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  • Mercoledì 16 dicembre 2015

Marco Rubio contro Ted Cruz, si comincia

Cosa è successo al confronto tv di stanotte tra i Repubblicani statunitensi: hanno discusso molto i due candidati considerati i principali sfidanti di Trump

di Francesco Costa – @francescocosta

Ted Cruz e Marco Rubio (uno a destra e uno a sinistra) discutono durante il confronto tv. (AP Photo/John Locher)
Ted Cruz e Marco Rubio (uno a destra e uno a sinistra) discutono durante il confronto tv. (AP Photo/John Locher)

La sera di martedì 15 dicembre a Las Vegas – quando in Italia erano le prime ore di mercoledì 16 dicembre – i nove principali candidati Repubblicani alle primarie per scegliere chi competerà alle elezioni presidenziali statunitensi del prossimo 8 novembre 2016 si sono confrontati in un dibattito televisivo organizzato da CNN. È stato, per una volta, un dibattito ricco di discussioni concrete, soprattutto sulla lotta al terrorismo e le politiche sull’immigrazione; e la discussione si è concentrata soprattutto su quattro candidati, com’è normale che accada man mano che ci si avvicina all’inizio delle primarie.

Il confronto più interessante della serata è stato quello tra Ted Cruz e Marco Rubio. Cruz e Rubio sono due quarantenni senatori di origini cubane, considerati i politici con più talento in campo e quindi anche con più possibilità di diventare il candidato del partito se e quando il consenso di Donald Trump, che resta in testa ai sondaggi, dovesse scemare. Se Rubio però piace anche all’establishment del partito e in passato ha avuto posizioni moderate sull’immigrazione, Cruz è noto per avere la posizione più conservatrice possibile su praticamente qualsiasi cosa. Entrambi sono in ascesa nei sondaggi: Cruz ha appena sorpassato Trump in Iowa, il primo stato in cui si vota; Rubio è secondo in New Hampshire, il secondo stato in cui si vota.

Cruz ha criticato Rubio per il suo ruolo nella promozione di una riforma dell’immigrazione nella scorsa legislatura: la riforma, concordata con un pezzo del Partito Democratico, prevedeva tra le altre cose una forma di sanatoria per regolarizzare la posizione degli 11 milioni di persone che si trovano irregolarmente negli Stati Uniti, in molti casi da anni e con figli di nazionalità statunitense. La posizione moderata di Rubio – che comunque lui nel tempo ha parzialmente ritrattato – è considerata la più sensata dagli analisti e anche quella che può aiutarlo di più con gli elettori latinoamericani in vista delle elezioni di novembre, ma può complicare la sua candidatura alle primarie: gli elettori Repubblicani più motivati sono molto contrari all’immigrazione in ogni sua forma, e questo è uno dei motivi per cui Trump sta andando fin qui così bene.

Rubio si è difeso ricordando che anche Cruz in passato si era detto possibilista rispetto all’eventualità di approvare una sanatoria per gli immigrati irregolari, ma soprattutto ha attaccato Cruz su un altro fronte: i programmi di sorveglianza delle comunicazioni. Sebbene il Partito Repubblicano generalmente approvi le controverse politiche di sorveglianza della National Security Agency, la sua ala più estrema non vede bene qualsiasi iniziativa possa essere descritta come una “intrusione” del governo nelle vite dei cittadini: per questo Cruz qualche mese fa in Senato ha votato contro un programma di intercettazione e analisi dei metadati delle telefonate degli americani. Rubio ha approfittato della nuova attenzione degli elettori per le cose che riguardano il terrorismo e ha accusato Cruz di mettere il paese in pericolo: «La prossima volta che ci sarà un attacco in questo paese, la prima cosa che le persone vorranno sapere è come mai non ce ne siamo accorti prima e non lo abbiamo impedito. Meglio che la risposta non sia ‘perché non avevamo accesso alle comunicazioni o a informazioni che ci avrebbero permesso di identificare gli assassini prima del loro attacco’».

La discussione tra Rubio e Cruz in più di un’occasione ha messo in secondo piano gli altri candidati: anche Donald Trump, che rimane saldamente in testa alla media nazionale dei sondaggi, e Jeb Bush, che nonostante i grandi mezzi economici della sua campagna elettorale si trova da settimane in grande difficoltà. Proprio Bush e Trump comunque hanno battibeccato più volte nel corso del dibattito, e Bush ha dato qualche segnale di miglioramento rispetto al passato nella sua dimestichezza con il format della discussione.

Bush ha detto che la più recente e controversa proposta di Trump – vietare l’ingresso negli Stati Uniti a tutti i musulmani, americani compresi – danneggerebbe il paese e renderebbe più complicata la lotta al terrorismo. «Donald è bravissimo con le battute, ma è il candidato del caos e sarebbe il presidente del caos. Questa non è una proposta seria». Bush ha detto che gli Stati Uniti devono coinvolgere i paesi e i cittadini musulmani nella lotta al terrorismo, cosa che Trump renderebbe impossibile, e spiegando le sue idee di politica estera ha detto «Io non mi informo con i programmi televisivi», riferendosi a una cosa che aveva detto una volta Trump di se stesso. Quando Trump ha reagito dicendo di nuovo che Bush è «low-energy», «moscio», Bush ha detto: «Donald, non arriverai alla presidenza a forza di insulti».

Tra i candidati con meno sostegno nei sondaggi, è andato bene Chris Christie, governatore del New Jersey un tempo considerato molto favorito. Dopo un lungo ed estenuante scambio tra gli altri candidati, Christie è intervenuto così: «Se anche voi avete gli occhi sgranati come i miei, beh, quindi dev’essere così stare al Senato. Discussioni infinite sul numero di angeli che possono ballare sulla punta di uno spillo da parte di persone che non hanno mai dovuto decidere niente». Riferendosi al suo passato da procuratore generale in New Jersey, Christie ha aggiunto: «Io ho dovuto prendere queste decisioni subito dopo l’11 settembre. Il New Jersey era minacciato come nessun’altra regione del paese, ma ci siamo mossi bene e abbiamo preso decisioni che hanno impedito altri attacchi, nel rispetto della Costituzione».

La tirata di Christie è stata ben accolta dal pubblico ma il senatore Rand Paul ne ha approfittato per incalzarlo subito dopo, ricordando la storia che qualche anno fa ha messo in crisi l’immagine di Christie: la parziale chiusura al traffico di un ponte allo scopo di creare ingorghi e danneggiare un politico locale suo avversario. Rispondendo alle posizioni interventiste e aggressive di Christie in politica estera, Paul ha detto: «Se siete a favore della Terza guerra mondiale, lui è il vostro candidato. Dovremmo volere dei leader giudiziosi, non qualcuno così folle da dire su un palco ‘sì, andremo qui, andremo lì, abbatteremo gli aerei russi’. D’altra parte, se pensi alle doti di un leader che può voler la Terza guerra mondiale, forse pensi a quello che fa chiudere un ponte per fare un dispetto a qualcuno».

Secondo la gran parte degli analisti e degli osservatori, non ci sono stati momenti determinanti nel dibattito: ma il suo tono più concreto, rispetto a quello dei confronti precedenti, riflette l’avvicinarsi del voto. Diversi candidati hanno provato ad attaccare Trump, senza danneggiarlo troppo, ma la maggiore attenzione su Cruz e Rubio si deve alla loro crescente popolarità ed è vista come il fatto più interessante della serata. Negli Stati Uniti le primarie inizieranno il primo febbraio 2016, in Iowa. Il prossimo dibattito dei candidati Repubblicani si terrà il 14 gennaio a North Charleston, in South Carolina. I candidati Democratici invece discuteranno la prossima volta il 19 dicembre a Goffstown, in New Hampshire.