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  • Giovedì 19 novembre 2015

La ragione del successo del capo di Nike

Mark Parker ha iniziato disegnando sneakers ed è finito per dirigere l'azienda nel 2006: da allora ne ha raddoppiato il fatturato

di Enrico Matzeu – @enricomatzeu

Mark Parker (Neilson Barnard/Getty Images)
Mark Parker (Neilson Barnard/Getty Images)

Da quando nel 2006 Mark Parker è diventato amministratore delegato e presidente di Nike, il fatturato dell’azienda è raddoppiato, passando dai 15 miliardi di dollari (circa 14 miliardi di euro) ai 30,60 miliardi dell’ultimo anno (28 miliardi di euro). Karl Taro Greenfeld spiega sul Wall Street Journal come ha fatto Parker ad aumentare così tanto gli incassi del marchio sportivo più conosciuto al mondo.

Tinker Hatfield, lo stilista che ha progettato, con il contributo di Parker, i famosi modelli di scarpe Air Jordan e Air Max, ha detto che la maggior parte del successo di Nike dipende proprio da Parker, perché nel suo lavoro riesce a esercitare con equilibrio moltissimi ruoli: manager, esperto di marketing, venditore e anche stilista, in grado di disegnare modelli che piacciono agli atleti e ai clienti più giovani. Parker, che ora ha 60 anni e ha studiato scienze all’università, ha cominciato a lavorare nella moda interessandosi al design delle sneakers: voleva creare una scarpa da corsa migliore di quelle che possedeva, proprio come aveva fatto qualche anno prima Bill Bowerman, che fondò Nike nel 1967 assieme a Philip Knight (che ne è stato presidente fino al 2004). Parker iniziò a lavorare in Nike subito dopo gli studi; oltre a progettare nuovi modelli di scarpe, teneva i rapporti con i produttori di materiali, con le agenzie di marketing e con gli atleti che dovevano indossarle. Tutte cose che lo hanno aiutato molto a diventare chi è ora.

Nike ha sempre prestato molta attenzione al gusto e alle esigenze degli atleti: investe molti soldi per averli sia come testimonial che come consulenti per gli indumenti che indossano. Parker passa gran parte del suo tempo a viaggiare per incontrare gli atleti e farsi spiegare cosa funziona o cosa no nelle scarpe e nelle attrezzature che stanno testando. Kobe Bryant, il giocatore di basket attualmente dei Los Angeles Lakers, ha un contratto con Nike da 15 milioni di dollari l’anno (14 milioni di euro) per testare i suoi prodotti. Definisce Parker la sua guida: «Vado da Mark con qualsiasi cosa, posso dirgli tutto. È sempre maledettamente impegnato, ma trova il tempo per sedersi e fare due chiacchiere con me». Sul suo rapporto con gli atleti Parker ha detto che «ruota tutto attorno agli atleti; devi ricordarti di loro tutto il tempo, il che significa aiutarli a realizzare più facilmente il loro potenziale. Questo è quello che facciamo in modo concreto».

Parker è anche riuscito a far apprezzare i prodotti Nike in nicchie che prima li ignoravano, come per esempio gli skater, che preferivano marchi tradizionalmente più vicini al mondo dello skateboarding. In questo caso Parker ha coinvolto alcuni professionisti, come il campione di X Games Paul Rodriguez, e ha creato una sorta di sezione dedicata allo skateboarding all’interno di Nike.

Parker si occupa ancora molto delle scarpe che Nike produce, disegna prototipi dappertutto – anche sui tovaglioli quando cena al ristorante con la moglie – e si confronta direttamente con il comparto creativo. Negli ultimi anni l’azienda ha introdotto su suo consiglio una serie di modelli couture, cioè scarpe da ginnastica che per tessuti, design e materiali si avvicinano ai modelli proposti dai marchi di alta moda. Inoltre Parker è stato in grado di «monetizzare il passato» del brand, mettendo in vendita edizioni limitate di vecchi modelli di sneakers in alcuni selezionati punti vendita, rendendo quei prodotti e gli altri di Nike ancora più desiderabili.

Fortune, che ha nominato Parker imprenditore dell’anno, spiega che uno degli aspetti che lo contraddistinguono dagli altri manager e che contribuiscono al suo successo è il suo rapporto con i dipendenti (in Nike sono circa 70mila). Per esempio fa costantemente domande ai collaboratori per spingerli a pensare di più e trovare da soli risposte e soluzioni. Il capo dell’ufficio finanziario di Nike, Andy Campion, spiega che «la cosa accattivante nelle domande di Parker è che permette agli altri responsabili di trovare da soli le risposte e agire di conseguenza». Parker stesso ha ammesso che questa tecnica è un punto chiave della sua strategia per sviluppare la bravura dei dipendenti.

Come tutti, Parker ha anche commesso qualche errore negli anni passati a Nike. Nel 2007 acquistò per esempio Umbro, un marchio di abbigliamento da calcio, per 576 milioni di dollari. Umbro però non andava bene e Nike dovette rivenderlo nel 2012 a 225 milioni di dollari, perdendoci molto. Un altro errore di valutazione è stata la creazione di una linea di gioielli a marchio Nike, che non ha avuto un gran successo.