L’inattesa scoperta di ossigeno intorno alla cometa 67P

È stato rilevato dalla sonda Rosetta, che la rincorre nel suo viaggio verso il Sole, e potrebbe cambiare le teorie sulla formazione del nostro Sistema solare

di Emanuele Menietti – @emenietti

(ESA/Rosetta/Navcam)
(ESA/Rosetta/Navcam)

I ricercatori che studiano la cometa 67P/Churyumov–Gerasimenko hanno trovato molecole di ossigeno (O2) nella sua chioma, la nuvola di vapori e gas che la circonda: è una scoperta inattesa che potrebbe mettere in discussione le teorie formulate finora per spiegare come si formò il nostro Sistema solare. La presenza dell’ossigeno è stata rilevata dagli strumenti della sonda spaziale europea Rosetta, che sta inseguendo 67P nel suo viaggio di avvicinamento verso il Sole e che lo scorso anno ha reso possibile lo storico atterraggio del lander Philae sulla sua superficie. I dettagli della scoperta sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nature e sono discussi con grande interesse dagli astronomi, che ora dovranno capire da dove arrivi l’ossigeno e quali siano le implicazioni per i modelli sviluppati per spiegare formazione e caratteristiche del Sistema solare.

André Bieler, fisico dell’University of Michigan di Ann Arbor (Stati Uniti), è il principale autore della nuova ricerca e ha detto di avere scoperto con sua grande sorpresa la presenza dell’ossigeno: “Appena ci siamo avvicinati a sufficienza alla cometa, lo abbiamo trovato lì”. Lo strumento che ha permesso la scoperta si chiama ROSINA-DFMS ed è uno spettrometro di massa: serve per identificare le caratteristiche degli elementi chimici, i dati sono poi trasmessi sulla Terra dalle antenne di Rosetta, che attualmente si trova a 270 milioni di chilometri di distanza.

I dati analizzati da Bieler e colleghi fanno riferimento al periodo settembre 2014 – marzo 2015, mentre 67P proseguiva il suo viaggio verso il Sole, il cui calore fa sciogliere gli strati più esterni della cometa composti da ghiaccio e frammenti di roccia portando alla formazione di vapori e gas, che in parte diventano la cosiddetta “chioma” della cometa. Lo spettrometro ha indicato la presenza di ossigeno molecolare (come quello che respiriamo qui sulla Terra) in una concentrazione pari al 3,8 per cento nella nuvola di gas, composta principalmente da vapori d’acqua. I dati sono stati controllati e ricontrollati per assicurarsi che non fossero dovuti a un’anomalia dei sistemi a bordo di Rosetta.

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La presenza di O2 è inattesa perché di solito nella sua forma molecolare l’ossigeno reagisce rapidamente con altri elementi chimici trasformandosi in altre sostanze. I ricercatori non sanno quale sia la sua origine, e questo complica ulteriormente le cose. Con una serie di analisi hanno escluso la possibilità che derivi dall’interazione di fotoni ed elettroni che, colpendo le molecole di acqua, portano alla produzione di ossigeno molecolare come scarto della loro reazione (l’acqua è composta da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno).

L’ipotesi più affascinante è che l’ossigeno rilevato da Rosetta risalga a miliardi di anni fa quando si formò la cometa. Durante quella fase, molecole di ossigeno rimasero intrappolate in minuscoli granelli di ghiaccio e roccia che si fusero poi insieme formando 67P per come la conosciamo oggi. Gli strumenti di Rosetta avrebbero quindi “annusato” ossigeno vecchio di miliardi di anni, quando il Sistema solare era ancora nella sua turbolenta fase di formazione. Il problema è che questa ipotesi contrasta con le teorie più affermate su come si formò il Sistema solare, soprattutto perché l’ossigeno tende a reagire rapidamente con l’idrogeno e quindi è difficile da spiegare come l’O2 sia rimasto tale prima di restare intrappolato dentro 67P. Secondo i ricercatori, sotto determinate condizioni di temperatura e di abbondanza dello stesso elemento chimico potrebbe comunque essere stato possibile. Saranno necessarie nuove ricerche e analisi dei dati per capirci qualcosa di più.

Comete
Da giovane, il nostro Sistema solare era piuttosto turbolento. Le comete che attualmente fanno parte della nube di Oort, la cui esistenza è solo ipotizzata perché è talmente lontana e buia da non essere osservabile coi sistemi attuali, si formarono in un’area compresa tra Urano e Nettuno, a una distanza dal Sole sufficiente per rendere possibile l’esistenza di acqua ghiacciata. Dopo la loro formazione le comete si sparpagliarono a grandi distanze dal Sistema solare a causa dell’interazione delle loro orbite con i quattro giganti gassosi Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Altre comete si formarono invece oltre Nettuno nella cosiddetta fascia di Kuiper, dove si trovano tutt’oggi (sono le “comete gioviane”). A volte succede che alcuni di questi corpi celesti, come 67P, si spostino verso la parte più interna del Sistema solare e restino poi agganciati da un’orbita che li porta a girare intorno al Sole. C’è quindi una discreta varietà di comete con caratteristiche che possono variare sensibilmente: per ora sappiamo della presenza di ossigeno su una sola, 67P appunto.

oort

67P
67P/Churyumov-Gerasimenko è grande circa 3,5 chilometri per 4 chilometri nei punti di massima estensione. Fu scoperta nel 1969 e dopo qualche traversia, nei primi anni Duemila fu selezionata come obiettivo per la missione di Rosetta, la sonda spaziale che negli ultimi dieci anni ha viaggiato per miliardi di chilometri per raggiungerla, portandosi dietro il lander Philae, il protagonista dell’atterraggio. Rosetta deve il suo nome alla stele di Rosetta, la lastra di pietra che permise agli archeologi di decifrare i geroglifici degli antichi egizi. L’ESA ha deciso di chiamarla così perché confida che la sonda possa essere una sorta di stele del nostro tempo: un mezzo per rendere comprensibili i meccanismi che portano alla formazione dei pianeti in generale, e più in particolare ai fenomeni che resero possibile la formazione del nostro Sistema solare per come lo conosciamo oggi e della vita sulla Terra.