Forse è stato trovato l’inventore di Bitcoin

I siti di news Gizmodo e Wired hanno pubblicato documenti su un australiano che avrebbe inventato la valuta virtuale con lo pseudonimo Satoshi Nakamoto

I siti di tecnologia statunitensi Wired e Gizmodo dicono di avere trovato prove consistenti circa la vera identità di “Satoshi Nakamoto”, lo pseudonimo dietro cui si nasconde la persona che si è inventata i Bitcoin, la più nota e utilizzata valuta virtuale coniata e scambiata online (qui abbiamo spiegato come funziona, qui invece a che cosa serve).

Da anni giornalisti e appassionati cercano di capire chi abbia inventato il sistema: nel 2014 la rivista Newsweek aveva detto di avere identificato il vero Sakamoto, ma la persona interessata negò qualsiasi coinvolgimento. Secondo Wired e Gizmodo in realtà dietro lo pseudonimo non c’è un giapponese ma Craig Steven Wright, un australiano che si occupa di sicurezza delle informazioni. Le due testate dicono di avere ricevuto email e altri documenti con diversi riferimenti a Bitcoin, tali da rendere Wright il più probabile ideatore della valuta.

Gizmodo ha pubblicato parte della documentazione, dalla quale emerge un coinvolgimento diretto di Wright a partire dal 2008, anno in cui ipotizzava di creare qualcosa di simile a Bitcoin per scambiarsi denaro direttamente online. Ci sono riferimenti al cosiddetto “Tulip Trust”, un fondo di cui si parla da tempo e che Nakamoto mise insieme agli inizi della valuta per conservare circa un milione di Bitcoin. Wright aveva anche scritto alcuni post su un blog – tra il 2008 e il 2009 – in cui faceva riferimento alla creazione della valuta e ad alcuni dettagli tecnici per la sua gestione. Non è però escluso che parti di quei post fossero state aggiunte in un secondo tempo, magari anni dopo, quando i Bitcoin erano ormai stati inventati ed era già iniziato il loro scambio online.

Dalle email e gli altri documenti sembra comunque che in passato Wright avesse cercato di nascondere il suo coinvolgimento, preferendo l’anonimato e cancellando tracce della sua attività online. Il problema di fondo, come ammettono sia Gizmodo sia Wired, è che non c’è modo per verificare che questa documentazione sia autentica.

Per avere qualcosa di più concreto, Gizmodo si è messo in contatto con parenti e amici di Wright. La moglie ha confermato che tempo fa Wright aveva lavorato a un’idea per creare una valuta digitale, ma senza fare riferimento a Bitcoin. Il fratello di uno dei migliori amici di Wright ha invece detto che un tempo lo stesso Wright gli confidò di aver inventato il sistema Bitcoin. Anche in questo caso, però, Gizmodo non ha potuto verificare l’attendibilità delle testimonianze. Wright potrebbe essere stato semplicemente coinvolto nelle prime fasi di esistenza della valuta, senza essere il Nakamoto di cui si parla da anni.

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In seguito agli articoli di Wired e Gizmodo, l’8 dicembre la polizia australiana ha condotto una perquisizione nella casa di Craig Wright a Gordon, un’area urbana a poca distanza da Sydney. Intorno alle 13:30 ora locale (le 3:30 del mattino in Italia), dieci poliziotti hanno cercato documenti di vario tipo nell’abitazione. La polizia però ha poi diffuso un comunicato nel quale si dice che l’operazione “non era legata alle informazioni diffuse dai media su Bitcoin”. Il Guardian spiega che la perquisizione sarebbe stata condotta per una presunta evasione fiscale, ma non ci sono molti altri dettagli e le autorità australiane per motivi di privacy non hanno condiviso ulteriori notizie.

Tra i documenti pubblicati da Gizmodo c’era anche un verbale dell’agenzia delle entrate australiana nel quale Wright ammetteva di avere “gestito Bitcoin” dal 2009 e che la cosa sarebbe diventata di dominio pubblico. La frase non indica necessariamente che abbia inventato il sistema: potrebbe semplicemente significare che Wright era stato tra i primi a coniare digitalmente la nuova valuta, come del resto fanno centinaia di migliaia di persone in giro per il mondo con un apposito programma. Inoltre il documento potrebbe essere un falso, ma anche in questo caso l’agenzia delle entrate australiana non ha dato informazioni per verificare la sua autenticità.