In Brasile funziona di nuovo WhatsApp

Alcune ore fa ne era stata ordinata la chiusura per 48 ore: nel tardo pomeriggio italiano un giudice ha però annullato quell'ordine, definendolo "non ragionevole"

Un attivista dell'opposizione durante una manifestazione contro Dilma Rousseff a Rio de Janeiro lo scorso 16 agosto. (AP Photo/Leo Correa)
Un attivista dell'opposizione durante una manifestazione contro Dilma Rousseff a Rio de Janeiro lo scorso 16 agosto. (AP Photo/Leo Correa)

Aggiornamento: Alcune ore dopo l’ordine secondo cui WhatsApp avrebbe dovuto chiudere per 48, un altro giudice brasiliano ha deciso che di annullare con effetto immediato il precedente ordine sulla chiusura di WhatsApp. Il giudice ha spiegato che “non è ragionevole che milioni di utenti debbano subire disagi a causa della passività della società”. La chiusura di WhatsApp era stata decisa dopo le pressioni fatte da alcune società di telecomunicazione brasiliane, che accusavano WhatsApp di essere responsabile della diminuzione dei loro contratti telefonici. Le prime fonti – tra cui AFP – dicono che in Brasile WhatsApp è già tornato a funzionare.

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Un giudice di San Paolo, in Brasile, ha ordinato una chiusura di WhatsApp per 48 ore in tutto il paese a partire da giovedì 17 dicembre. La decisione di chiudere WhatsApp sembra legata alla pressione che da mesi alcune società di telecomunicazioni brasiliane stanno facendo sul governo: queste società accusano WhatsApp di essere responsabile della diminuzione dei contratti telefonici e definiscono la popolare applicazione di messaggistica “illegale” e “pirateria pura”. In Brasile WhatsApp – che è di proprietà di Facebook – è l’applicazione più usata in assoluto, con circa 93 milioni di utenti in tutto il paese. La decisione del giudice, ha detto il tribunale di San Paolo, è stata presa dopo che WhatsApp si era rifiutata di collaborare ad alcune indagini con le autorità locali.

Diversi siti di tecnologia hanno messo in relazione quanto deciso a San Paolo con le pressioni che in passato le società di telecomunicaziohni brasiliane avevano già fatto per cercare di colpire WhatsApp, senza particolari successi. Alcuni commentatori hanno scritto che la decisione del tribunale di San Paolo potrebbe rappresentare un cambio di approccio del governo sulla questione e si inserisce in una serie di politiche molto restrittive sull’uso di internet adottate dalle autorità brasiliane nel corso dell’ultimo anno. Com’è noto, la diffusione di WhatsApp (e di iMessage, di Messenger e degli altri sistemi simili) ha creato problemi a tutte le compagnie telefoniche del mondo, che prima realizzavano grossi ricavi facendo pagare ai loro clienti gli SMS cifre molto ma molto più alte del costo irrisorio necessario a mantenere quel servizio.

Il cambio di approccio, scrive il sito di tecnologia TechCrunch, è stato condizionato soprattutto dalle pressioni esercitate da Eduardo Cunha, il presidente della Camera Bassa del parlamento brasiliano che nei primi giorni di dicembre aveva autorizzato l’avvio di un procedimento di impeachment contro la presidente Dilma Rousseff. Cunha, scrive TechCrunch, è un ex lobbista delle società di telecomunicazioni ed è stato uno dei più grandi oppositori della Marco Civil, una specie di “Costituzione di Internet” voluta un anno fa dal partito di Rousseff che garantisce tra le altre cose ampia libertà di espressione e la cosiddetta “net neutrality”, un concetto basato sull’idea che tutto il traffico internet deve essere trattato allo stesso modo, senza corsie preferenziali. Rispetto a un anno fa, inoltre, in Brasile sono cambiate diverse cose: l’economia è entrata in una profonda crisi, diversi membri del partito al governo sono indagati per l’enorme scandalo Petrobras e da circa due settimane è cominciato un procedimento di impeachment contro la stessa Rousseff. Cunha, che prima era alleato del partito di Rousseff, viene considerato ora l’autore di una specie di tentativo di colpo di stato contro l’attuale governo.

Il Congresso, dove sono presenti forze molto conservatrici, ha acquisito di recente sempre più potere e ha avviato una serie di azioni per limitare e criminalizzare l’uso dei social network. Sta per esempio discutendo una legge che prevede fino a due anni di prigione per chiunque filmi, fotografi e registri la voce di una persona senza il suo espresso consenso (quindi anche un selfie che mostri qualcuno sullo sfondo potrebbe diventare illegale); la pena prevista si alza a sei anni se lo stesso materiale viene pubblicato in internet. Un’altra legge attualmente in discussione prevede che i cittadini brasiliani possano usare Internet e diverse applicazioni solo dopo avere registrato il loro indirizzo di casa, il loro numero di telefono e il codice associato al pagamento delle tasse. La stessa legge prevede anche che compagnie come Facebook e Google mantengano queste informazioni per un periodo fino a tre anni e che le rendano accessibili alla polizia in possesso di un ordine di un tribunale (la prima proposta prevedeva che la polizia potesse entrarne in possesso anche senza autorizzazione del tribunale).

Intanto Mark Zuckerberg ha scritto che Facebook sta lavorando per convincere le autorità brasiliane a rimuovere il blocco deciso dal tribunale di San Paolo. Ha aggiunto: «Finora, Facebook Messenger è ancora attivo e piò essere usato per comunicare. Questo è un giorno triste per il Brasile. Fino a oggi, il Brasile era stato un alleato nel creare un Internet aperto».