranti senza il permesso di stare in Danimarca – anche con l’obiettivo di trovare beni che possono coprire le spese» dell’accoglienza. La disposizione potrebbe coinvolgere anche i rifugiati che sono già nel paese ed è inclusa in una legge più ampia sulle politiche di asilo che ci si aspetta passi in Parlamento a gennaio e che dovrebbe entrare in vigore il prossimo febbraio. Agli agenti di polizia sarà permesso di confiscare beni di valore e somme di denaro che loro ritengono avere un valore sufficientemente alto.

La legge prevede che gli stranieri debbano comunque essere in grado di «tenere i beni che sono necessari per mantenere un modesto standard di vita, per esempio orologi e telefoni cellulari. Inoltre, come regola generale, i beni che hanno un valore personale o sentimentale non saranno confiscati a meno che non abbiano un valore considerevole» (per esempio le fedi sono considerati beni con un valore sentimentale). Zachary White, ricercatore della University of Copenhagen che si occupa di integrazione e politiche di asilo, ha detto che la proposta «è stata considerata meschina e crudele, e alcuni oppositori hanno chiesto se il governo sequestrerà anche i denti d’oro dei rifugiati». L’idea di sequestrare i gioielli a persone che stanno scappando da casa loro ha una connotazione particolare in Europa, dove i nazisti confiscavano grandi quantità di oro e di altri oggetti di valore agli ebrei.

Il ministro danese per l’Integrazione ha detto che le regole attuali richiedono già che i rifugiati abbiano gli strumenti finanziari sufficienti per pagarsi da soli le spese per rimanere in Danimarca. Nonostante il sequestro di beni di valore sia pensato per coprire le spese statali relative ai richiedenti asilo, l’impatto finanziario della misura potrebbe avere conseguenze molto limitate. Gli esperti dicono che il governo danese è più interessato a mandare un messaggio ai richiedenti asilo, piuttosto che sequestrare effettivamente i loro beni. Il ministro ha detto: «Alle persone a cui viene riconosciuto l’asilo politico è permesso frequentare le scuole danesi gratuite e sfruttare il sistema sanitario allo stesso livello di chiunque altro in Danimarca». La Danimarca fornisce strumenti di integrazione che durano fino a tre anni e corsi di apprendimento della lingua e formazione professionale.

I critici sostengono che la Danimarca stia provando a dare un’immagine di se stessa come di una destinazione verso la quale pochi rifugiati desiderino andare. Di recente il governo danese ha tagliato del 50 per cento i benefit sociali che erano destinati ai rifugiati. Anche quando la vicina Svezia ha introdotto delle restrizioni a causa dell’enorme flusso di richiedenti asilo, la Danimarca si è affrettata a ribadire che le sue politiche erano ancora più restrittive di quelle svedesi.

© Washington Post 2015