• Mondo
  • Giovedì 17 dicembre 2015

Christine Lagarde è stata rinviata a giudizio

La direttrice del FMI sarà giudicata in Francia per un caso risalente a quando era ministro dell'Economia e che coinvolse il controverso imprenditore Bernard Tapie

Christine Lagarde durante una conferenza stampa a Londra. (Stefan Rousseau - WPA Pool/Getty Images)
Christine Lagarde durante una conferenza stampa a Londra. (Stefan Rousseau - WPA Pool/Getty Images)

Christine Lagarde, direttrice del Fondo Monetario Internazionale, è stata rinviata a giudizio in Francia per il suo ruolo nel pagamento multimilionario effettuato da un ente pubblico a Bernard Tapie, un controverso imprenditore francese. L’episodio a cui si riferisce il rinvio a giudizio risale al 2008, quando Lagarde era ministro dell’Economia nel governo di François Fillon, con Nicolas Sarkozy presidente: Lagarde è accusata di negligenza in relazione all’arbitrato che portò al risarcimento a favore di Tapie pari a 404 milioni di euro. Già all’inizio di dicembre la Corte di appello di Parigi, esprimendosi sul caso, aveva ordinato a Tapie di rimborsare i fondi da lui ricevuti nel 2008.

La notizia del rinvio a giudizio di Lagarde era stata data dai siti francesi Mediapart e i-Tele e nel pomeriggio è stata confermata dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), che si è pubblicamente espresso a favore di Lagarde. Lagarde, che non sembra avere intenzione per ora di lasciare il suo ruolo di direttrice del FMI, sarà giudicata dalla Corte di giustizia della Repubblica francese.

Il caso Lagarde-Tapie, dall’inizio
Nel 1991 Bernard Tapie – attore, ex presidente della squadra di calcio dell’Olympique Marsiglia, ex parlamentare del Partito Socialista francese e ministro con Mitterrand – comprò l’80 per cento del capitale di Adidas, gruppo industriale che produce articoli sportivi. Le cose non andavano benissimo per Adidas e Tapie decise di venderla quando divenne ministro per evitare conflitti d’interesse. Ad occuparsi della vendita fu Crédit Lyonnais, una banca che all’epoca era di proprietà dello stato, che fece una stima del valore dell’azienda: Tapie vendette la sua quota nel 1993 per l’equivalente di 472 milioni di euro (all’epoca si usavano ancora i franchi). Un anno dopo Crédit Lyonnais rivendette la stessa quota per 683 milioni di euro. Tapie sostenne di essere stato vittima di una truffa e decise di fare causa alla banca. Risulterà poi che Crédit Lyonnais aveva comprato parte della partecipazione di Tapie tramite una sua filiale con sede in un paradiso fiscale.

A quel tempo lo Stato francese deteneva delle quote di Crédit Lyonnais: nel 1996, quando ebbe inizio la battaglia legale di Bernard Tapie, la banca rischiava il fallimento. Un ente pubblico, il Consortium de réalisation (CDR), era stato dunque incaricato della liquidazione delle passività. Dopo nove anni di processo, nell’ottobre del 2005 la Corte d’Appello di Parigi condannò CDR a risarcire per danni Bernard Tapie con 135 milioni di euro. Un anno dopo, la Corte di Cassazione decise di rigettare la sentenza. Nel 2007, per velocizzare i tempi, Tapie decise di risolvere la questione attraverso un arbitrato privato. Questo avvenne con l’approvazione del ministero dell’Economia.

Il problema del tribunale arbitrale
Un tribunale arbitrale è una corte privata, esterna alle strutture di giustizia ordinaria, a cui ci si rivolge eccezionalmente e per specifici contenziosi. Nel caso Tapie-Crédit Lyonnais, il ricorso a questo tipo di tribunale risultò problematico per diversi motivi. In primo luogo perché era raro che ci si rivolgesse a un tribunale arbitrale una volta che il procedimento di risoluzione della controversia era già stato avviato per vie ordinarie. Poi perché si trattava di una corte privata e nell’affaire Tapie erano coinvolti dei fondi pubblici. Ma c’erano anche diverse altre anomalie: due dei tre giudici incaricati avevano legami con Bernard Tapie, e si suppone che lo abbiano aiutato nell’ottenere una sentenza favorevole. CDR fu infatti condannato a pagare 285 milioni di euro a Tapie che, con gli interessi, ricevette in totale circa 404 milioni di euro.

Su richiesta di Tapie, Lagarde consentì di trasferire il contenzioso a un tribunale arbitrale. Inoltre, una volta emessa la sentenza, Lagarde si rifiutò di presentare ricorso per annullare la decisione, quando la sinistra e i centristi di MoDem avevano espresso dei dubbi circa l’imparzialità della decisione. François Bayrou parlò di “protezioni ai più alti livelli” di cui avrebbe beneficiato Tapie. Nell’aprile del 2011, il Partito Socialista presentò ricorso alla Corte di giustizia della Repubblica sostenendo che le decisioni del Tribunale arbitrale “promuovevano interessi particolari a scapito dell’interesse pubblico”. La Corte decise di aprire un’inchiesta nell’agosto del 2011, anche sul ruolo di Christine Lagarde. La Corte di giustizia nel capo d’accusa scrisse: «Sotto l’apparente regolarità di una procedura di arbitrato si dissimula in realtà un’azione concentrata per concedere agli sposi Tapie e alle società di cui controllano, direttamente o indirettamente, il capitale le somme che non avevano fino ad allora potuto ottenere» dai tribunali. Va aggiunto che nel 2004 Sarkozy, quando era ministro delle Finanze, aveva già tentato di risolvere la controversia tra Tapie e lo Stato, ma Tapie aveva rifiutato il risarcimento proposto perché giudicato troppo basso.